Nascita di Giovanni Battista.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,57-66
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Parola del Signore.
Ricondizionati
Roberto Pasolini

La narrazione evangelica di Luca, particolarmente attenta a fornire «ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi» (Lc 1,3), si sofferma sul momento in cui «per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio» (1,57). Nel giorno della circoncisione — l’ottavo dopo la nascita — tutti i parenti e gli amici presenti «volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa» (1,59). A questo punto, sia la madre attraverso la voce, sia il padre mediante «una tavoletta» (1,63) – poiché era rimasto «muto» (1,20) per non aver creduto all’annuncio dell’angelo – decidono di imporre con forza un nome completamente nuovo, che nessuno si aspettava e che apre allo stupore e alla novità dei tempi messianici:
«Giovanni è il suo nome» (Lc 1,63).
La diversità di significato tra i due nomi non sembrerebbe in realtà così rilevante: Zaccaria significa «Dio ricorda», mentre Giovanni «Dio usa misericordia». Eppure la sottile differenza esistente tra i due nomi non deve passare inosservata. Il primo è un dito puntato verso il passato, alla salvezza costruita da Dio lungo la storia: i suoi interventi, i suoi prodigi, la sua fedeltà. Suggerisce il criterio che il passato debba necessariamente orientare il presente. Il secondo nome, invece, focalizza l’attenzione sul momento attuale e su quanto il Signore è intenzionato a fare in vista di un futuro più ricco di speranza per tutti. Il nome «Giovanni» diventa profezia di un criterio di nuova generazione, perché rivela come l’attualità della storia non sia solo condizionata, ma anche affrancata dai suoi inevitabili retaggi.
Non senza una certa sofferenza e un lento cammino personale, i due anziani genitori hanno maturato la verità di questa sottile distinzione e hanno compreso che, mentre il primo nome proviene semplicemente dall’abitudine di legare la vita del figlio a quella del padre, il secondo porta con sé l’eccedenza di una rivelazione, la grazia di una promessa del Signore a cui era stato difficile credere. Saper intuire questa plusvalenza di Dio dentro la storia, che consente alle generazioni di essere alleate perché poste in una reciproca libertà, è quanto auspicavano i profeti, perché la venuta del Signore non fosse un colpo di «sterminio» ma un evento di salvezza:
«Ecco, io invierò il profeta Elìa prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri» (Ml 4,23-24).
Laddove noi pensiamo che l’esistenza sia drasticamente segnata dalle sue condizioni iniziali (genitoriali), il vangelo annuncia invece che tra le premesse e lo sviluppo di una vita umana c’è anche — soprattutto — discontinuità, una certa presenza di Dio che strappa il nome di una persona da ogni destino già scritto e da qualsiasi fatalismo. La misericordia del Signore non è un attributo statico della sua bontà, ma un dinamismo di compassione che opera continuamente nelle pieghe della storia, soccorrendo le mancanze della fragilità umana e i limiti che ogni generazione porta con sé, affinché sia «gradita» (Ml 3,4) e «secondo giustizia» (3,3) l’offerta della vita di ciascun vivente.
Se vogliamo prepararci a celebrare il Natale ormai imminente, siamo sollecitati a recuperare la coscienza che anche il nostro nome è chiamato a trasfigurarsi attraverso il criterio dell’Incarnazione, per diventare segno di una meravigliosa e più grande realtà. Ciascuno può essere non soltanto condizionato dalla propria storia, ma pure ricondizionato incessantemente dalla grazia di Dio. Ogni storia umana, con le sue luci e le sue ombre, non è mai congelata in un libro già scritto, dal numero di pagine tragicamente già prefissato. Nella misura in cui ci apriamo all’ascolto della Parola di Dio e impariamo a vedere la sua opera e la sua provvidenza, possiamo scoprire che le cose grandi, in fondo, non sono ancora avvenute, che i giorni migliori li dobbiamo ancora trascorrere, che l’avventura della vita, in fondo, è appena iniziata. Allora, lo stupore può riprendere fiato:
«Che sarà mai questo bambino?» (Lc 1,66).
fonte © nellaparola.it
Ascoltiamo insieme
Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ





