Non un semplice susseguirsi di giorni tiepidi, ma un'esplosione vibrante di devozione che incendia i cuori!
È il mese in cui l'anima popolare si protende con ardore filiale verso Colei che ha generato la Luce del mondo. Il profumo dei primi fiori, delle rose, satura l'aria quasi come un incenso naturale che sale verso il cielo, portando con sé le nostre suppliche, i nostri pensieri.
Maggio è Maria! Un nome che risuona come un eco ancestrale nelle nostre strade, nei nostri paesi, un richiamo potente alla Madre, al rifugio sicuro. Non è solo una tradizione, è un legame viscerale, intessuto di secoli di fede, di lacrime asciugate, di grazie ricevute. Le statue vestite di azzurro nelle nostre chiese, illuminate dalla tremolante luce dei ceri, non sono semplici immagini, ma presenze vive che ci ricordano la sua umiltà sublime, il suo "sì" che ha cambiato la storia.
Durante queste settimane sacre, sentiamo l'urgenza di stringerci a Lei, di affidarle le nostre fragilità, le nostre speranze più audaci. Il Rosario non è una litania monotona, ma un dialogo intimo, un sussurro accorato alla Regina del Cielo.
Non è forse un'emozione intensa quella che proviamo quando contempliamo il Suo volto dolce e sofferente, consapevole del dolore del Figlio? Non sentiamo forse un fremito nel cuore al pensiero della sua potente intercessione? Quante volte ci siamo rivolti, e ancora ci rivolgiamo a Lei, sapendo che è una Mamma, e come tale, nessuna richiesta passa inascoltata; ogni nostro pensiero, supplica, parola, arrivano al Suo cuore e vi trovano la giusta dimora.
Maria non è una figura lontana, relegata in un passato sacro; è viva, presente, una madre premurosa che ascolta il grido dei suoi figli.
Allora, in questo maggio fiorito e ardente di fede, eleviamo con forza la nostra preghiera:
O Maria, Madre ardente di amore e di dolore, sentiamo nel profondo del cuore l'eco del tuo "Magnificat", un canto di umiltà e di potenza divina.
In questo mese a te sacro, riversiamo su di te le nostre ansie, le nostre gioie, le nostre battaglie quotidiane.
Tu, che hai stretto tra le braccia il Figlio di Dio, stringi con la tua materna protezione ognuno di noi. Illumina le nostre menti ottenebrate dal dubbio, scalda i nostri cuori raffreddati dalla paura, sostieni i nostri passi incerti nel cammino della vita.
Madre forte e compassionevole, intercedi per noi presso il tuo Divin Figlio, ottenendoci la grazia di una fede viva, di una speranza incrollabile, di una carità che si fa servizio umile e concreto.
O Maria, aurora di salvezza, mostraci la via che conduce alla vera gioia, quella che solo il tuo Gesù può donare. Ascolta il grido intenso della nostra devozione, e donaci la tua benedizione materna, ora e sempre. Amen.
Leggiamo ed ascoltiamo il "Padre Nostro universale"
Vi proponiamo questo discorso, che sembra tanto una conversazione con il Creato, che chiunque possa fare, credente o no, di qualsiasi credo o religione.
È un inno alla vita, alla gioia, alla giustizia: valori da condividere, speranza da saldare, gioia da trasmettere.
Da soli non ci si salva: leggiamo ed ascoltiamo insieme.
Leggiamo insieme
Padre nostro, che sei nei fiori, nel canto degli uccelli, nel cuore che batte; che sei l'amore, la compassione, la pazienza, e nel gesto del perdono.
Padre nostro, che sei in me, nella mia famiglia, nei miei amici, che sei in quello che amo, in colui che mi ferisce, in colui che cerca la verità…
Sia santificato il tuo nome adorato e glorificato, da: tutto ciò che è bello, buono, giusto, onesto, di buon nome e misericordioso.
Venga a noi il tuo regno di pace e giustizia, fede, luce, amore. Sii il centro della mia vita, la mia casa, la mia famiglia, il mio lavoro, il mio studio….
Sia fatta la tua volontà, anche se le mie suppliche a volte riproducono di più il mio orgoglio, il mio ego, che le mie esigenze reali.
Perdona tutte le mie offese, i miei errori, le mie mancanze, i miei peccati e offese contro di te, contro me stesso e contro coloro che mi circondano, perdona quando diventa freddo il mio cuore; Perdonami, così come io con il tuo aiuto, perdono coloro che mi offendono, anche quando il mio cuore è ferito.
Non lasciarmi cadere nelle tentazioni degli errori, dei vizi, della critica, del giudizio, del pettegolezzo , dell'invidia, della superbia, della distruzione, dell'egoismo….
E liberami da ogni male, da ogni violenza, da ogni disgrazia, da ogni malattia.
Liberami da ogni dolore, da ogni tristezza, angoscia e da ogni delusione.
Anche se tali difficoltà vedi che sono necessarie nella mia vita, che io abbia la forza e il coraggio di dire: grazie, Padre, Signore Re dell'universo per questa lezione! Che sia così!
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen.
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Credo in unum Deum, Patrem omnipoténtem, Factorem cæli et terræ, visibílium ómnium et invisibilium Et in unum Dóminum Iesum Christum, Filium Dei unigénitum et ex Patre natum ante ómnia sǽcula: Deum de Deo, Lumen de Lúmine, Deum verum de Deo vero, génitum, non factum, consubstantiálem Patri: per quem ómnia facta sunt; qui propter nos hómines et propter nostram salútem, descéndit de cælis, et incarnátus est de Spíritu Sancto ex Maria Vírgine et homo factus est, crucifíxus étiam pro nobis sub Póntio Piláto, passus et sepúltus est, et resurréxit tértia die secúndum Scriptúras, et ascéndit in cælum, sedet ad déxteram Patris, et íterum ventúrus est cum glória, iudicáre vivos et mórtuos, cuius regni non erit finis.
