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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Mi lascio ispirare
«A chi parli, Signore? Parli con me, Padre?»
A volte la tua Parola è dura, sembra non riguardare la mia vita. È distante, fredda, grigia. Ma è la tua Parola distante oppure è il mio cuore ad averle chiuso la porta?
Provo a tirare il chiavistello, provo girare la chiave e socchiudere di qualche millimetro le ante della porta del cuore: cosa c’è dall’altra parte?
La paura che tu mi chieda indietro tutto l’amore che ricevo, come fosse un debito da ripagare con tanto di interessi, con dolore e sofferenza. Una paura che mi tiene a porte chiuse di fronte alla tua Parola, di fronte al tuo dono più bello, quello che doni senza fine: l’Amore.
Ma è davvero così? L’Amore che ci doni di vivere e sperimentare va ripagato con interessi in negativo, con dolore e sofferenza? È questo il tuo «molto sarà richiesto» che così tanto spaventa?
Apro un po’ di più la porta e mi accorgo che la tua voce mi raggiunge con altre parole. Il tuo sorriso splende di gratuità: come potresti chiedere il buio in cambio della luce, dolore in cambio di amore?
Ascolto la tua voce e tutto diventa leggero e liberante. Finalmente capisco: Amore chiama amore. Solo questo mi chiedi. Come potrei averne paura?
Leggi e ascolta la favola de "il piccolo seme e il grande albero"
C'era una volta, in un piccolo giardino, un minuscolo seme. Era così piccolo che sembrava un puntino nero sulla terra soffice. Il seme sognava di diventare grande e forte, come gli alberi che vedeva allungarsi verso il cielo.
"Un giorno sarò come loro!" pensava il seme, pieno di speranza. Ma per ora, doveva aspettare e avere pazienza.
Passarono i giorni, le settimane e le stagioni. Il seme dormì sotto la neve, si rinfrescò con la pioggia e si riscaldò al sole. Poi, una mattina, sentì una forza strana che lo spingeva verso l'alto. Era arrivato il momento di crescere!
Con grande sforzo, il seme spinse la terra e uscì fuori. Era una piccola piantina, con due foglioline verdi e un fusto delicato. All'inizio, il vento la faceva ondeggiare e gli animali del giardino la calpestavano. Ma la piantina non si arrese. Ogni giorno, beveva l'acqua della pioggia e si nutriva della luce del sole.
Gli anni passarono e la piantina diventò un albero forte e robusto. Le sue radici si erano affondate profondamente nel terreno, il suo tronco era diventato largo e le sue foglie erano diventate tante e folte. L'albero offriva ombra agli animali, un nido agli uccelli e frutti succosi ai bambini.
Un giorno, un vecchio saggio si sedette all'ombra dell'albero e disse: "Vedi, piccolo seme, i tuoi sogni si sono avverati. Sei diventato un grande albero, utile e bello. Ma ricorda, la forza di un albero non sta solo nella sua grandezza, ma anche nelle sue radici, che lo tengono saldo alla terra".
E così, il piccolo seme che un tempo sognava di diventare grande, imparò che la vera forza sta nella pazienza, nella perseveranza e nel saper affrontare le difficoltà.
Cosa possiamo imparare da questa storia?
I sogni si realizzano con la pazienza e lo sforzo.
Anche dalle piccole cose possono nascere grandi cose.
È importante avere delle radici forti, ovvero dei valori e dei principi a cui aggrapparsi.
Questa mattina ho preso mio nipote per mano e abbiamo camminato su una via fuori dal caos delle macchine.
- Nonna dove andiamo?
- Dove puoi parlare col nonno.
- Ma il nonno è morto.
- Questo non significa che tu non possa incontrarlo.
Sul momento mio nipote non mi ha capita, mi ha stretto la mano più forte come se volesse consolarmi, ma io non ne avevo nessun bisogno.
Quando siamo arrivati in un campo, appena un po' oltre le solite vie conosciute, mio nipote ha ribadito:
- Il nonno è morto!
Allora ho raccolto un soffione, uno dei tanti che crescevano nelle erbacce di quel campo, e l'ho avvicinato al suo piccolo naso e alla sua minuscola bocca.
- Soffia.
Gli ho chiesto di soffiare e lui l'ha fatto, l'aria si è riempita della luce, del profumo, dell'atmosfera e dell'emozione di quel fiore.
- Vedi! Ciò su cui hai soffiato si è sparpagliato nell'aria, non ha sofferto staccandosi da se stesso, dissipandosi. Adesso nasceranno altri fiori, la vita prenderà un altra forma e anche tu ne farai parte perché hai soffiato su quel fiore e hai reso possibile la sua libertà.
- Ma il nonno dov'è?
- Il nonno è la tua libertà perché quando è nata la mamma lui era il soffione e la mamma è il frutto ... il frutto di uno dei suoi voli verso la libertà. Perciò il nonno è dentro di te, devi solo trovarlo nelle cose che ami.
Io lo trovo nei soffioni, ogni volta che ne libero uno gli dedico un pensiero. E qualche volta gli dedico la musica della nostra canzone, quella che ballavamo da giovani.
- Anche io e il nonno avevamo una canzone, posso soffiare di nuovo?
Così abbiamo liberato circa 10 fiori, alla fine il nonno era dentro 10 dei nostri pensieri più felci.
Perciò direi che si può insegnare ai bambini che parlare con chi non c'è più non è una leggenda ma un bisogno che si chiama Amore.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Paolo, l'autore della lettera alla Chiesa di Roma, ha spesso incoraggiato i suoi credenti in mezzo alle persecuzioni e alle avversità che stavano vivendo. La prima metà della lettera di Paolo corregge alcuni dei loro pensieri, mentre la seconda metà si concentra sul loro carattere e sulle loro azioni.
