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Preghierina del 17 gennaio 2025

Piccola considerazione

E' arrivato un altro 17. Il 51° da quando sei andato via. Passa il tempo, corre via! Eppure, ogni 17 riviviamo quella giornata. Da allora, nulla è più come prima. Noi non siamo come prima. Il Signore ci dona tutti i giorni la forza di essere dei buoni genitori per Francesca, delle buone persone, ma... quante cose sono cambiate!

La tua perdita è una ferita che squarcia l'anima, un dolore che non conosce limiti e che risuona in ogni angolo della nostra vita. Il mondo ha perso i suoi colori, lasciando spazio a un grigiore che avvolge tutto. La sofferenza è una compagna costante, un'ombra che ci segue anche nei momenti di silenzio, ricordando ciò che non può essere più.

Eppure, nel nostro cuore c’è un filo sottile che resiste: la speranza. Non la speranza di dimenticare, ma quella di ritrovare un significato, una nuova forma di amore che possa onorare il legame eterno con te. Questa speranza si esprime nell'imparare a vivere di nuovo, giorno dopo giorno, con la consapevolezza che il dolore non sparirà, ma potrà trasformarsi in qualcosa di diverso: una forza per continuare, un motore per donare amore agli altri e al mondo, proprio come tu avresti voluto, e come hai sempre fatto nella tua breve vita terrena.

Nulla sarà mai come prima, ma tu sei diventato una guida silenziosa. Nei gesti quotidiani, nelle decisioni, nel modo di guardare la vita, c’è sempre la tua presenza.

La sofferenza e la speranza si intrecciano, creando un nuovo modo di essere: più fragile, ma anche più umano.

La speranza della vita eterna è una promessa che ci riscalda il cuore, un faro di luce nel buio della tua perdita. È il sogno di un amore che non finisce mai, di un legame che continua oltre i confini del tempo e dello spazio. Pensarti in paradiso è immaginarti in un luogo dove il dolore non esiste più, dove le lacrime vengono asciugate e ogni ferita guarisce. È crederti vicino, vivo in una dimensione di pace e gioia, libero dal peso della sofferenza terrena.

Il paradiso non è solo un luogo, ma uno stato dell’essere, una pienezza che supera ogni comprensione umana. È il ricongiungerci con te, ritrovare il tuo sorriso che ci manca, il tuo calore che ci ha lasciati troppo presto. Nel nostro cuore, il paradiso è la certezza che tu Eugenio sei ancora vivo, in una realtà più grande e luminosa, dove la tua anima splende con una bellezza eterna.

Questa nostra fede nella vita eterna non elimina il dolore della separazione, ma lo trasforma. Diventa un dolore intriso di speranza, un’attesa carica di significato. Sapere che un giorno ci abbracceremo senza barriere, che finalmente ti incontreremo e nulla potrà separarci, ci aiuta a camminare nel presente con più coraggio. È un invito a vivere con uno sguardo rivolto all’alto, sapendo che ogni passo sulla terra ci avvicina a quella dimora promessa, dove l’amore trionfa e ogni frammento di vita trova il suo compimento.

E tutta la sofferenza, il dolore e la tristezza non esisteranno più. Il tempo lascerà finalmente lo spazio alla nostra eternità insieme.

Mamma


Beata intraprendenza!

commento al vangelo di oggi, venerdì 17 gennaio 2025, di Mc 2,1-12

Entro nel testo (Mc 2,1-12)

Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”. Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”.

Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.

Gesù e il paralitico

Mi lascio ispirare

Il racconto che ci è stato proposto oggi è tra quelli più sorprendenti e dinamici. Sorprendono l’intraprendenza e la creatività delle quattro persone che trovano la soluzione assai “laterale” al problema di far arrivare il paralitico davanti a Gesù; sorprende anche, almeno i contemporanei del racconto, l’accostamento che Gesù fa tra perdono dei peccati e guarigione fisica.

L’intraprendenza. La suggestione riguarda il mio modo di attivarmi, di mettere in moto la creatività, di non subire passivamente le situazioni di blocco. La vicinanza con Gesù, l’incontro con Lui non solo non spengono e mortificano la creatività, l’elasticità, la capacità di immaginare soluzioni nuove ma, al contrario, le amplificano fornendo motivazioni ed energie nuove. È l’esatto contrario di quanto si pensa nell’immaginario comune del credente medio e di quanto pensa – forse – il credente medio di sé stesso. In una battuta, l’incontro vero con Gesù attiva e stimola e non spegne né mortifica.

