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Preghierina del 10 febbraio 2024

Leggi e ascolta la nostra preghierina del 10 febbraio 2024

Il perdono conta. Ecco perché...

Uno degli esempi biblici più profondi sul perdono si trova in una storia che Gesù raccontò a proposito di un re che voleva saldare i debiti nei suoi confronti. Un uomo doveva al re molti soldi che non poteva restituire, ma il re ebbe pietà di lui e condonò il debito.

In seguito, il debitore perdonato incontrò qualcuno che gli doveva un piccolo debito, e, invece di mostrare misericordia e perdono, mandò l'uomo in prigione finché il debito non fosse ripagato. Quando il re venne a sapere di questo, si indignò per l'ipocrisia e fece arrestare il debitore perdonato.

Se siamo onesti con noi stessi, probabilmente riconosciamo che in qualche modo facciamo parte di questa storia. Quante volte scegliamo di non perdonare qualcuno mentre riceviamo felicemente il perdono che Dio ci offre?

Tutti abbiamo commesso degli errori. Ci siamo tutti ribellati contro Dio. E tutte le trasgressioni sono contrarie alle vie di Dio. Alcuni peccati hanno conseguenze più grandi, ma ogni errore ci fa scivolare al di sotto della perfezione di Dio.

Il perdono non cancella necessariamente il dolore causato, ma ci aiuta a guarire e ad andare avanti. Non conosceremo mai l'intera storia di qualcun altro. Non sempre capiremo quali esperienze influenzano le sue decisioni, ecco perché l'empatia è importante.

Mostrare empatia richiede il mettersi nella posizione delle persone che ci hanno offeso e scegliere di capire i loro pesi. Questo è ciò che Gesù fece quando venne sulla terra, sperimentò come fosse essere umani e poi prese i nostri peccati su di Sé quando morì per noi. Anche se tutti abbiamo sbagliato nei Suoi confronti, Egli ha rinunciato alla Sua vita per perdonarci e salvarci.

Le Scritture non ci chiedono di fare qualcosa che Gesù non ha già fatto per noi. E le Scritture dicono anche che, con la misura con cui perdoniamo, saremo perdonati (Matteo 6:14-15). Quindi se vogliamo veramente sperimentare il perdono di Dio, allora dobbiamo estendere il perdono agli altri, anche quando non possiamo dimenticare quello che hanno fatto.

C'è qualcuno a cui stai negando il perdono? Chiedi a Dio di mostrarti chi devi perdonare. Quindi, permetti a Dio di spostare la tua prospettiva e ammorbidire il tuo cuore verso quella persona. Lascia che Egli ti dia la forza e l'empatia di cui hai bisogno per perdonare.

Quotidiani miracoli

commento al Vangelo di oggi di Mc 8,1-10, a cura di Ilaria Zipponi

There can be miracle, when you believe,
though hope is frail, itʼs hard to kill.
Who knows what miracles you can achieve?
When you believe, somehow you will,
you will when you believe.

Può accadere un miracolo, quando ci credi,
la fede, pur fragile, è difficile da uccidere.
Chissà quale miracolo puoi raggiungere!
Quando ci credi, in qualche modo saprai,
saprai, quando ci credi.

Mariah Carey, Whitney Houston, When you believe

Entro nel testo (Mc 8,1-10)

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».

Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Mi lascio ispirare

Fino alla fine non sappiamo che Gesù sta compiendo un miracolo: lo scopriamo solo dopo, è solo alla fine che capiamo la grandezza del gesto che ha compiuto («erano circa quattromila»). Forse i miracoli, anche quelli a cui assistiamo nella nostra vita quotidiana, fanno questo effetto: la sorpresa e lo stupore sono tali da far sì che ci accorgiamo solo alla fine, o addirittura a posteriori, di una cosa incredibile che è successa.

