commento di Lc 12,54-59, a cura di Carmine Carano SJ

La sommità in cielo e qui del giorno…
L’essere sceso in sé
nelle sue dimore flagra.
Anima del mondo
insediata nell’acero e nell’orno,
non annientarci, preparaci
alla verità, sia chiara e ardente.

Mario Luzi
bimba che urla

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,54-59
 
In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo
».

Mi lascio ispirare

Il mio corpo e la mia mente non saranno mai templi della totalità, non potranno mai affermare di possedere il tutto, la verità ultima. Il mio corpo somiglia piuttosto a uno spazio limitato: alcune esperienze le ho vissute sulla mia pelle, di altre sono stato testimone oculare, di altre ancora forse sarò testimone in futuro, di altre ho sentito parlare, magari di alcune sentirò parlare un giorno che ancora non è sorto, di qualche altra non saprò mai nulla e rimarrà per tutta la durata della mia esistenza al di fuori dell’orizzonte vitale. Rimarrà sconosciuta.
Ciò vale per tutte le esperienze, vale per l’esperienza della comprensione in particolare. Conosco e sto approfondendo alcune tematiche, magari attraverso un percorso accademico. Apprenderò delle nozioni, e alcune diventeranno ingredienti della mia cultura quando entreranno a far parte della relazione che intrattengono con il mondo. Alcune regioni dello scibile, della conoscenza, invece, non le frequenterò mai. Resterò, di fronte ad esse, ignorante.

Il corpo e la mente sembrano condannati alla parzialità: sperimentano e conoscono qualche cosa, non il tutto, mai la totalità. Sembra un fardello, una fonte di frustrazione e di incertezza perenne. Tuttavia, la parzialità può essere vista da una differente prospettiva: è il luogo della responsabilità.

Alla luce di ciò che ho compreso e sperimentato, sono in grado di prendere posizione, di collocarmi: assumere il peso e la gioia di sostenere ciò che reputo buono, bello, giusto. Non attendo la verità solennemente proclamata da un giudice anonimo e al di sopra di tutto. Mi metto d’accordo mentre sono in cammino sul sentiero della parzialità e dell’incertezza. Mi decido. Mi gioco. Mi comprometto. Mi scopro impegnato a diventare sempre più umano assumendo la responsabilità di far sentire la mia voce.

Carmine Carano SJ

Immagino

Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.

Rifletto sulle domande

In quali momenti sono stato consapevole della parzialità del mio punto di vista?

Quali sono state le occasioni in cui ho sperimentato il peso e la gioia della responsabilità?

In cosa decido di giocarmi, di compromettermi oggi?

Ringrazio

Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi…
Recito un “Padre nostro” per congedarmi e uscire dalla preghiera.

fonte © GET UP AND WALK

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Ciao, sono Remigio Ruberto, papà di Eugenio. L'amore che mi lega a Eugenio è senza tempo e senza spazio.

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