Credo in Spíritum Sanctum, Dominum et vivificántem, qui ex Patre Filióque procédit, qui cum Patre et Fílio simul adorátur et conglorificátur, qui locútus est per prophétas.
Et unam sanctam cathólicam et apostólicam Ecclésiam.
Confíteor unum Baptísma in remissiónem peccatórum. Et exspécto resurrectiónem mortuórum, et vitam ventúri sæculi.
Santa Madre del Redentore, Porta del cielo, Stella del mare, soccorri il tuo Popolo che anela a risorgere. Ancora una volta ci rivolgiamo a Te, Madre di Cristo e della Chiesa, raccolti ai tuoi piedi in questo luogo santo, per ringraziarti di quanto Tu hai fatto in questi giorni per la Chiesa, per ciascuno di noi e per l’intera umanità.
Vergine purissima, quante volte Ti abbiamo invocato! Ed oggi siamo qui a ringraziarti, perché sempre ci hai ascoltato. Tu ti sei mostrata Madre: Madre della Chiesa, missionaria sulle strade del mondo, in cammino verso il secondo e definitivo avvento di Cristo sulla terra. Madre degli uomini, per la tua costante protezione ci hai evitato sciagure e distruzioni irreparabili e hai favorito il progresso e le moderne conquiste sociali. Madre delle Nazioni, tanti mutamenti insperati hanno ridato fiducia a popoli troppo a lungo oppressi e umiliati.
Madre della vita, per i molteplici segni con cui ci hai accompagnati difendendoci dal male e dal potere della morte. Madre nostra da sempre, e in particolare in questo momento, in cui ti sentiamo nostra soccorritrice.
Madre di ogni uomo, che lotta per la vita che non muore. Madre dell’umanità riscattata dal sangue di Cristo. Madre dell’amore perfetto, della speranza e della pace, Santa Madre del Redentore.
Vergine Santa, continua a mostrarti Madre per tutti, perché il mondo ha bisogno di Te. Le nuove situazioni dei popoli e della Chiesa sono ancora precarie ed instabili.
Esiste il pericolo di nuove forme di ateismo, che in nome di una falsa libertà tendono a distruggere le radici dell’umana e cristiana morale. Madre della speranza, cammina con noi! Cammina con l’uomo del terzo millennio dell’era cristiana, con l’uomo di ogni razza e cultura, d’ogni età e condizione.
Cammina con i popoli verso la solidarietà e l’amore, cammina con i giovani, protagonisti di futuri giorni di pace. Di Te hanno bisogno le Nazioni di tutto il mondo in perenne conflitto tra loro.
Umile ancella del Signore, mostrati Madre dei poveri, di chi muore di fame e di malattia, di chi patisce torti e soprusi, di chi non trova lavoro, casa e rifugio, di chi è oppresso e sfruttato, di chi soffre per tanti problemi quotidiani, di chi dispera o invano ricerca la quiete lontano da Dio.
Aiutaci a difendere la vita, riflesso dell’amore divino, aiutaci a difenderla sempre, dall’alba al suo naturale tramonto. Mostrati Madre di unità e di pace. Cessino ovunque la violenza e l’ingiustizia, crescano nelle famiglie la concordia e l’unità, e tra i popoli il rispetto e l’intesa; regni sulla terra la pace, la pace vera! Maria, dona al mondo Cristo, nostra pace. Non riaprano i popoli nuovi fossati di odio e di vendetta, non ceda il mondo alle lusinghe di un falso benessere che mortifica la dignità della persona e compromette per sempre le risorse del creato.
Mostrati Madre della speranza! Veglia sulla strada che ancora ci attende. Veglia sugli uomini e sulle nuove situazioni dei popoli ancora minacciati da rischi di guerra. Veglia sui responsabili delle Nazioni e su quanti reggono le sorti dell’umanità. Veglia sulla Chiesa, sempre insidiata dallo spirito del mondo e dal male che si annida in tante situazioni. Veglia sul Papa, i vescovi, i sacerdoti, sulle anime consacrate e sui fedeli laici.
Veglia in modo speciale su quanti ti venerano e ti onorano con speciale devozione. Per tutti mostrati quale sei, Madre di bontà e misericordia.
Madre dolcissima, affidiamo a te tutti noi stessi, le nostre famiglie, i nostri cari, i nostri amici ed anche i nostri nemici. Affidiamo a te tutto quello che è nostro, le nostre attività e quello che possediamo, perché tu possa renderlo utile per il bene di tutti. Con Te intendiamo seguire Cristo, Redentore dell’uomo: la stanchezza non ci appesantisca, né la fatica ci rallenti, le difficoltà non spengano il coraggio, né la tristezza la gioia nel cuore, né la delusione la voglia di vivere. Tu, Maria, Madre del Redentore, continua a mostrarti Madre per tutti. Veglia sul nostro cammino, fa’ che pieni di gioia vediamo il tuo Figlio nel Cielo, dove sei ad attenderci, per una felicità eterna.
In questa meditazione saliamo con Maria “verso la montagna” ed entriamo nella casa di Elisabetta.
La Madre di Dio ci parlerà in prima persona con il suo cantico di lode che è il Magnificat.
Oggi tutta la Chiesa si stringe intorno al successore di Pietro che celebra il suo 50° di sacerdozio e il cantico della Vergine è la preghiera che più spontaneamente sale dal cuore in circostanze come questa. Una meditazione su di esso è un nostro piccolo modo di partecipare anche in questo momento a tale ricorrenza. Per comprendere il posto e lo scopo che il cantico della Vergine ha nel vangelo di Luca, è necessario premettere qualche cenno sui cantici evangelici in genere.
Gli inni disseminati nei vangeli dell’infanzia – Benedictus, Magnificat, Nunc dimittis – hanno la funzione di spiegare poeticamente il senso spirituale degli eventi narrati -Annunciazione, Visitazione, Natale -, conferendo a essi la forma di una confessione di fede e di lode.
Come tali, essi sono parte integrante della narrazione storica.
Non sono degli intermezzi o dei brani staccati, perché ogni evento storico è costituito da due elementi: dal fatto e dal significato del fatto.