Ma come arriva Gesù al miracolo? Gesù prova compassione, è questo il sentimento che lo muove e che lo porta al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. La compassione che Gesù sente verso la folla, come ci ricorda anche il suo significato etimologico, vuol dire che Gesù soffre con loro, come loro, prova la loro stessa sofferenza.

Siamo di fronte a un Gesù umano che è capace di soffrire con noi, come noi, di provare le nostre stesse sofferenze. Questo perché Gesù probabilmente si trovava nella stessa situazione in cui si trovava la folla che lo seguiva, a digiuno da tre giorni, ma riesce a superare l’indifferenza che la fatica avrebbe potuto generare in lui facendosi muovere – commuovere – dalla sofferenza degli altri. E forse anche noi, nella nostra quotidianità, se siamo in grado di vincere l’indifferenza e di lasciarci muovere dalla compassione ci possiamo avvicinare un po’ di più a Dio, essere un po’ più simili a lui e al suo modo di amare, e arrivare a poter compiere miracoli quotidiani.

Gesù poi, prima di spezzare i pani e di moltiplicarli, rende grazie e recita la benedizione: altro sentimento, la gratitudine, che può rendere il terreno fertile perché anche noi possiamo compiere miracoli quotidiani. Riconoscere, anche nei momenti di miseria e di carestia, in mezzo al deserto, che ci sono sempre motivi per cui rendere grazie è forse già un miracolo in sé.

Ilaria Zipponi

Ascoltiamo insieme

Preghierina
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Preghierina del 10 febbraio 2024
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Capodanno lunare del drago

Leggi e ascolta la fiaba sul "Capodanno lunare del drago"

Oggi si festeggia il Capodanno lunare del drago

Il Capodanno lunare del drago è una festa molto importante per la cultura cinese e per altri paesi asiatici. Si celebra il primo giorno del nuovo anno lunare, che quest'anno cade il 10 febbraio 2024.

Il drago è l'unico animale immaginario dello zodiaco cinese e simboleggia la rivoluzione e il successo.

La festa dura 16 giorni e prevede sfilate, danze, petardi, lanterne e banchetti in famiglia. Tra i piatti tipici ci sono gli involtini primavera, che rappresentano la ricchezza e la prosperità, e il pesce al vapore, che simboleggia l'abbondanza. Durante il Capodanno lunare si scambiano anche le buste rosse con il denaro, chiamate hongbao, come segno di buona fortuna .

Leggiamo insieme

Il Capodanno lunare è una festa tradizionale che si celebra in molti paesi asiatici, come la Cina, il Vietnam, la Corea e il Giappone. È il giorno in cui si saluta l'anno vecchio e si accoglie quello nuovo, secondo il calendario lunare. Ogni anno è associato a uno dei dodici animali dello zodiaco cinese, e quest'anno è l'anno del drago.

Il drago è un simbolo di forza, potere, saggezza e fortuna. Nella cultura cinese, si dice che il drago sia il sovrano dei cieli e dei mari, e che possa controllare il clima e le stagioni. Il drago è anche un amico degli esseri umani, e li protegge dai pericoli e dalle calamità. Per questo motivo, molte persone venerano il drago e gli offrono doni e preghiere.

La fiaba che vi voglio raccontare parla di un bambino di nome Li, che viveva in un piccolo villaggio ai piedi di una montagna. Li era molto curioso e coraggioso, e amava esplorare i dintorni del suo villaggio. Un giorno, mentre stava passeggiando nel bosco, si imbatté in una grotta nascosta tra le rocce.

Li decise di entrare nella grotta per vedere cosa nascondesse. Dentro la grotta, c'era un enorme tesoro di monete d'oro, perle, gioielli e oggetti preziosi. Li rimase a bocca aperta davanti a tanta ricchezza. Ma non si accorse che nella grotta c'era anche qualcun altro: un drago addormentato.

