Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,1-15
In quel tempo, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Parola del Signore.
Alzare gli occhi
Roberto Pasolini

Lo stimato dottore della Legge Gamalièle, pur non avendo aderito all’insegnamento e alla proposta di Gesù Cristo, sembra capace di rapportarsi con lui, e con il frutto della sua Pasqua che è la comunità dei credenti, a partire da un’intelligenza leale e profonda. La sapienza di questo credente di Israele si radica anzitutto nella sincera fiducia che ciò che viene dalla «carne» non può che essere e restare «carne», cioè opera umana, dunque non può incutere eccessivo timore:
«Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta» (At 5,38).
Al contempo, Gamalièle è profondamente persuaso che quanto viene da Dio non sia sempre riconoscibile o riconducibile dentro la nostra aspettativa religiosa: «… ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio» (5,39).
Se da un lato questo ragionamento potrebbe sembrare il frutto di una semplice prudenza umana, dall’altro esso denota un’apertura a Dio e ai suoi imperscrutabili disegni in cui è riconoscibile quella docilità di cuore a cui siamo soliti dare il nome di «fede».
Il primo luogo dove la fede può e ha bisogno di manifestarsi non è mai un’aula di teologia, ma sempre e solo la realtà dove si esprime il nostro modo di percepire il mistero di Dio e quello della nostra umanità. Credere, pertanto, esige sempre la capacità di non rimanere prigionieri dei propri bisogni, ma di saper continuamente sollevare lo sguardo per andare incontro anche a quelli degli altri:
«Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere» (Gv 6,5-6).
La risposta di Filippo alla domanda provocatoria di Gesù esprime bene quella paura che tutti avvertiamo quando la realtà sembra domandarci più di quello che abbiamo in tasca. Dopo un rapido calcolo, il più razionale dei discepoli non può che esplicitare l’impossibilità di andare incontro al bisogno evidente nella folla. La messa alla prova di Filippo fa emergere un modo di ragionare prudente, che corre il rischio di andare «contro» il desiderio di Dio, ben intuito invece da un ragazzo il cui istinto non è quello di mettersi a fare i conti. Andrea, fratello di Simon Pietro, ha il merito di saper condurre quest’intuizione davanti all’attenzione del Signore Gesù:
«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6,9).
I discepoli segnalano la presenza del poco ma sembrano faticare a credere che esso possa essere davvero sufficiente per tutti. Non hanno ancora capito che per andare «contro» Dio basta indulgere nella paura di andare incontro ai fratelli, con l’unica risorsa di quanto si è e quanto si ha a disposizione. Il Signore Gesù accoglie comunque l’incerta reazione dei suoi seguaci: prende pani e pesci e li fa diventare nutrimento sufficiente per quella moltitudine di uomini e donne convocata dall’annuncio del Regno:
«Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano» (Gv 6,11).
Anche noi, in questi giorni di Pasqua, siamo invitati a verificare se stiamo guardando la realtà con inutile prudenza, con il rischio di ritrovarci a lottare contro la logica di Dio, oppure se ci stiamo fidando delle nostre piccole tasche per alzare gli occhi e andare incontro agli altri con quel poco che siamo e abbiamo. Per diventare simili al re dei re, che fugge davanti alla tentazione del potere, per rimanere vicino al nostro cuore e al nostro destino.
«Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo» (Gv 6,15).