I cantici inseriscono già la liturgia nella storia. “La liturgia cristiana – è stato scritto – ha i suoi inizi negli inni della storia dell’infanzia”.
Noi abbiamo, in altre parole, in questi cantici, un embrione della liturgia natalizia.
Essi realizzano l’elemento essenziale della liturgia che è di essere celebrazione festosa e credente dell’evento di salvezza. Molti problemi rimangono insoluti circa questi cantici, secondo gli studiosi: gli autori reali, le fonti, la struttura interna…
Noi possiamo prescindere, fortunatamente, da tutti questi problemi critici e lasciare che essi continuino a essere studiati con frutto da quelli che si occupano di questo genere di problemi.
Non dobbiamo attendere che siano risolti tutti questi punti oscuri, per poterci già edificare con questi cantici.
Non perché tali problemi non siano importanti, ma perché esiste una certezza che relativizza tutte quelle incertezze: Luca ha accolto questi cantici nel suo vangelo e la Chiesa ha accolto il Vangelo di Luca nel suo canone. Questi cantici sono “parola di Dio”, ispirata dallo Spirito Santo.
Il Magnificat è di Maria perché a essa lo ha “attribuito” lo Spirito Santo e questo fa sì che esso sia più “suo” che se lo avesse scritto materialmente di suo pugno!
Infatti a noi non interessa tanto sapere se il Magnificat l’ha composto Maria, quanto sapere se l’ha composto per ispirazione dello Spirito Santo.
Se anche fossimo certissimi che esso fu composto direttamente da Maria, esso non ci interesserebbe per questo, ma perché in esso parla lo Spirito Santo.
Il cantico di Maria contiene uno sguardo nuovo su Dio e sul mondo; nella prima parte, che abbraccia i versetti 46-50, lo sguardo di Maria si porta su Dio; nella seconda parte, che abbraccia i restanti versetti, il suo sguardo si porta sul mondo e la storia.
Un nuovo sguardo su Dio
Il primo movimento del Magnificat è verso Dio; Dio ha il primato assoluto su tutto.
Maria non si attarda a rispondere al saluto di Elisabetta; non entra in dialogo con gli uomini, ma con Dio. Ella raccoglie la sua anima e la inabissa nell’infinito che è Dio.
Nel Magnificat è stata “fissata” per sempre un’esperienza di Dio senza precedenti e senza paragoni nella storia. È l’esempio più sublime del linguaggio cosiddetto numinoso.
È stato osservato che l’affacciarsi della realtà divina all’orizzonte di una creatura produce, di solito, due sentimenti contrapposti: uno di timore e uno di amore. Dio si presenta come “il mistero tremendo e affascinante”, tremendo per la sua maestà, affascinante per la sua bontà.
Quando la luce di Dio, per la prima volta, brillò nell’anima di Agostino, egli confessa che “tremò di amore e di terrore” e che anche in seguito il contatto con Dio lo faceva “rabbrividire e ardere” insieme. Troviamo qualcosa di simile nel cantico di Maria, espresso in modo biblico, attraverso i titoli.
Dio è visto come “Adonai” (che dice molto di più del nostro “Signore” con cui viene tradotto), come “Dio”, come “Potente” e soprattutto come Qadosh, “Santo”: Santo è il suo nome!
Nello stesso tempo, però, questo Dio santo e potente, è visto, con infinita fiducia, come “mio Salvatore”, come realtà benevola, amabile, come “proprio” Dio, come un Dio per la creatura.
Ma è soprattutto l’insistenza di Maria sulla misericordia che mette in luce questo aspetto benevolo e “affascinante” della realtà divina.
“La sua misericordia si stende di generazione in generazione”: queste parole suggeriscono l’idea di un fiume maestoso che sgorga dal cuore di Dio e attraversa tutta la storia umana.
Ora questo fiume è giunto a una “chiusa” e riparte a un livello superiore.
“Si è ricordato della sua misericordia”: la promessa ad Abramo e ai Padri si è compiuta. La conoscenza di Dio provoca, per reazione e contrasto, una nuova percezione o conoscenza di sé e del proprio essere, che è quella vera.
L’io non si coglie che di fronte a Dio, “coram Deo. In presenza di Dio, la creatura, dunque, conosce finalmente se stessa nella verità.
E così vediamo che avviene anche nel Magnificat.
Maria si sente “guardata” da Dio, entra ella stessa in quello sguardo, si vede come la vede Dio.
E come vede se stessa in questa luce divina? Come “piccola” (“umiltà” qui significa reale piccolezza e bassezza, non la virtù dell’umiltà!) e come “serva”.
Si percepisce come un piccolo nulla che Dio si è degnato di guardare. Maria non attribuisce l’elezione divina alla sua virtù dell’umiltà, ma al favore divino, alla grazia.
Pensare diversamente (come hanno fatto certi autori famosi) significa distruggere di colpo l’umiltà di Maria. L’umiltà ha uno statuto tutto speciale: ce l’ha chi non crede di averla; non ce l’ha chi crede di averla. Da questo riconoscimento di Dio, di sé e della verità, si sprigiona la gioia e l’esultanza: “Il mio spirito esulta…”.
Gioia prorompente della verità, gioia per l’agire divino, gioia della lode pura e gratuita.
Maria magnifica Dio per se stesso, anche se lo magnifica per ciò che ha fatto in lei, cioè a partire dalla propria esperienza, come fanno tutti i grandi oranti della Bibbia. Il giubilo di Maria è il giubilo escatologico per l’agire definitivo di Dio ed è il giubilo creaturale di sentirsi creatura amata dal Creatore, al servizio del Santo, dell’amore, della bellezza, dell’eternità.
È la pienezza della gioia.
San Bonaventura, che aveva esperienza diretta degli effetti trasformanti della visita di Dio all’anima, parla della venuta dello Spirito Santo in Maria, al momento dell’Annunciazione, come di un fuoco che la infiamma tutta. Sopravvenne in lei – scrive – lo Spirito Santo come fuoco divino che infiammò la sua mente e santificò la sua carne conferendole una perfettissima purità […].
