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Leggi e ascolta La Parola del 1 agosto 2020

Oggi si festeggia S. Alfonso Maria de’ Liguori ,Vescovo, fondatore e Dottore della Chiesa

Alfonso Maria de’ Liguori, uomo di ampia cultura, missionario, fondatore, vescovo, scrittore fecondo, pittore, poeta, musicista (ben noto è il “Tu scendi dalle stelle”), è senza dubbio un grande protagonista della storia della Chiesa e della storia tout court.

Nasce a Marianella (NA) il 27/09/1696 da una nobile famiglia. Il papà, Giuseppe, era comandante della nave Capitana della flotta del Regno di Napoli; la mamma, Anna Caterina Cava­lieri, era della famiglia dei Principi di Presicce. A 12 anni sostiene con Giambattista Vico (noto filosofo, storico e giurista) l’esame di retorica e viene iscritto alluniversità. Il 21 gennaio 1713, a poco più di 16 anni, si laurea in utroque jure(ossia in diritto civile e diritto canonico).

Svolge l’attività forense, che pratica nel rispetto della verità, diventando presto uno dei più rinomati giureconsulti; è titolare del Sedile di Portanova. Si dedica anche alle opere di misericordia assumendosi, nel 1715, il compito di visitare e di assistere i malati del più grande ospedale di Napoli, chiamato degli Incurabili. Nello stesso tempo studia filosofia, lettere e matematica: suona il clavicembalo e compone; dipinge e scrive poesie. Nel luglio del 1723, lasciato il foro dopo un processo perduto per intrallazzi politici, decide di farsi sacerdote e studia teologia.

Il 21 dicembre 1726, all’età di trent’anni, riceve l’ordinazione sacerdotale. Grande amico del popolo, al quale insegna che tutti sono chiamati alla santità, ognuno nel proprio stato, Alfonso si circonda, ovunque, di ecclesiastici e di laici di ogni ceto, organizzandoli in numerose associazioni.

Si dedica in modo particolare ai ceti più umili, compiendo innumerevoli missioni nelle campagne e nei paesi rurali e prodigandosi in un intenso apostolato nei quartieri più poveri di Napoli, dove organizza, fin dal 1727, le “Cappelle Serotine”, frequentate da artigiani e da “lazzari”, cioè dal popolo minuto, che si radunavano la sera, dopo il lavoro, per due ore di preghiera e di catechismo. L’opera ha una rapida diffusione e diventa una scuola di rieducazione civile e morale.

Alfonso si rivolge al popolo con i mezzi pastorali più idonei e più efficaci, rinnovando la predicazione nei metodi e nei contenuti, collegandola con un’arte oratoria semplice e immediata. Il suo carattere positivo lo orienta verso i problemi più immediati della vita dei credenti, scossi nella fede e nelle certezze tradizionali da nuovi movimenti culturali e religiosi, soprattutto l’illuminismo e il giansenismo.

Nel 1732, Alfonso, volendo evangelizzare con più efficacia le popolazioni del Mezzogiorno, specialmente quelle più abbandonate e più sprovviste di aiuti spirituali, fonda a Scala, sulla Costiera amalfitana, la Congregazione del SS. Salvatore, poi denominata del Santissimo Redentore.

Nel 1762, a sessantasei anni, viene nominato vescovo della diocesi di Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano. Nella grande carestia organizza soccorsi ai più poveri, e vende anche la sua carrozza. Nel nuovo compito sviluppa un’attività che ha dell’incredibile, nella duplice direzione del ministero diretto e dell’apostolato della penna.

Dopo 13 anni, consumato da un’artrosi cervicale e lombare, rinuncia all’episcopato. Gli ultimi dodici anni li trascorre a Pagani. Nonostante la malattia, è ancora attivissimo: scrive libri, prega, riceve persone e dirige la Congregazione. Muore a Pagani il 1 ° agosto 1787, a quasi 91 anni di età, in una casa del suo istituto religioso.

Il 20 febbraio 1807, a meno di vent’anni dalla morte, Pp Pio VII (Barnaba Chiaramonti, 1800-1823) ne proclama l’eroicità delle virtù e il 15 settembre 1815 lo beatifica.

