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commento di Mt 19,13-15, a cura di Caterina Bruno

Ultimi essere
gli ultimi nati, sempre nati appena.
Figlio piccolo essere
che rallegra la casa perché ride.
Essere quello che ride.

Mariangela Gualtieri, Senza polvere senza peso

Mi preparo

Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore

Entro nel testo (Mt 19,13-15)

In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Mi lascio ispirare

C’era una volta… e forse c’è ancora, da qualche parte dentro di noi, quel bambino che istintivamente sa di chi può fidarsi. Quel bambino che sa dire “questo non mi piace” e che si interroga su quello che vede senza pregiudizi, che guarda tutto con stupore, che si lascia condurre davanti a Gesù. Come in questa tela, c’è ancora una bambina che sta in piedi, davanti a Gesù, e lo guarda rapita, dritto negli occhi. Lui le prende il piccolo polso, come si fa per guidare, accompagnare qualcuno, una presa salda, che ti rimette in piedi, al ritmo pulsante di un battito, all’origine della vita. E sul fondo piccoli piedi scalzi, di fronte a quelli di Gesù.

C’era una volta un uomo, e con Lui un incontro vero, è c’è ancora nella preghiera quando abbiamo il coraggio di stare sotto questo sguardo che ci mette a nudo, ci rivela a quello che siamo, e lasciamo che imponga le mani su di noi, che ci ricordi la benedizione che siamo. C’era una volta il Paradiso, la felicità che riuscivamo a immaginare da bambini e di cui adesso facciamo fatica a intravederne le tracce nella quotidianità.

Se quello che ci aspetta è il nulla, e la morte è l’ultima parola, allora vivremo sempre nella paura del buio, del buio che abbiamo dentro e che tutti hanno dentro, sempre fuggendo la morte che è il dono di sé, l’incontro autentico con l’altro. I discepoli inizialmente si scandalizzano e allontanano questi bambini perché credono che sia necessaria una certa esperienza per accogliere la Parola. Rappresentano tutte le nostre resistenze a questo incontro nella piccolezza.

È vero il contrario, serve innocenza, innocenza che non è ignoranza, o ingenuità, trasformarsi tutti in “bravi bambini”, no, è conoscere tutto ed essere ancora attratti dal buono, essere capaci di stare insieme davanti a quel buono come davanti al buio, ricordando che oltre c’è ancora vita.

Caterina Bruno

Immagino

Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.

Rifletto sulle domande

Come immaginavi da piccolo la vita eterna, la felicità?

Di quale buio hai paura?

Cosa puoi reimparare dal bambino che è in te?

Ringrazio

Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi…
Recito un “Padre nostro” per congedarmi e uscire dalla preghiera.

(fonte © GET UP AND WALK)


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