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Leggi e ascolta Il caurabesul che gridava nel bosco

Ciao ragazzi, vi è mai capitato di vedere una persona e dire a primo impatto che è antipatica e poi diventate amici?

Non dite bugie perché a tutti è successo.

 Il protagonista di questa sera è un caurabesul come in altre favole popolari della Valtellina. Chiamato anche caurabesula o succiacapre , questo animale leggendario secondo alcuni è un uccello, per altri una capra stregata: si aggira di notte nel bosco, fa un verso terribile, che spaventa piccoli e grandi.

Il caurabesul che gridava nel bosco
Il caurabesul che gridava nel bosco 3

Leggi con me:

“Non gridare, svegli il caurabesul!”, diceva la nonna al bambino prima di andare a dormire.
Il caurabesul era un animale spaventoso, che nessun bambino del villaggio aveva mai visto. Tutti dicevano, però, che aveva un aspetto terribile: si poteva trasformare in uccello, a volte in gufo, a volte era un pipistrello o, quando voleva avvicinarsi a una fattoria, diventava una capra.
Mamma e papà non credevano a queste storie: tutti i nonni del villaggio, però, dicevano sempre ai nipotini:
“Se fai il monello, chiamo il caurabesul!” e i bambini tremavano di paura.
Una notte il bambino andò a letto con il cuore agitato. Tutti dormivano: mamma, papà, i nonni nella casa accanto, il cane.
Il bambino si svegliò e si guardò intorno: era tutto buio e la mamma non era ancora arrivata a dire “è mattina”. Dal bosco veniva un grido. Un grido strano: il verso di un animale, ma non il cra cra di una rana o di un’anatra. Sembrava: una forchetta che stride sul muro di casa, le pentole che cadevano, la sedia che striscia sul pavimento.

“Il caurabesul!”, grida il bambino, “Mamma, il caurabesul!.

La mamma si svegliò e corse nella camera del bambino. “Non c’è nessuno, bimbo”. “La caurabesula non esiste e il bosco è silenzioso”.

Il verso non si sentiva più. Mamma diede un bacio al bambino e tornò nella sua camera.
Dopo un poco, il bambino sentì di nuovo quel verso strano.
“Il caurabesul! Mamma, è tornato!”.
La mamma non sentiva …Era una notte d’estate e il papà aveva lasciato una finestra aperta.
Il bosco tornò silenzioso per qualche minuto. Il bambino trattenne il respiro e si rintanò sotto le coperte, con gli occhi aperti.
Si sentì, allora, un battito d’ali e il grido: assomigliava al verso di prima, ma non così forte.
L’animale approfittò della finestra socchiusa, entrò in casa e si piazzò sul letto del bambino.
“Ciao, bambino”, gridò.
Il bambino tirò fuori un occhio da sotto la coperta per guardare. Tremava di paura: il caurabesul era arrivato davvero!

Avevano ragione i nonni: era un uccello, tutto blu, non tanto grande in realtà, e un pochino meno spaventoso a vedersi. Solo il suo verso faceva paura.
Il bambino tremava; anche lo strano uccello tremava.

Sai dov’è la mia mamma?” , disse l’animale al bambino.
“L’ho persa mentre volavo nel bosco, ho visto una finestra aperta e ho pensato che fosse qui”.

Il bambino avrebbe voluto rispondere, ma la voce era rimasta in gola. I nonni dicevano che i caurabesul rapiscono i bambini! Questo, però, era un cucciolo e non sembrava tanto minaccioso.

Perché non rispondi, bambino? Hai preso tu la mia mamma?“, disse l’uccellino.
Il bosco, nel frattempo, pareva fosse tutto sveglio perché c’era un gran rumore: cra cra di rane, uu di lupi e altri stridori di forchetta in lontananza.

Al bambino, piano piano, tornò la voce.
“Com’è fatta la tua mamma, uccello?”
Il cucciolo rispose:
“E’ fatta proprio come me, ma più grande”.

“Uccello”, continuò il bambino.
“Tu sei cattivo? La tua mamma è cattiva?”.
“La mia mamma non è cattiva!” gridò l’uccellino e saltò su tutte le furie. “Io non sono cattivo”.
“Uccello strano”, disse ancora il bambino. “La tua mamma rapisce i bambini?”.
Questa volta però, il cucciolo dell’animale misterioso era ancora più spaventato del bambino.
“Tu sei cattivo!” gridava, “la tua mamma è cattiva”.
Il vento sbattè forte contro la finestra. Ci fu un altro verso strano, molto, molto forte. Un uccello più grande entrò a fatica dalla finestra e si posò sul letto del bambino.
Era mamma caurabesul ed era venuta e prendere il suo cucciolo.
“Cucciolo”, gridò, parlando con l’uccellino, “dov’eri finito? Ti ho detto tante volte che non devi entrare nelle case!”.
Il bambino stette zitto zitto.
“Andiamo a casa, cucciolo”, disse mamma caurabesul  al suo piccolo e poi, rivolta al bambino:

“Ciao bambino, fai bei sogni e ricorda. Non ti preoccupare quando senti il mio verso strano nella notte. Devo gridare, perché in questo modo il mio cucciolo mi sente e non si perde nel bosco”.

Mamma caurabesul e il suo figlioletto volarono via dalla finestra. Il bambino gridò: “Mamma!”. La mamma si alzò dal letto e raggiunse la camera del bambino. “Che c’è ancora?”, disse sbadigliando.
“Mamma, ho scoperto che i caurabesul sono animali buoni”.
“Ah”, disse la mamma, facendo di sì con la testa. “Torna a dormire, ora”.

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Le favole della buonanotte
Il caurabesul che gridava nel bosco
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