Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore.
No!
MichaelDavide Semeraro

Il Vangelo di quest’oggi ci mette di fronte a un tratto del Signore Gesù che richiama quello caratteristico del suo cugino e maestro Giovanni il Battista:
Fissare lo sguardo su Gesù significa per noi ritrovare sempre la via di una profonda adesione alla volontà del Padre. Essa esige un quotidiano e mai facile processo di discernimento. Questo comporta la capacità e talora il coraggio di dire dei «sì», ma anche dei «no». Se, normalmente, dire di «sì» sembra più facile e, talora, persino gratificante, dire dei «no» comporta una fatica e una consapevolezza che a volte ci paralizzano e ci fanno indietreggiare. L’apostolo Paolo afferma: «Il figlio di Dio Gesù Cristo, non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il “sì”» (2 Cor 1,19). In tal modo la parola del Signore ci aiuta a comprendere come il “sì” non può mai identificarsi con l’attitudine ad assentire per evitare il conflitto, ma rappresenta una disponibilità ad acconsentire alle sfide della vita, assumendo l’onere di dover dire di “no” in talune e non sempre evidenti situazioni. Il “sì” di cui ci parla Paolo, come cifra cristologica imprescindibile, non va inteso come il semplice e servile assenso, bensì come il dramma del consenso, mai definitivamente consumato.
Nella prima lettura l’apostolo ci mette in guardia:
Mentre alcuni si presentano «a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei…» (Lc 13,1) per autocertificarsi come migliori visto che non hanno subito una sorte simile, il Signore dice un “no” secco e tondo alla logica perversa che induce a giudicare aspramente gli altri per giustificare allegramente se stessi. Accanto alla rivolta indignata del Signore Gesù, possiamo accostare la professione di fede di Paolo con cui comincia la Liturgia della Parola di quest’oggi:
Essere «in Cristo Gesù» significa scegliere sempre la compassione e la condivisione, senza mai cadere nel tranello della tentazione di mettersi fuori dai drammi della storia, rimanendo a guardare dal comodo balcone della propria sufficienza. Un simile atteggiamento non sarebbe altro che «vivere secondo la carne, tendendo verso ciò che è carnale» (Rm 8,5), mettendo al primo posto la salvaguardia della propria serena sopravvivenza senza farsi minimamente toccare dai drammi altrui. Per «piacere a Dio» (Rm 8,8) bisogna essere disposti a pagare il prezzo – talora carissimo – della propria differenza e della propria coscienza senza paura di contrapporsi, talora duramente.
fonte © nellaparola.it
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Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ
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