Oh, se tu fossi capace di sentire, in qualche misura, quale e quanto grande fu l’incendio disceso dal cielo, quale refrigerio recato […].
Se potessi udire il canto giubilante della Vergine! Anche l’esegesi scientifica più esigente e rigorosa si rende conto che qui ci troviamo davanti a parole che non si possono capire con i normali mezzi di analisi filologica e confessa: “Chi legge queste righe è chiamato a condividere il giubilo; solo la comunità concelebrante dei credenti in Cristo e dei suoi fedeli è all’altezza di questi testi” .
È un parlare “nello Spirito” che non si può capire se non nello Spirito.
Un nuovo sguardo sul mondo
Il Magnificat si compone di due parti.
Quello che cambia, nel passaggio dalla prima alla seconda parte, non è né il mezzo espressivo né il tono; da questo punto di vista, il cantico è un flusso continuo che non presenta cesure; continua la serie dei verbi al passato che narrano ciò che Dio ha fatto, o meglio ha “cominciato a fare”.
Quello che cambia è solo l’ambito dell’agire di Dio: dalle cose che ha fatto “in lei”, si passa a osservare le cose che ha fatto nel mondo e nella storia.
Si considerano gli effetti del definitivo manifestarsi di Dio, i suoi riflessi sull’umanità e sulla storia.
Qui osserviamo una seconda caratteristica della sapienza evangelica che consiste nell’unire all’ebbrezza del contatto con Dio la sobrietà nel guardare il mondo, nel conciliare tra loro il più grande trasporto e abbandono nei confronti di Dio al più grande realismo critico nei confronti della storia e degli uomini.
Con una serie di potenti verbi all’aoristo, Maria descrive, a partire dal versetto 51, un rovesciamento e un radicale mutamento delle parti tra gli uomini: “Ha rovesciato – ha innalzato; ha ricolmato – ha rimandato a mani vuote”.
Una svolta improvvisa e irreversibile, perché opera di Dio che non cambia e non torna indietro, come invece fanno gli uomini nelle loro cose.
In questo mutamento emergono due categorie di persone: da una parte la categoria dei superbi-potenti-ricchi, dall’altra la categoria degli umili-affamati. È importante che noi comprendiamo in che consiste un tale rovesciamento e dove si produce, perché diversamente c’è il rischio di fraintendere tutto il cantico e con esso le beatitudini evangeliche che sono qui anticipate quasi con le stesse parole.
Guardiamo alla storia: che cosa è accaduto, di fatto, quando ha preso a realizzarsi l’avvenimento cantato da Maria? C’è forse stata una rivoluzione sociale ed esterna, per cui i ricchi sono, di colpo, impoveriti e gli affamati sono stati saziati di cibo? C’è stata forse una più giusta distribuzione dei beni tra le classi? No.
Forse che i potenti sono stati rovesciati materialmente dai troni e gli umili innalzati? No;
Erode ha continuato a essere chiamato “il Grande” e Maria e Giuseppe sono dovuti fuggire in Egitto a causa sua. Se dunque quello che ci si aspettava era un cambiamento sociale e visibile, c’è stata una smentita totale da parte della storia.
Allora dove è accaduto quel rovesciamento? (Perché esso è accaduto!).
È accaduto nella fede! Si è manifestato il regno di Dio e questa cosa ha provocato una silenziosa, ma radicale rivoluzione.
Come se si fosse scoperto un bene che, di colpo, ha svalutato la moneta corrente.
Il ricco appare come un uomo che ha messo da parte un’ingente somma di denaro, ma nella notte c’è stata una svalutazione del cento per cento e al mattino si è alzato che era un povero miserabile.
I poveri e gli affamati, al contrario, sono avvantaggiati, perché sono più pronti ad accogliere la nuova realtà, non temono il cambiamento; hanno il cuore pronto.
Il rovesciamento cantato da Maria è dello stesso tipo – dicevo – di quello proclamato da Gesù con le beatitudini e con la parabola del ricco epulone. Maria parla di ricchezza e povertà a partire da Dio; ancora una volta, parla “coram Deo”, prende come misura Dio, non l’uomo. Stabilisce il criterio “definitivo”, escatologico.
Dire dunque che si tratta di un rovesciamento avvenuto “nella fede”, non significa dire che esso è meno reale e radicale, meno serio, ma che lo è infinitamente di più.
Questo non è un disegno creato dall’onda sulla sabbia del mare che l’onda successiva cancella.
Si tratta di una ricchezza eterna e di una povertà ugualmente eterna.
Il Magnificat sulla bocca della Chiesa
Sant’Ireneo, commentando l’Annunciazione, dice che “Maria, piena di esultanza, gridò profeticamente in nome della Chiesa: “L’anima mia magnifica il Signore” .
Maria è come la voce solista che intona per prima un’aria che deve essere poi ripetuta dal coro. È questa una pacifica convinzione della Tradizione. Anche Origene la fa sua: “È per costoro (cioè per quelli che credono) che Maria magnifica il Signore”15.
Anche lui parla di una “profezia di Maria”, a proposito del Magnificat16.
Questo vuol dire l’espressione “Maria figura della Chiesa” (typus Ecclesiae), usata dai Padri e accolta dal concilio Vaticano II (cf LG 63).
Dire che Maria è “figura della Chiesa” significa dire che ne è la personificazione, la rappresentazione in forma sensibile di una realtà spirituale; significa dire che è modello della Chiesa.
Ella è figura della Chiesa anche nel senso che nella sua persona si realizza, fin dall’inizio e in maniera perfetta, l’idea di Chiesa; che ella ne costituisce, sotto il capo che è Cristo, il membro principale, e la primizia. Ma cosa vuol dire qui “Chiesa” e al posto di quale Chiesa Ireneo dice che Maria intona il Magnificat? Non al posto della Chiesa nominale, ma della Chiesa reale, cioè non della Chiesa in astratto, ma della Chiesa concreta, delle persone e delle anime che compongono la Chiesa.
