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Leggi la storia completa di San Luigi Gonzaga

Nascita

Luigi nasce il 9 marzo 1568, con un parto difficile, nel castello di famiglia a Castiglione delle Stiviere (MN), primo di sette figli; è battezzato il 20 aprile.

I suoi genitori – Ferrante Gonzaga e Marta Tana di Sàntena, piemontese – si sono conosciuti alla corte di Filippo II e si sono sposati a Madrid il 15 novembre 1566, secondo le norme del concilio di Trento.

Luigi non era solo un paggetto grazioso e fragile, orante e penitente, ma un giovane intelligente, ricco di sensibilità e di forza, per reagire all’eredità dei Gonzaga: avarizia, insensibilità, sete di potere.

Il secolo di Luigi è segnato dall’eresia di Lutero e Calvino. La “nuova era di rigenerazione” (Vasari) convive con materialismo e razionalismo; operano Raffaello e Michelangelo, Ariosto e Tasso; risuonano le note di Monteverdi e di Pier Luigi da Palestrina.

Ferrante è fiero del suo erede. La madre, donna di cultura e di fede, lo educa alla preghiera e alla carità. Luigi cresce vispo e birichino. Il padre gli regala un’armaturina leggera e lui nel 1573, a Casalmaggiore, fa l’ufficiale e spara il cannone.

Nel 1577-78, insieme al fratello Rodolfo, Luigi passa col padre a Bagni di Lucca ed è poi accolto alla corte di Francesco de’ Medici a Firenze. Fa progressi in latino e spagnolo. Nel giardino di Palazzo Pitti gioca con le principessine Eleonora, Anna e Maria.

Firenze

Ma Firenze matura Luigi: davanti alla santissima Annunziata si consacra alla Madonna. Nel 1579 Ferrante, eletto principe del Sacro Romano Impero, preferisce che i figli rientrino a Castiglione, ove Luigi, il 22 luglio 1580, riceve la prima comunione dal cardinale Carlo Firenze. Ormai la vita di Luigi segue gli Esercizi spirituali di S. Ignazio.

Madrid

Nel 1581 si recò a Madrid per due anni, come paggio di corte (il padre era al servizio di Filippo II di Spagna); qui la sua vocazione si precisa. Il 29 marzo 1583 terrà un suo discorsetto in latino davanti al re. Ma il 15 agosto 1583, davanti alla Madonna del Buon Consiglio nella chiesa del collegio della Compagnia di Gesù, Luigi è certo che il Signore lo vuole gesuita.

Marta è contenta. Ferrante oppone grosse difficoltà. Luigi è convinto, ma accetta di rimandare la decisione al ritorno in Italia.

Nel 1584, a Castiglione, Luigi scappa da casa, scrive al Padre generale Acquaviva; finalmente Ferrante cede, e il 2 novembre 1585, Luigi firma a Mantova l’atto di rinunzia al marchesato.

Roma

Arriva a Roma: forse il 20 novembre 1585. Suo cugino, monsignor Scipione Gonzaga, lo ospita nel palazzetto di via della Scrofa 117 (dal 9 novembre 1991, una lapide ne ricorda il passaggio). Da una lettera di Ferrante, sappiamo che Luigi il 23 novembre fu ricevuto da Pp Sisto V (Felice Peretti, 1585-1590), poi il lunedì 25 entrò nel noviziato di S. Andrea al Quirinale.

Napoli

Dopo un breve soggiorno a Napoli per ragioni di salute, Luigi è trasferito al Collegio Romano per concludere gli studi di filosofia. Il 25 novembre 1587, nella cappella del quarto piano, pronuncia i primi voti religiosi. Spesso pregherà nella chiesa dell’Annunziata (poi assorbita nella vasta chiesa di S. Ignazio).

Luigi passa alla teologia, domanda le missioni dell’India. Nel 1588 riceve gli ordini minori in S. Giovanni in Laterano. Il 12 settembre 1589, su consiglio di Padre Bellarmino e di Padre Acquaviva, Luigi va a riappacificare suo fratello Rodolfo (al quale ha ceduto i propri diritti di primogenito) con il duca di Mantova.

Obiettivo raggiunto: Luigi si muove bene anche in politica, anche se la sua salute è fragile (e le severe penitenze certamente non lo aiutano).

Nel febbraio 1591 scoppia a Roma un’epidemia di tifo petecchiale che uccise migliaia di persone inclusi i papi Urbano VII (Giovanni Battista Castagna) e Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati). Luigi Gonzaga, insieme a Camillo de Lellis ed alcuni confratelli, si impegnò a supportare i contagiati dalle conseguenze dell’epidemia.

Malato da tempo, dovette dedicarsi solo ai casi non contagiosi, ma il 3 marzo,  trovato in strada un appestato, se lo caricò in spalla e lo portò all’ospedale della Consolazione.