Capodanno lunare del drago, il bimbo ed il drago

Il drago era il guardiano del tesoro, e si svegliava solo una volta all'anno, nel giorno del Capodanno lunare. Era un drago buono e generoso, che condivideva il suo tesoro con chi ne aveva bisogno. Ma non tollerava che qualcuno cercasse di rubarglielo o di ingannarlo. Li non sapeva nulla di questo, e fu tentato di prendere qualcosa dal tesoro per portarlo a casa sua. Così, scelse una moneta d'oro e la mise nella sua tasca. Ma appena lo fece, il drago aprì gli occhi e ruggì furiosamente.

Li si spaventò a morte e cercò di scappare dalla grotta. Ma il drago lo raggiunse in un attimo e lo afferrò con la sua coda. Poi lo portò davanti al suo tesoro e gli chiese:

  • Chi sei tu? E perché hai cercato di rubarmi la mia moneta?

Li tremava dalla paura e balbettò:

  • Mi… mi chiamo Li… sono un bambino del villaggio… non volevo rubarti… volevo solo vedere…

Il drago lo guardò con sospetto e disse:

  • Non credo alle tue bugie. Sai bene che questo è il mio tesoro, e che nessuno può toccarlo senza il mio permesso. Ora devi pagare per il tuo errore.

Li implorò il drago di perdonarlo e di lasciarlo andare. Gli disse che era povero e che aveva una famiglia da sfamare. Gli disse che era il giorno del Capodanno lunare, e che voleva tornare a casa per festeggiare con i suoi cari.

Il drago ascoltò le parole di Li e si commosse. Si rese conto che Li era solo un bambino innocente, che aveva agito per curiosità e non per malizia. Così, decise di dargli una seconda chance. Gli disse:

  • Va bene, ti perdono. Ma a una condizione: devi restituirmi la mia moneta d'oro.

Li accettò subito la condizione e tirò fuori la moneta dalla sua tasca. Ma quando la restituì al drago, si accorse che la moneta era diventata una caramella.

Il drago sorrise e disse:

  • Questa è la mia sorpresa per te. Ti ho trasformato la moneta in una caramella, perché so che ti piacciono i dolci. Puoi tenerla per te, o condividerla con chi vuoi. Ma ricordati: non devi mai più entrare nella mia grotta, né toccare il mio tesoro. Altrimenti, non sarò così clemente.

Li ringraziò il drago per la sua gentilezza e la sua generosità. Poi, corse fuori dalla grotta e tornò al suo villaggio. Lì, raccontò a tutti la sua avventura e mostrò la caramella che il drago gli aveva regalato. Tutti rimasero stupiti e ammirati dal coraggio di Li e dalla bontà del drago. Li condivise la caramella con i suoi amici e la sua famiglia, e festeggiò il Capodanno lunare con gioia e gratitudine.

Questa è la fiaba che vi ho raccontato. Spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto sognare.

Vi auguro un felice anno del drago, pieno di salute, fortuna e prosperità. A presto!

Ascoltiamo insieme

Le favole della buonanotte
Le favole della buonanotte
Capodanno lunare del drago
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Santa Scolastica

Santa Scolastica, Vergine, sorella di San Benedetto

“Potè di più colei che amò di più”

La sfida fu con Benedetto da Norcia, e a vincerla fu sua sorella gemella, Scolastica, consacrata al Signore fin dalla più tenera età. Vissuta nell’ombra del fratello, padre del monachesimo occidentale, fu fedele interprete della sua Regola.

Scolastica, prima monaca benedettina, vissuta - si presume - tra il 480 e il 543, nativa di Norcia, fu docilissima scolara di Benedetto nell’apprendere la sapienza del cuore, a tal punto da vincere il suo maestro, come tramanda San Gregorio Magno nei suoi Dialoghi, unico testo di riferimento con pochi accenni alla vita di questa Santa, dove si racconta in particolare un episodio, che ne rivela la spiccata personalità umana e la profondità spirituale.