Il Magnificat non è solo da recitare, ma da vivere, da far proprio da ciascuno di noi; è il “nostro” cantico. Quando diciamo: “L’anima mia magnifica il Signore”, quel “mia” è da prendere in senso diretto, non riportato. Sia in ciascuno – scrive sant’Ambrogio – l’anima di Maria per magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio […].
Se infatti secondo la carne una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo; ognuna infatti accoglie in sé il Verbo di Dio . Alla luce di questi princìpi, proviamo ora ad applicare a noi – alla Chiesa e all’anima – il cantico di Maria, e vedere cosa dobbiamo fare per “somigliare” a Maria non solo nelle parole, ma anche nei fatti.
Una scuola di conversione evangelica
Là dove Maria proclama il rovesciamento dei potenti e dei superbi, il Magnificat ricorda alla Chiesa qual è l’annuncio essenziale che deve proclamare al mondo. Le insegna a essere anch’essa “profetica”.
La Chiesa vive e attua il cantico della Vergine quando ripete con Maria: “Ha rovesciato i potenti, ha rimandato i ricchi a mani vuote!”, e lo ripete con fede, distinguendo questo annuncio da tutti gli altri pronunciamenti che pure ha diritto di fare, in materia di giustizia, di pace, di ordine sociale, in quanto interprete qualificata della legge naturale e custode del comandamento di Cristo dell’amore fraterno. Se le due prospettive sono distinte, non sono però separate e senza alcun influsso reciproco.
Al contrario, l’annuncio di fede di ciò che Dio ha fatto nella storia della salvezza (che è la prospettiva in cui si colloca il Magnificat) diventa la migliore indicazione di ciò che l’uomo deve fare, a sua volta, nella propria storia umana e, anzi, di ciò che la Chiesa stessa ha il compito di fare, in forza della carità che deve avere anche per il ricco, in vista della sua salvezza.
Più che “un incitamento a rovesciare i potenti dai troni per innalzare gli umili”, il Magnificat è un salutare ammonimento rivolto ai ricchi e ai potenti circa il tremendo pericolo che corrono, esattamente come sarà, nelle intenzioni di Gesù, la parabola del ricco epulone.
Quello del Magnificat non è dunque l’unico modo di affrontare il problema, oggi così sentito, di ricchezza e povertà, fame e sazietà; ce ne sono altri anch’essi legittimi che partono dalla storia, e non dalla fede, e ai quali giustamente i cristiani danno il loro appoggio e la Chiesa il suo discernimento.
Ma questo modo evangelico è quello che la Chiesa deve proclamare sempre e a tutti come suo mandato specifico e con il quale deve sostenere lo sforzo comune di tutti gli uomini di buona volontà.
Esso è universalmente valido e sempre attuale.
Se per ipotesi (ahimè, remota!) ci fossero un tempo e un luogo in cui non ci fossero più ingiustizie e disuguaglianze sociali tra gli uomini, ma tutti fossero ricchi e sazi, non per questo la Chiesa dovrebbe cessare di proclamare lì, con Maria, che Dio rimanda i ricchi a mani vuote.
Anzi, lì dovrebbe proclamarlo con ancora maggiore forza.
Il Magnificat è attuale nei paesi ricchi, non meno che nei paesi del terzo mondo. Ci sono piani e aspetti della realtà che non si colgono a occhio nudo, ma solo con l’ausilio di una luce speciale: o con i raggi infrarossi, o con i raggi ultravioletti.
L’immagine ottenuta con questa luce speciale è molto diversa e sorprendente per chi è abituato a vedere quello stesso panorama alla luce naturale.
La Chiesa possiede, grazie alla parola di Dio, un’immagine diversa della realtà del mondo, l’unica definitiva, perché ottenuta con la luce di Dio e perché è quella stessa che ha Dio.
Essa non può occultare tale immagine.
Deve anzi diffonderla, senza mai stancarsi, renderla nota agli uomini, perché ne va del loro destino eterno.
È l’immagine che alla fine resterà quando sarà passato “lo schema di questo mondo”.
Renderla nota, a volte, con parole semplici, dirette e profetiche, come quelle di Maria, come si dicono le cose di cui si è intimamente e tranquillamente persuasi.
E questo anche a costo di sembrare ingenua e fuori dal mondo, di fronte all’opinione dominante e allo spirito del tempo. L’Apocalisse ci dà un esempio di questo linguaggio profetico, diretto e coraggioso, in cui, all’opinione umana, viene contrapposta la verità divina: “Tu dici [e questo “tu” può essere la singola persona, come può essere un’intera società]: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla!”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Ap 3, 17).
In una celebre favola di Andersen, si parla di un re a cui è stato fatto credere, da lestofanti, che esiste una stoffa meravigliosa che ha la prerogativa di essere invisibile agli sciocchi e inetti e visibile solo ai savi.
Egli, per primo, naturalmente, non la vede, ma ha paura di dirlo, per tema di passare per uno degli sciocchi, e così fan tutti i suoi ministri e tutto il popolo.
Il re sfila per le strade senza nulla addosso, ma tutti, per non tradirsi, fingono di ammirare il bellissimo vestito, finché si ode la vocina di un bambino che grida tra la folla: “Ma il re è nudo!”, rompendo l’incantesimo, e tutti finalmente hanno il coraggio di ammettere che quel famoso vestito non esiste.
La Chiesa deve essere come la vocina di quel bambino, la quale, a un certo mondo tutto infatuato delle proprie ricchezze e che induce a ritenere pazzo e sciocco chi mostra di non credere in esse, ripete, con le parole dell’Apocalisse: “Tu non sai di essere nudo!”.
Qui si vede come davvero Maria, nel Magnificat, “parla profeticamente per la Chiesa”: ella, per prima, partendo da Dio, ha messo a nudo la grande povertà della ricchezza di questo mondo.
Il Magnificat, da solo, giustifica il titolo di “Stella dell’evangelizzazione” che san Paolo VI ha attribuito a Maria nella sua “Evangelii nuntiandi”.