In Romani 12, Paolo incoraggia i credenti a lasciare che l'amore sia la motivazione principale per tutto ciò che fanno. Quando l'amore è il fondamento di ciò che sono, allora Dio può rinnovare e trasformare ogni area della vita. Quando permettono a Dio di trasformare il loro carattere, è allora che sono in grado di essere gioiosi nella speranza, pazienti nell'afflizione e fedeli nella preghiera.
I cristiani hanno una speranza unica in Gesù: sappiamo che Gesù è vittorioso sul male e un giorno tornerà per sistemare tutto. Ciò significa che possiamo avere speranza in mezzo a sofferenze o tempi difficili.
Paolo sapeva che l'afflizione produce in noi un carattere saldo. Quando scegliamo di sopportare la sofferenza, Gesù forma in noi una forza e una fiducia che altrimenti non potremmo ottenere.
La perseveranza attraverso l'afflizione richiede, però, anche una comunicazione costante con Colui che ci trasforma attraverso il Suo amore. La preghiera è una parte vitale di questo. È il modo principale in cui comunichiamo con Dio, ed è anche parte di come lo Spirito Santo ci rafforza per seguire Gesù.
Queste tre cose creano dentro di noi un carattere più forte nella vita. Ci plasmano a immagine di Gesù che era gioioso nella speranza, paziente nella sofferenza e fedele nella preghiera. Quindi oggi, prenditi del tempo per pensare ad alcuni modi in cui puoi diventare più simile a Gesù in queste aree.
Udienza Generale del 23 ottobre 2024 di Papa Francesco
Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza.
10. “Lo Spirito dono di Dio”. Lo Spirito Santo e il sacramento del matrimonio
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Abbiamo spiegato la volta scorsa ciò che, dello Spirito Santo, proclamiamo nel credo. La riflessione della Chiesa, però, non si è fermata a quella breve professione di fede. Essa è proseguita, sia in Oriente che in Occidente, per opera di grandi Padri e Dottori. Oggi, in particolare, vorremmo raccogliere qualche briciola della dottrina dello Spirito Santo sviluppatasi nella tradizione latina, per vedere come essa illumini tutta la vita cristiana e in modo particolare il sacramento del matrimonio.
L’artefice principale di tale dottrina è sant’Agostino, che ha Leggi altro..
Il mistero di Cristo è stato manifestato: le genti sono chiamate a condividere la stessa eredità.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Ef 3,2-12
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Is 12,2-6
R. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza.
Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. R.
Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere, fate ricordare che il suo nome è sublime. R.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Canta ed esulta, tu che abiti in Sion, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. (Mt 24,42a.44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Beato l'amministratore fedele che distribuisce la razione di grano
Se ci chiediamo quale è questa razione di grano, san Paolo ce lo indica: "E' la misura di fede che Dio ci ha dato" (Rm 12,3). Ciò che Cristo chiama misura di grano, Paolo lo chiama misura di fede per insegnarci che non c'è altro grano spirituale che il venerabile mistero della fede cristiana. Questa misura di grano ve la diamo a nome del Signore ogni volta che, illuminati dai doni spirituali della grazia, vi parliamo secondo la regola della vera fede. Questa misura voi la ricevete dai servi del Signore ogni giorno in cui sentite dalla bocca dei servi di Dio la parola di verità. Sia il nostro cibo, questa misura di grano che Dio ci distribuisce. Traiamone l'alimento della nostra buona condotta per giungere alla ricompensa della vita eterna. Crediamo in colui che si dona lui stesso a noi come cibo perché non erriamo nel cammino, e che si riserva di essere nostra ricompensa per trovare gioia nella patria. Crediamo e speriamo in lui; amiamolo sopra ogni cosa e in ogni cosa. Poiché Cristo è nostro cibo e sarà nostra ricompensa. Cristo è cibo e riconforto dei viandanti in cammino; è la sazietà e l'esultanza dei beati nel loro riposo.
PAROLE DEL SANTO PADRE
Il Vangelo (…) (Lc 12,32-48) ci parla del desiderio dell’incontro definitivo con Cristo, un desiderio che ci fa stare sempre pronti, con lo spirito sveglio, perché aspettiamo questo incontro con tutto il cuore, con tutto noi stessi. Questo è un aspetto fondamentale della vita. C’è un desiderio che tutti noi, sia esplicito sia nascosto, abbiamo nel cuore, tutti noi abbiamo questo desiderio nel cuore. Anche questo insegnamento di Gesù è importante vederlo nel contesto concreto, esistenziale in cui Lui lo ha trasmesso. In questo caso, l’evangelista Luca ci mostra Gesù che sta camminando con i suoi discepoli verso Gerusalemme, verso la sua Pasqua di morte e risurrezione, e in questo cammino li educa confidando loro quello che Lui stesso porta nel cuore, gli atteggiamenti profondi del suo animo. Tra questi atteggiamenti vi sono il distacco dai beni terreni, la fiducia nella provvidenza del Padre e, appunto, la vigilanza interiore, l’attesa operosa del Regno di Dio. Per Gesù è l’attesa del ritorno alla casa del Padre. Per noi è l’attesa di Cristo stesso, che verrà a prenderci per portarci alla festa senza fine, come ha già fatto con sua Madre Maria Santissima: l’ha portata al Cielo con Lui. (Angelus, 11 agosto 2013)