La scelta religiosa sulle orme del fratello

Secondo quanto riportato, Scolastica, figlia di Eutropio, discendente dell’antica famiglia senatoriale romana degli Anicii e di Claudia morta subito dopo il parto gemellare, fu mandata all’età di 12 anni a Roma, assieme al fratello, restando entrambi profondamente turbati per la vita dissoluta che si conduceva in quella città.

Benedetto per primo si ritirò in eremitaggio mentre Scolastica, rimasta erede del patrimonio familiare, rivelando distacco dai bene terreni, chiese al padre di potersi dedicare alla vita religiosa, entrando prima in un monastero vicino Norcia e poi trasferendosi a Subiaco, seguendo il fratello che aveva fondato l’Abbazia di Montecassino.

Qui, a soli 7 chilometri di distanza, fondò il monastero di Piumarola, dove assieme alla consorelle seguì la Regola di san Benedetto, dando origine al ramo femminile dell’Ordine Benedettino.

La regola del silenzio

Scolastica era solita raccomandare di osservare la regola del silenzio, e di evitare la conversazione con persone estranee al monastero, anche se visitatori devoti.

Soleva ripetere: “Tacete o parlate di Dio, poiché quale cosa in questo mondo è tanto degna da doverne parlare?

E di Dio, Scolastica ama parlare soprattutto con il fratello Benedetto, con il quale s’incontra una volta l’anno. Luogo di questi colloqui spirituali è una casetta a metà strada tra i due monasteri.

Il miracolo che sfida Benedetto

Gregorio racconta che nell’ultimo di questi incontri, datato il 6 febbraio del 543, poco prima della sua morte, Scolastica domandò al fratello di protrarre il colloquio fino al mattino seguente, ma Benedetto si oppose per non infrangere la Regola.

Scolastica implorò allora il Signore di non far partire il fratello, scoppiando in un pianto dirotto: subito dopo un inaspettato e violento temporale costrinse Benedetto a restare, cosicché i due fratelli conversarono tutta la notte. Da annotare che la prima reazione di Benedetto all’improvviso acquazzone fu di contrarietà: “Dio onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?” E Scolastica rispose: “Vedi, io ti ho pregato, ed egli mi ha esaudita.

Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero”. E’ una rivincita della sorella che non poté dispiacere all’amatissimo fratello, poiché proprio lui le aveva insegnato a rivolgersi nelle difficoltà a Colui cui tutto è possibile. Ecco spiccare le doti femminili di Scolastica, la dolcezza, la costanza e anche l’audacia per ottenere ciò che desidera ardentemente.  

Nella vita e nella morte uniti in Dio

Tre giorni dopo questo incontro – secondo il racconto di Gregorio – Benedetto ebbe notizia della morte della sorella da un segno divino: vide l'anima della sorella salire in Cielo sotto forma di colomba bianca.

Volle quindi seppellirla nella tomba che aveva predisposto per sé e dove sarà anche lui sepolto, poco tempo dopo. “Come la mente loro sempre era stata unita in Dio, nel medesimo modo i corpi furono congiunti in uno stesso sepolcro”.

Chi giunge oggi – dopo quindici secoli di storia – alla maestosa abbazia di Montecassino, vivrà l’emozione di trovarsi davanti alla tomba dei Santi fratelli, che stanno all'origine di una numerosa sequela di cercatori di Dio.

La Parola del 10 febbraio 2024

Leggi e ascolta il Vangelo e La Parola del 10 febbraio 2024

Sabato della V settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Prima Lettura

Geroboàmo preparò due vitelli d'oro: ne collocò uno a Betel e l'altro lo mise a Dan.

Dal primo libro dei Re
1Re 12,26-32.13,33-34

In quei giorni, Geroboàmo, [re d’Israele], pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboàmo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboàmo, re di Giuda». 

Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.

Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboàmo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture.