Il Magnificat, richiamo alla conversione
Sarebbe fraintendere completamente questa parte del Magnificat che parla dei superbi e degli umili, dei ricchi e degli affamati, se la confinassimo solo nell’ambito delle cose che la Chiesa e il credente devono predicare al mondo.
Qui non si tratta di qualcosa che si deve solo predicare, ma di qualcosa che si deve anzitutto praticare. Maria può proclamare la beatitudine degli umili e dei poveri perché è lei stessa tra gli umili e i poveri.
Il rovesciamento da lei prospettato deve avvenire anzitutto nell’intimo di chi ripete il Magnificat e prega con esso. Dio – dice Maria – ha rovesciato i superbi “nei pensieri del loro cuore”. Di colpo, il discorso è portato da fuori a dentro, dalle discussioni teologiche, in cui tutti hanno ragione, ai pensieri del cuore, in cui tutti abbiamo torto.
L’uomo che vive “per se stesso”, il cui Dio non è il Signore, ma il proprio “io”, è un uomo che si è costruito un trono e vi siede sopra dettando legge agli altri.
Ora Dio – dice Maria – rovescia questi tali dal loro trono; mette a nudo la loro non-verità e ingiustizia.
C’è un mondo interiore, fatto di pensieri, volontà, desideri e passioni, dal quale – dice san Giacomo – provengono le guerre e le liti, le ingiustizie e i soprusi che sono in mezzo a noi (cf Gc 4, 1) e finché nessuno comincia con il risanare questa radice, nulla cambia veramente nel mondo e se qualcosa cambia è per riprodurre, di lì a poco, la stessa situazione di prima.
Come ci raggiunge da vicino il cantico di Maria, come ci scruta a fondo e come mette davvero “la scure alla radice”!
Che stoltezza e incoerenza sarebbe mai la mia, se ogni giorno, ai Vespri, ripetessi, con Maria, che Dio “ha rovesciato i potenti dai troni” e intanto continuassi a bramare il potere, un posto più alto, una promozione umana, un avanzamento di carriera e perdessi la pace se esso tarda ad arrivare; se ogni giorno proclamassi, con Maria, che Dio “ha rimandato i ricchi a mani vuote” e intanto bramassi senza posa di arricchire e di possedere sempre più cose e cose sempre più raffinate; se preferissi essere a mani vuote davanti a Dio, anziché a mani vuote davanti al mondo, vuote dei beni di Dio, piuttosto che vuote dei beni di questo mondo.
Che stoltezza sarebbe la mia se continuassi a ripetere, con Maria, che Dio “guarda verso gli umili”, che si accosta a loro, mentre tiene a distanza i superbi e i ricchi di tutto, e poi fossi di quelli che fanno esattamente il contrario.
Tutti i giorni – ha scritto Lutero commentando il Magnificat – dobbiamo constatare che ognuno si sforza di elevarsi al di sopra di sé, a una posizione d’onore, di potenza, di ricchezza, di dominio, a una vita agiata e a tutto ciò che è grande e superbo.
E ognuno vuole stare con tali persone, corre loro dietro, le serve volentieri, ognuno vuol partecipare alla loro grandezza […].
Nessuno vuole guardare in basso, dove c’è povertà, vituperio, bisogno, afflizione e angoscia, anzi tutti distolgono lo sguardo da una tale condizione.
Ognuno sfugge le persone così provate, le scansa, le lascia sole, nessuno pensa di aiutarle, di assisterle e di far sì che esse pure divengano qualche cosa: devono rimanere in basso ed essere disprezzate.
Dio – ci ricorda Maria – fa l’opposto di questo: tiene a distanza i superbi e innalza fino a sé gli umili e i piccoli; sta più volentieri con i bisognosi e gli affamati che lo tempestano di suppliche e di richieste, che non con i ricchi e i sazi che non hanno bisogno di lui e non gli chiedono nulla.
Così facendo, Maria ci esorta, con dolcezza materna, a imitare Dio, a far nostra la sua scelta.
Ci insegna le vie di Dio. Il Magnificat è davvero una meravigliosa scuola di sapienza evangelica.
Una scuola di conversione continua. Come tutta la Scrittura, esso è uno specchio (cf Gc 1, 23) e sappiamo che dello specchio si possono fare due usi molto diversi.
Lo si può usare rivolto verso l’esterno, verso gli altri, come specchio ustorio, proiettando la luce del sole verso un punto lontano fino a incendiarlo, come fece Archimede con le navi romane, oppure lo si può usare tenendolo rivolto verso di sé, per vedere in esso il proprio volto e correggerne i difetti e le brutture.
San Giacomo ci esorta a usarlo soprattutto in questo secondo modo, per mettere “a fuoco” noi stessi, prima che gli altri. “La Scrittura – diceva san Gregorio Magno – cresce a forza di essere letta” . Lo stesso avviene del Magnificat, le sue parole sono arricchite, non consunte, dall’uso.
Prima di noi schiere di santi o di semplici credenti hanno pregato con queste parole, ne hanno assaporato la verità, messo in pratica il contenuto.
Per la comunione dei santi nel corpo mistico, tutto questo immenso patrimonio aderisce ora al Magnificat. È bene pregarlo così, in coro, con tutti gli oranti della Chiesa.
Dio lo ascolta così. Per entrare in questo coro che attraversa i secoli, basta che noi intendiamo ripresentare a Dio i sentimenti e il trasporto di Maria che per prima lo intonò “in nome della Chiesa”, dei dottori che lo commentarono, degli artisti che lo musicarono con fede, dei pii e degli umili di cuore che lo vissero.
Grazie a questo meraviglioso cantico, Maria continua a magnificare il Signore per tutte le generazioni; la sua voce, come quella di una corifea, sostiene e trascina quella della Chiesa. Un orante del salterio invita tutti a unirsi a lui, dicendo: “Magnificate il Signore con me” (Sal 34, 4).