Papa Gregorio XVI (Bartolomeo Mauro Alberto Cappellari, 1831-1846) lo canonizza nel 1839, il Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) lo proclama Dottore della Chiesa nel 1871 col titolo di Doctor zelantissimus e il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) lo assegna come patrono dei confessori e moralisti nel 1950.

S. Alfonso fu autore di oltre 100 opere scritte. Produsse sia opere “popolari”, quindi di spessore facilmente accessibile a tutti, sia opere esegetiche trattanti ad esempio la teologia (in particolare quella morale “Theologia Moralis” stampata già nel 1748), l’apologetica, la dogmatica. Queste opere, tradotte nelle principali lingue del mondo, hanno nutrito e continuano a nutrire intere generazioni di cristiani, rendendo più facile il loro cammino verso la santità.

Lo stemma della “Congregatio Sanctissimi Redemptoris” (Congregazione del SS. Redentore) compare, per la prima volta, nella forma e composizione odierna, sui documenti delle costituzioni capitolari del 1764 dove se ne fa una descrizione completa.

Tale stemma consiste in una croce latina, con ai lati una lancia  e una canna con la spugna, sita sopra tre monti. Accanto alla croce compaiono, a sinistra l’acronimo di Gesù e a destra il monogramma di Maria. Al di sopra della croce troviamo l’occhio raggiante sovrastato da una corona. Tutt’intorno  allo stemma poi c’è la legenda COPIOSA APUD EUM REDEMPTIO (cf. Salmo 129,7).

I redentoristi fanno della Croce il simbolo per eccellenza da tenere sempre presente nella loro vita spirituale e accanto ad essa tutto ciò che comprende e ne scaturisce, per cui troviamo la lancia con cui fu colpito Gesù quando era ormai morto sulla croce, la canna con all’estremità una spugna che servì a “dissetare” Gesù crocifisso, le lettere di Gesù e di Maria accanto alla croce  a simboleggiare il dolore sofferto e inferto a entrambi.

Al di sopra di tutto ciò c’è l’occhio raggiante e vigile di Dio sempre presente nel raccoglimento, nella preghiera dei congregati intorno alla Passione di Gesù. Ed ecco che alle estremità dello stemma ci sono i due messaggi di speranza: la corona che presagisce a chi muore nella Congregazione un posto in Paradiso e la legenda che esplicita il senso della Redenzione copiosa in Cristo e che quindi estende a tutti anche oltre le capacità umane di redimere e di convertire la misericordia di Dio.

Significato del nome Alfonso: “valoroso e nobile” (tedesco).

fonte vangelodelgiorno.org ©

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 14,1-12

In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù.
Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui».
Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello.
Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla!».

Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta.
Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode
che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato.

Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data
e mandò a decapitare Giovanni nel carcere.
La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.
I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù.

La Parola del 1 agosto 2020
la decapitazione di Giovanni il Battista per Caravaggio

San Giovanni Paolo II (1920-2005)

papa
Lettera apostolica Tertio Millenio adveniente, 37 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

Giovanni Battista, martire della verità

La Chiesa del primo millennio nacque dal sangue dei martiri: «Sanguis martyrum – semen christianorum » (Tertulliano). Gli eventi storici… non avrebbero mai potuto garantire uno sviluppo della Chiesa quale si verificò nel primo millennio, se non fosse stato per quella seminagione di martiri e per quel patrimonio di santità che caratterizzarono le prime generazioni cristiane.

Al termine del secondo millennio, la Chiesa è diventata nuovamente Chiesa di martiri. Le persecuzioni nei riguardi dei credenti — sacerdoti, religiosi e laici — hanno operato una grande semina di martiri in varie parti del mondo. La testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, come rilevava già Paolo VI (…). È una testimonianza da non dimenticare. (…) Nel nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi « militi ignoti » della grande causa di Dio. Per quanto è possibile non devono andare perdute nella Chiesa le loro testimonianze. (…)

Occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio, raccogliendo la necessaria documentazione. Ciò non potrà non avere anche un respiro ed una eloquenza ecumenica. L’ecumenismo dei santi, dei martiri, è forse il più convincente. La « communio sanctorum » parla con voce più alta dei fattori di divisione. (…) Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell’onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana.

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