L’accostamento tra perdono dei peccati e guarigione fisica. Gesù suggerisce una visione integrale (diremmo noi oggi “olistica”) della persona ribadendo e riproponendo una sapienza che è già presente nella Bibbia di Israele: corpo e spirito si tengono assieme, quando li separiamo si ammalano entrambi. Affermare questa verità dell’essere umano a parole è molto semplice, oggi può risultare anche banale, ma vivere quotidianamente questa realtà è un altro paio di maniche.

Àlzati. Il segno eloquente dell’opera integrante e unificante di Gesù è una postura del corpo e dello spirito insieme: lo stare in piedi, la posizione del risorto. Abbiamo un modo di dire molto bello, “tirati su!”, quando vogliamo incoraggiare una persona che sta giù di morale, psicologicamente o spiritualmente. In piedi, però, portiamo il nostro lettuccio: è il segno della nostra debolezza che non passa! La guarigione e il perdono non ci tolgono la fragilità e la debolezza della nostra umanità ma ci avviano sul sentiero della riconciliazione.

Andrea Piccolo SJ


Preghiamo insieme

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Preghierina del 17 gennaio 2025
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Esauriti!

Esauriti! Quando finisce la forza per andare avanti

Commento al Vangelo del 19 gennaio 2025

Seconda domenica del T.O. anno C

«Bussiamo perché ci apra e c’inebri del vino invisibile.
Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino»

Sant’Agostino, Omelia 8,3

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,1-11
 
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore.

Il coraggio degli sposi

Il famoso sociologo Zygmunt Bauman scriveva che «sposarsi è diventato oggi come imbarcarsi su una zattera fatta di carta di zucchero». Si tratta effettivamente di una scelta molto coraggiosa, perché significa accettare un rischio. Sposarsi vuol dire giocarsi la vita sulla parola di un altro, un altro che può cambiare, che può tradire, che può morire o decidere di andarsene. Si tratta di una rinuncia all’integrità del proprio spazio, lasciando che un altro ti espropri continuamente dalle tue ragioni. La vita coniugale è un continuo essere tirati fuori dalla tentazione di pensare solo a se stessi. C’è sempre un altro che ti ricorda continuamente che non ci sei solo tu.

Sposo dell’umanità

Solo se abbiamo in mente la radicalità del dono che c’è in una relazione coniugale, possiamo comprendere perché Dio si presenti costantemente nella Bibbia come sposo di Israele e sposo dell’umanità. Questa rivelazione è lo scopo anche del testo del Vangelo di Giovanni, che vuole presentarci Gesù come lo Sposo vero, colui che provvede al vino, donando ai commensali un vino eccellente, che è immagine del suo sangue, cioè della sua vita donata per l’umanità.

La crisi

Il vino infatti era venuto a mancare proprio in una festa di nozze. A questa coppia di sposi manca l’essenziale per fare festa. Potremmo pensare che si tratti di una coppia povera, che non aveva sufficienti risorse, ma pensando al contesto culturale dell’epoca, possiamo anche ipotizzare che si tratti di una coppia molto amata e accogliente, alla cui festa tutti hanno voluto partecipare.

E così, quando nella vita doni generosamente tutto quello che hai, alla fine ti ritrovi senza niente. Ma meno male quando accade, perché è proprio questa mancanza che crea l’occasione affinché il Signore possa dare un vino migliore. Sembra comunque che questi sposi non si siano neanche accorti di quello che stava accadendo, non si sono accorti che il vino era finito. A volte viviamo, travolti dagli eventi, senza realizzare quello che sta avvenendo. Ma è incoraggiante pensare che lo sguardo di Maria si posa su questa mancanza, si rende conto della crisi e intercede presso il figlio.

Questo momento non è ancora quello della rivelazione piena di Gesù, che nel vangelo di Giovanni avverrà sulla croce, dove potremo contemplare l’amore di Dio nella sua pienezza, ma è uno di quei momenti in cui Dio ci fa vedere qualcosa di lui. Non è l’Ora suprema, ma è un’ora.

Incomprensibile

In questo testo leggiamo le uniche parole che Maria dice nel Vangelo di Giovanni: fate tutto quello che vi dirà! Parole semplici, ma non facili da vivere, soprattutto perché a volte quello che Gesù ci chiede ci sembra illogico o poco comprensibile. I servi infatti saranno rimasti perplessi davanti alla richiesta di Gesù di riempire le anfore con l’acqua, visto che mancava il vino!

Le sei anfore di pietra richiamano il cuore dell’uomo, indurito e vuoto. Sono anfore usate per le abluzioni, ma sono ormai senz’acqua. Forse sono immagine di un culto che non è più capace di dare vita, come il nostro cuore quando si perde nell’abitudine sterile di una religiosità spenta.