Maria ripete ai suoi figli le stesse parole. Se posso osare interpretare il suo pensiero, il Santo Padre, nel giorno del suo Giubileo sacerdotale, rivolge a tutti noi lo stesso invito: “Magnificate il Signore con me”.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.
Latino
Pater noster, qui es in cælis: sanctificétur Nomen Tuum: advéniat Regnum Tuum: fiat volúntas Tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. et ne nos indúcas in tentatiónem; sed líbera nos a Malo.
Amen.
The Sermon on the Mount Carl Bloch, 1890
Spiegazione del Padre Nostro
Anche noi siamo figli di Papà! Commento meditato sul Pater Noster:
Il Padre Nostro, sintesi di tutto il Vangelo (Tertulliano, De oratione, 1), è l'orazione domenicale (cioè "preghiera del Signore") per eccellenza, perché insegnataci da Cristo stesso (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2765) in risposta alla richiesta dei suoi discepoli: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1).
Se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore (Sant'Agostino, Lettera a Proba, Epistulae, n. 130).
Esempio di perfetta armonia, nel Padre Nostro non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, ma anche nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma plasma anche tutti i nostri affetti (San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 83, a. 9).
Un primo approccio al Padre Nostro ci porta a considerare il susseguirsi di tre impegni e tre richieste, con i quali l'uomo si impegna prima ad essere come secondo la volontà di Dio e poi chiede quel che occorre per le sue necessità materiali e spirituali:
L'impegno alla testimonianza: sia santificato il tuo nome
L'impegno alla fedeltà: venga il tuo regno
L'impegno all'amore: sia fatta la tua volontà
La richiesta del sostegno di Dio: dacci oggi il nostro pane quotidiano
La richiesta del perdono dei peccati: rimetti a noi i nostri debiti
La richiesta della Salvezza: non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male
Se il discorso della montagna è dottrina di vita, l'Orazione domenicale è preghiera, ma nell'uno e nell'altra lo Spirito del Signore dà una nuova forma ai nostri desideri, ai moti interiori che animano la nostra vita. Gesù ci insegna la vita nuova con le sue parole e ci educa a chiederla mediante la preghiera (CCC, 2764).
Il Padre Nostro è una preghiera tanto mirabile quanto forse data per scontata, recitata forse ogni giorno, ma spesso frettolosamente. Per questo un secondo approccio non può che condurci in un viaggio che ci avvicina al Padre Nostro parola per parola.
Padre
Sin dalla sua prima parola, Cristo mi introduce in una nuova dimensione del rapposto con Dio. Egli non è più solo il mio "Dominatore", il mio "Signore" o il mio "Padrone" nostro. È mio Padre.
E io non sono solo servo, ma figlio. Mi rivolgo dunque a Te, Padre, con il rispetto dovuto a Colui che è anche quelle cose, ma con la libertà, la fiducia e l'intimità di figlio, consapevole di essere amato, fiducioso anche nella disperazione e nel mezzo della schiavitù del mondo e del peccato. Lui, il Padre che mi chiama, in attesa del mio ritorno, io il figliol prodigo che tornerà a Lui pentito.
Nostro
Perché non solo Padre mio o dei "miei" (la mia famiglia, i miei amici, il mio ceto sociale, il mio popolo,...), ma Padre di tutti: del ricco e del povero, del santo e del peccatore, del colto e dell'illetterato, che tutti chiami instancabilmente a Te, al pentimento, al Tuo amore.
"Nostro", certamente, ma non confusamente di tutti: Dio ama tutti ed ognuno singolarmente; Egli è tutto per me quando sono nella prova e nel bisogno, è tutto mio quando mi chiama Sé con il pentimento, la vocazione, la consolazione.
L'aggettivo non esprime un possesso, ma una relazione con Dio totalmente nuova; forma alla generosità, secondo gli insegnamenti di Cristo; indica Dio come comune a più persone: non c'è che un solo Dio ed è riconosciuto Padre da coloro che, mediante la fede nel Suo Figlio unigenito, da Lui sono rinati mediante l'acqua e lo Spirito Santo.
È la Chiesa questa nuova comunione di Dio e degli uomini (CCC, 2786, 2790).
Che sei nei Cieli
Straordianariamente altro rispetto a me, eppure non lontano, anzi ovunque nell'immensità dell'universo e nel piccolo del mio quotidiano, Tua mirabile creazione.
Questa espressione biblica non significa un luogo, come potrebbe essere lo spazio, bensì un modo di essere; non la lontananza di Dio, ma la sua maestà e pur se Egli è al di là di tutto è anche vicinissimo al cuore umile e contrito (CCC, 2794).
Sia santificato il tuo nome
Sia cioè rispettato ed amato, da me e dal mondo intero, anche attraverso di me, nel mio impegno a dare il buon esempio, a condurre il Tuo Nome anche presso chi ancora non lo conosce veramente.
Chiedendo sia santificato il tuo nome entriamo nel disegno di Dio: la santificazione del Suo nome, rivelato a Mosè e poi in Gesù, da parte nostra e in noi, come anche in ogni popolo e in ogni uomo (CCC, 2858).
Quando diciamo: "Sia santificato il tuo nome", eccitiamo noi stessi a desiderare che il nome di lui, ch'è sempre santo, sia considerato santo anche presso gli uomini, cioè non sia disprezzato, cosa questa che non giova a Dio ma agli uomini (Sant'Agostino, Lettera a Proba).
Venga il tuo regno
Si compia nei nostri cuori e nel mondo la Tua Creazione, la Beata Speranza, e torni il nostro Salvatore Gesù Cristo! Con la seconda domanda la Chiesa guarda principalmente al ritorno di Cristo e alla venuta finale del regno di Dio, ma prega anche per la crescita del regno di Dio nell'«oggi» delle nostre vite (CCC, 2859).
Quando diciamo: "Venga il tuo regno", il quale, volere o no, verrà senz'altro, noi eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno, affinché venga per noi e meritiamo di regnare in esso (S. Agostino, ibid.).