Subito un febbrone lo avvolge e lo avvia alla morte, vero “martire di carità“. L’ultima commovente lettera alla madre (10 giugno) lo rivela carico di fede.

Il 21 giugno 1591, Luigi ha maturato un grande ideale, “giunge a riva di tutte le sue speranze“.

Il suo corpo è tumulato nella chiesa di S. Ignazio a Roma, nello splendido altare barocco di Andrea Pozzo e Pierre Legros, mentre il suo cranio è conservato nella basilica a lui intitolata a Castiglione delle Stiviere. La mandibola è custodita nella Chiesa Madre di Rosolini, in provincia di Siracusa.

Beatificazione

Luigi Gonzaga venne beatificato, 14 anni più tardi, da Pp Paolo V (Camillo Borghese, 1605-1621) il 19 ottobre 1605 e canonizzato il 31 dicembre 1726, con un altro gesuita, Stanislao Kostka, da Pp Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini, 1724-1730).

Nel 1926 fu proclamato patrono della gioventù cattolica da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Ratti, 1922-1939).

Di lui il Beato Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978) disse, nel marzo 1968 : “Luigi concepì la sua esistenza come un dono da spendere per gli altri”; infine le parole di San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), nel giugno 1991 : “Il Padre misericordioso ha concesso a Luigi d’immolare la sua giovinezza in un servizio eroico di carità fraterna”.

Significato del nome Luigi : “combattente valoroso” (franco-tedesco).

Per approfondimenti: Luigi Gonzaga

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“Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando le bontà divine, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce.

Non riesco a capacitarmi come il Signore guarda alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto”. (Dall’ultima lettera alla madre, 10 giugno 1591)

Nasce nella provincia di Mantova da dove origina il suo casato, Luigi, e come per ogni primogenito di nobile lignaggio la sua vita è già decisa. Così almeno crede suo padre, il marchese Ferrante, che lo tira su tra archibugi e armature, mentre la madre lo alleva con testimonianze di fede e preghiere.

“La conversione al mondo di Dio”

Così Luigi descriverà, poi, la sua vocazione, maturata molto precocemente. Se a 5 anni, infatti, gioca a fare la guerra, a 7 già s’inginocchia più volte al giorno per recitare i salmi penitenziali; a 10 si consacra definitivamente a Maria, come lei si era consacrata a Dio.

A 12 finalmente riceve la Prima Comunione dalle mani di San Carlo Borromeo, in visita pastorale da quelle parti. Confida presto le sue intenzioni alla madre, ma il padre si oppone a questa scelta con tutte le sue forze.

Anche il parentado lo prende in giro, ma lui si difende dicendo: “Cerco la salvezza, cercatela anche voi!”. Viene inviato alle corti italiche da suo padre che spera così di distrarlo, magari che si innamori ma ottiene soltanto il risultato di renderlo sempre più fermo nella sua decisione di entrare nella Compagnia di Gesù.

Così, nel 1585, firma la sua rinuncia a titoli ed eredità a vantaggio del fratello minore Rodolfo e parte alla volta di Roma. Ha solo 17 anni.

Un vero gioiello spirituale

Tra i gesuiti, Luigi si distingue per il fervore nella fede e l’abitudine alla penitenza e all’autocontrollo.

I suoi superiori si rendono conto subito di avere tra le mani un vero gioiello spirituale, tanto che dopo la sua morte il Superiore Generale, diretto successore di Sant’Ignazio di Loyola, dirà di aver creduto che Luigi si sarebbe salvato dalla malattia, convinto che il Signore lo volesse in futuro come guida della Compagnia di Gesù.

Tra i gesuiti passa in realtà solo pochi anni, studia teologia ma non fa in tempo a prendere i voti.

“Come gli altri”

Mentre Luigi è a Roma, sulla città si abbattono diversi drammi, uno dopo l’altro: prima la siccità, poi la carestia, infine un’epidemia di peste.

Fedele al motto “Come gli altri”, cioè dimentico delle proprie origini nobili come dei privilegi derivanti dal suo stato di salute, Luigi va tra gli “appestati” per curarli e soccorrerli, al fianco di San Camilo De Lellis. Un giorno, scorge un malato abbandonato in strada, in punto di morte: lo prende sulle spalle e lo porta all’ospedale della Consolata.

È così che probabilmente si contagia e pochi giorni dopo muore tra le braccia dei suoi confratelli, a soli 23 anni. Viene canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII che tre anni dopo lo proclama protettore degli studenti; Pio XI lo designa patrono della gioventù cattolica, nel 1926 e Giovanni Paolo II lo consacra patrono dei malati di aids nel 1991.

fonte © Vatican News – Dicasterium pro Communicatione


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