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Me ne vado! L’impazienza che spezza le relazioni

Commento al Vangelo del 28 aprile 2024

Quinta domenica di Pasqua – anno B

Il tralcio deve scegliere tra una cosa e l’altra:
o la vite o il fuoco

Sant’Agostino, Omelia 81,3

Aspettare

Prima che la vite porti frutto, occorre aspettare e avere pazienza. C’è prima di tutto il tempo in cui la vite viene piantata: deve passare molto tempo prima che cresca, si deve irrobustire, c’è bisogno che qualcuno se ne prenda cura costantemente senza vedere al momento alcun risultato apparente.

Il contadino deve avere non solo molta pazienza, ma anche tanta fiducia, per non dire poi di tutto quello che può intervenire a rendere più difficile la crescita della vite, intemperie e incidenti che non sono prevedibili. Eppure se vogliamo raccogliere il frutto, dobbiamo necessariamente aspettare.

Fretta

Questo vale anche per le nostre relazioni, dalle quali usciamo forse troppo frettolosamente, spinti dalle nostre tempeste emotive, soprattutto quando intervengono le potature, quando siamo feriti e sfrondati. A noi sembra che stiamo morendo, ma in realtà è proprio quella potatura che ci permette di portare più frutto.

È evidente che questo avviene anche nella relazione con Dio, perché non sempre siamo disposti ad aspettare i suoi tempi, non sempre siamo contenti del suo modo di agire. Ce ne andiamo anche dalla relazione con lui, non ci fidiamo più, lo mettiamo da parte. Magari rimaniamo anche in casa con lui, ma non ci parliamo più e cominciamo a sentirlo come qualcuno che ci opprime o che ci ha deluso.

Rimanere

Parlando ai discepoli, Gesù insiste sul verbo rimanere, forse per dire che è questo il verbo dell’amore. Rimanere vuol dire dare all’altro un’altra possibilità, rimanere significa non fuggire lasciandosi travolgere dalla propria rabbia, rimanere significa provare a capire che cose è successo.

Forse non sempre è possibile rimanere, perché quando il ramo si è spezzato, non è più possibile tornare indietro. Può capitare che anche nella relazione con Dio decidiamo di andarcene, ma forse è proprio quello il momento in cui cominciamo a morire, perché la vita non arriva più in noi, ci secchiamo e il mondo ci userà solo per bruciarci. Senza il Signore infatti non possiamo fare nulla, anzi diventiamo nulla.

Fughe

Questo invito di Gesù a rimanere è probabilmente anche un appello che egli rivolge ai discepoli: si prepara il tempo in cui Gesù si allontanerà dalla comunità, e allora bisognerà imparare a resistere e a restare nella relazione in un modo nuovo.

Arriveranno appunto le potature, la passione, l’ingiustizia, il dramma. Se i discepoli avranno il coraggio di rimanere, nonostante le potature, allora la loro vita fiorirà.

Questo invito a rimanere risuonava probabilmente anche nella comunità giovannea, forse nel tempo delle persecuzioni, a causa delle quali, molti cristiani avevano preferito andare via, incapaci di affrontare la prova del dolore e della sofferenza.

Fidarsi

Rimanere significa fidarsi dell’agricoltore. Il tralcio non sa cosa sia meglio per lui. Se Gesù è la vite a cui rimanere attaccati, il Padre è l’agricoltore, è lui che sa dove mettere le mani e che cosa sia meglio per ogni tralcio.

Ecco perché rimanere significa fidarsi, lasciando che il Padre a volte intervenga anche con le potature.

Al momento è difficile capirle, ma nel tempo ci accorgeremo come ci hanno aiutato a portare frutto.

Leggersi dentro

  • Scegli frettolosamente di andartene o sai rimanere con coraggio?
  • Quali sono le potature attraverso le quali Dio ti ha permesso di portare più frutto?

Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ

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