Sia fatta la tua volontà
Che è volontà di Salvezza, anche nella nostra incomprensione delle Tue vie. Aiutaci ad accettare la Tua volontà, riempici di fiducia in Te, donaci la speranza e la consolazione del Tuo amore e unisci la nostra volontà a quella del Figlio Tuo, perché si compia il Tuo disegno di salvezza nella vita del mondo.
Noi siamo radicalmente incapaci di ciò, ma, uniti a Gesù e con la potenza del Suo Santo Spirito, possiamo consegnare a Lui la nostra volontà e decidere di scegliere ciò che sempre ha scelto il Figlio suo: fare ciò che piace al Padre (CCC, 2860).
Come in cielo, così in terra
Perché il mondo, anche attraverso di noi, Tuoi indegni strumenti, sia plasmato ad imitazione del Paradiso, ove sempre viene fatta la Tua volontà, che è vera Pace, Amore infinito ed eterna Beatitudine nel Tuo volto (CCC, 2825-2826).
Quando diciamo: "Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra", noi gli domandiamo l'obbedienza, per adempiere la sua volontà, a quel modo che è adempiuta dai suoi angeli nel cielo. (S. Agostino, ibid.).
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Pane nostro e di tutti i fratelli, superando il nostro settarismo e i nostri egoismi. Dacci il vero necessario, nutrimento terreno per il nostro sostentamento, e liberaci dai desideri inutili. Sopra ogni cosa donaci il Pane di vita, Parola di Dio e Corpo di Cristo, Mensa eterna preparata per noi e per molti fin dall'inizio dei tempi (CCC, 2861).
Quando diciamo: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", con la parola oggi intendiamo "nel tempo presente", in cui o chiediamo tutte le cose che ci bastano indicandole tutte col termine "pane" che fra esse è la cosa più importante, oppure chiediamo il sacramento dei fedeli che ci è necessario in questa vita per conseguire la felicità non già di questo mondo, bensì quella eterna. (S. Agostino, ibid.).
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Imploro la Tua misericordia, conscio che essa però non può giungere al mio cuore, se non so perdonare anch'io ai miei nemici, sull'esempio e con l'aiuto di Cristo. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono (Mt 5,23) (CCC, 2862).
Quando diciamo: "Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori", richiamiamo alla nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di ricevere questa grazia (S. Agostino, ibid.).
E non ci indurre in tentazione
Non abbandonarci in balìa della strada che conduce al peccato, lungo la quale, senza di Te, saremmo perduti. Tendi la mano e afferraci (cfr Mt 14,24-32), inviaci lo Spirito di discernimento e di fortezza e la grazia della vigilanza e della perseveranza finale (CCC, 2863).
Quando diciamo: "Non c'indurre in tentazione", ci eccitiamo a chiedere che, abbandonati dal suo aiuto, non veniamo ingannati e non acconsentiamo ad alcuna tentazione né vi cediamo accasciati dal dolore (S. Agostino, ibid.).
Ma liberaci dal male
Insieme a tutta la Chiesa Ti prego di manifestare la vittoria, già conseguita da Cristo, sul «principe di questo mondo» che si oppone personalmente a Te e al Tuo disegno di Salvezza, perché Tu possa liberarci da chi tutta la Tua Creazione e tutte le Tue creature ha in odio e tutti vorrebbe veder persi con sé, ingannando i nostri occhi con velenose delizie, fino a che per sempre il principe di questo mondo sarà gettato fuori (Gv 12,31) (CCC, 2864).
Quando diciamo: "Liberaci dal male", ci rammentiamo di riflettere che non siamo ancora in possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste ultime parole della preghiera del Signore hanno un significato così largo che un cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel pronunciarle emette gemiti, versa lacrime, di qui comincia, qui si sofferma, qui termina la sua preghiera (S. Agostino, ibid.).
Amen.
E così sia, secondo la Tua volontà (CCC, 2865).
Chiedete e vi sarà dato
Poi disse loro: "Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli", e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?
Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!" (Lc 11,5-13).
Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora. A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri; le voci dei profeti si uniscono nella lode; la santa Chiesa proclama la tua gloria, adora il tuo unico Figlio e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre, tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo. Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo Sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei santi. Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre. Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato. Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato. Pietà di noi, Signore, pietà di noi. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno.
Te Deum laudamus: te Dominum confitemur. Te aeternum patrem, omnis terra veneratur. Tibi omnes angeli, tibi caeli et universae potestates: tibi cherubim et seraphim, incessabili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt caeli et terra majestatis gloriae tuae. Te gloriosus Apostolorum chorus, te prophetarum laudabilis numerus, te martyrum candidatus laudat exercitus. Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia, Patrem immensae maiestatis; venerandum tuum verum et unicum Filium; Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Tu rex gloriae, Christe. Tu Patris sempiternus es Filius. Tu, ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum. Tu, devicto mortis aculeo, aperuisti credentibus regna caelorum. Tu ad dexteram Dei sedes, in gloria Patris. Iudex crederis esse venturus. Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti.
Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari. Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic hereditati tuae. Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum. Per singulos dies benedicimus te; et laudamus nomen tuum in saeculum, et in saeculum saeculi. Dignare, Domine, die isto sine peccato nos custodire. Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quemadmodum speravimus in te. In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum.
Leggiamo insieme la preghiera per la beatificazione del venerabile Carlo Acutis
O Dio, nostro Padre, grazie per averci dato Carlo, modello di vita per i giovani, e messaggio di amore per tutti. Tu lo hai fatto innamorare del tuo figlio Gesù, facendo dell'Eucaristia la sua “autostrada per il cielo”.
Tu gli hai dato Maria, come madre amatissima, e ne hai fatto col Rosario un cantore della sua tenerezza. Accogli la sua preghiera per noi. Guarda soprattutto ai poveri, che egli ha amato e soccorso.
Anche a me concedi, per sua intercessione, la grazia di cui ho bisogno... E rendi piena la nostra gioia, ponendo Carlo tra i beati della tua Santa Chiesa, perché il suo sorriso risplenda ancora per noi a gloria del tuo nome.