Alla fine del racconto si parla di uno sposo anonimo, non si capisce bene chi sia, perché si allude al fatto che lo sposo è colui che ha dato alla fine il vino migliore.  

Leggersi dentro

  • Che cosa ti sembra che manchi in questo momento nella tua vita?
  • Riesci a fare quello che il Signore ti chiede anche quando non ne comprendi bene il motivo?
Il Vangelo del giorno
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La Parola del 17 gennaio 2025

Leggi e ascolta il Vangelo e la Parola del 17 gennaio 2025

Venerdì della I settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Prima Lettura

Affrettiamoci a entrare in quel riposo.

Dalla lettera agli Ebrei
Eb 4,1-5.11

Fratelli, dovremmo avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto:
«Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo!».
Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: «E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere». E ancora in questo passo: «Non entreranno nel mio riposo!».
Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 77 (78)

R. Proclameremo le tue opere, Signore.

Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore. R.

Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,
perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma custodiscano i suoi comandi. R.

Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio. R.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo. (Lc 7,16)

Alleluia.

Il Vangelo del 17 gennaio 2025

Il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 2,1-12

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». 
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Parola del Signore.

Il Vangelo del giorno
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La Parola del 17 gennaio 2025
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San Giovanni Crisostomo (ca 345-407)

sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Omelie su Matteo, 29, 1-3 (trad. cb© evangelizo)

"Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?"

“Si recarono da lui con un paralitico”. Gli evangelisti raccontano che, fatta un’apertura nel tetto, alcune persone calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico e lo deposero davanti a Cristo, senza chiedere nulla, lasciando che Gesù prendesse l’iniziativa. All’inizio del suo ministero, in tutta la Giudea, era Gesù a fare il primo passo e non esigeva una così grande fede. Ora invece, sono loro ad essere venuti verso di lui e viene chiesta loro una fede coraggiosa e viva. “Gesù, vista la loro fede” dice il vangelo, la fede cioè di coloro che avevano portato il paralitico. (...) Anche il malato aveva una grande fede, poiché non si sarebbe lasciato trasportare se non si fosse fidato di Gesù. Davanti a tanta fede, Gesù mostra la sua potenza e, con autorità divina, perdona i peccati del malato, dando così una prova della sua uguaglianza col Padre. Aveva già mostrato tale uguaglianza quando aveva guarito il lebbroso dicendo: “Lo voglio, guarisci”, quando aveva placato il mare scatenato e quando aveva cacciato i demoni che avevano riconosciuto nella sua persona il loro sovrano e il loro giudice. (...) Ora, la mostra prima senza gloria: infatti non si è affrettato a guarire esternamente colui che gli era stato presentato. Ha cominciato con un miracolo invisibile; ha guarito prima l’anima di quell’uomo perdonandogli i peccati. Certo, questa guarigione era infinitamente più vantaggiosa per quell’uomo, ma portava poca gloria a Cristo. Allora, spinti dalla loro malvagità, alcuni hanno voluto nuocergli; ma così facendo, loro malgrado, hanno reso il miracolo più lampante.

PAROLE DEL SANTO PADRE

Gesù spalanca le braccia ai peccatori. Quanta gente perdura anche oggi in una vita sbagliata perché non trova nessuno disponibile a guardarlo o guardarla in modo diverso, con gli occhi, meglio, con il cuore di Dio, cioè guardarli con speranza. Gesù invece vede una possibilità di risurrezione anche in chi ha accumulato tante scelte sbagliate. Gesù sempre è lì, con il cuore aperto; spalanca quella misericordia che ha nel cuore; perdona, abbraccia, capisce, si avvicina: così è Gesù!

A volte dimentichiamo che per Gesù non si è trattato di un amore facile, a poco prezzo. I vangeli registrano le prime reazioni negative nei confronti di Gesù proprio quando lui perdonò i peccati di un uomo (cfr Mc 2,1-12). Era un uomo che soffriva doppiamente: perché non poteva camminare e perché si sentiva “sbagliato”. E Gesù capisce che il secondo dolore è più grande del primo, tanto che lo accoglie subito con un annuncio di liberazione: «Figlio, ti sono perdonati i peccati!» (v. 5). Libera quel senso di oppressione di sentirsi sbagliato. (…) Noi che siamo abituati a sperimentare il perdono dei peccati, forse troppo “a buon mercato”, dovremmo qualche volta ricordarci di quanto siamo costati all’amore di Dio. Ognuno di noi è costato abbastanza: la vita di Gesù! (Udienza generale, 9 agosto 2017)