Geroboàmo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboàmo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 105 (106)

R. Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.

Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. R.
 
Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba. R.
 
Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso. R.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. (Mt 4,4b)

Alleluia.

Il Vangelo del 10 febbraio 2024

Mangiarono a sazietà.

Dal Vangelo secondo Marco 
Mc 8,1-10

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 

Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».

Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.

Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
 
Parola del Signore.

Baldovino di Ford (?-ca 1190)

abate cistercense, poi vescovo

Il Sacramento dell'altare, II, 1; SC 93, 131 (trad. cb© evangelizo)

"Presi quei sette pani, rese grazie, li spezzò"

Gesù spezzò il pane. Se non avesse spezzato il pane, come le briciole sarebbero potute giungere fino a noi? Egli l'ha spezzato e l'ha distribuito, «l'ha disperso e dato ai poveri» (Sal 112,9 Vg). L'ha spezzato per grazia per spezzare la collera del Padre e la propria collera.

Dio l'aveva detto: ci avrebbe spezzati, se il suo Unico, «suo eletto, non fosse stato sulla breccia di fronte a lui, per stornare la sua collera dallo sterminio» (Sal 106,23). È stato davanti a Dio e l'ha placato; grazie alla sua forza indefettibile, è rimasto in piedi, senza essere spezzato. Invece lui, volontariamente, ha spezzato, ha offerto la sua carne, spezzata dalla sofferenza. Lì, ha «spezzato le saette dell'arco» (Sal 76,4), «ha spezzato la testa al Leviatàn», cioè a tutti i nostri nemici, nella sua collera. In questo modo ha spezzato, in un certo modo, le tavole della prima alleanza, affinché non fossimo più sotto la Legge.

Così ha spezzato tutto ciò che ci spezzava, per riparare in noi quanto era stato spezzato e per «rimandare liberi gli oppressi» (Is 58,6). Infatti eravamo «prigionieri della miseria e dei ceppi» (Sal 107,10). Buon Gesù, oggi ancora, sebbene tu abbia spezzato la tua collera, spezzato il pane per noi, poveri mendicanti, noi abbiamo ancora fame.

(...) Spezza dunque ogni giorno questo pane per coloro che hanno fame. Infatti oggi e ogni giorno, raccogliamo alcune briciole, e ogni giorno abbiamo di nuovo bisogno del nostro pane quotidiano. «Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano» (Lc 11,3). Se tu non lo darai, chi lo darà?

Nella nostra indigenza e nel nostro bisogno, non c'è nessuno che possa rompere il pane per noi, nessuno che possa nutrirci, nessuno che possa ridarci forza, nessuno se non tu, o nostro Dio. In ogni consolazione che ci mandi, raccogliamo le briciole del pane che spezzi per noi e gustiamo «quanto è buona la tua misericordia» (Sal 109,21 Vg).

PAROLE DEL SANTO PADRE

Gesù ci insegna ad anteporre le necessità dei poveri alle nostre.

Le nostre esigenze, pur legittime, non saranno mai così urgenti come quelle dei poveri, che non hanno il necessario per vivere. Noi parliamo spesso dei poveri, ma quando parliamo dei poveri, sentiamo che quell’uomo, quella donna, quei bambini non hanno il necessario per vivere”?

Quante volte noi ci voltiamo da un’altra parte pur di non vedere i fratelli bisognosi! E questo guardare da un’altra parte è un modo educato per dire, in guanti bianchi, ‘arrangiatevi da soli’. E questo non è di Gesù: questo è egoismo…

Quei pochi pani e pesci, condivisi e benedetti da Dio, bastarono per tutti. E attenzione: non è una magia, è un ‘segno’! Un segno che invita ad avere fede in Dio, Padre provvidente, il quale non ci fa mancare il ‘nostro pane quotidiano’, se noi sappiamo condividerlo come fratelli!” (Angelus, 3 agosto 2014)