Celestino Mingherlino e l’albero dei meloni – ultima parte

Tempo di lettura: 5 minuti

Leggi e ascolta la fiaba “Celestino Mingherlino e l’albero dei meloni – ultima parte”

Ciao a tutti!

Questa sera vi leggerò una nuova fiaba dal sito www.tiraccontounafiaba.it dal titolo “Celestino Mingherlino e l’albero dei meloni – ultima parte”

Buon ascolto!


Celestino Mingherlino e l’albero dei meloni – ultima parte:

Con delle grosse tronchesi comincia a staccare due, tre, quattro meloni, li infila in un sacco e li mette nel carretto che ha portato con sé.

Celestino è incantato.

Ed è anche molto combattuto, perché la sua generosità lo indurrebbe a condividere questa meraviglia con tutti gli altri, però in effetti non vuole venire meno alla parola data al signor Almerindo.

Magari, col tempo…

Intanto i due ritornano a valle, certi di non incontrare nessuno, a quell’ora del mattino.

Almerindo è così gentile da regalare a Celestino due bei meloni appena colti.

-Sarà il benvenuto non appena avrò deciso quali squisiti dolci preparare con questa polpa deliziosa- assicura Celestino.

Subito arrivato a casa, Celestino è troppo elettrizzato per mettersi a riposare in poltrona, perciò comincia subito a realizzare le mille ricette che continuano a frullargli in testa.

E via: palline di melone con salsa al cioccolato, frullato di melone e pesca, crostata di melone, torta soffice di mele e meloni! Celestino è quasi stordito dal meraviglioso profumo di buono che ha pervaso la cucina.

Perché non organizzare una merenda quello stesso pomeriggio? Celestino Mingherlino invita subito la signora Cloe, Lauro il giocattolaio e, naturalmente, il signor Almerindo.

Seduti placidamente nell’erba sulle sdraio, i tre si gustano le prelibatezze di Celestino. Non poteva mancare lo squisito semifreddo della signora Cloe che, per l’occasione, indossa due occhialoni da sole fucsia.

-Ahh che delizia, Celestino, complimenti!- gongola Lauro.

– Tutto sublime!- conferma Cloe- E complimenti a lei, Almerindo! Ma… questo melone ha un sapore mai sentito prima, è come… E’ come…-

-È come mangiare l’estate!- esclama Lauro- ma dove li prende dei meloni così?-

-Eh, sa, signor Lauro… Sono meloni tropicali!- rispondono Almerindo e Celestino all’unisono, con aria complice.

Buonanotte dalla vostra sorellina Francesca e dal nostro angioletto Eugenio

Cucumis melo

Il melone (Cucumis melo L.1753) o popone è una pianta annua rampicante della famiglia Cucurbitaceae[1] della quale sono state selezionate innumerevoli cultivar.

Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa, a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.

È largamente coltivata per i suoi frutti commestibili, dolci e profumati. Non tutte le varietà di meloni sono dolci.

Ad esempio il melone serpentino è un melone non dolce, diffuso prevalentemente in Asia dalla Turchia al Giappone, di forma allungata e di sapore simile al cetriolo.

Origini

L’origine non è nota con certezza, secondo alcuni autori arriverebbe dall’Asia, nell’antica Persia secondo altri è di possibili origini africane dove meloni selvatici sono stati recentemente segnalati.[2]

Nel V secolo a.C. il popolo egizio iniziò ad esportarlo nel bacino del Mediterraneo e arrivò in Italia nella prima età imperiale come raccontato da Plinio (I secolo d.C.) nel suo libro Naturalis Historia che lo uniformò al cetriolo a forma di mela cotognamelopepaes.

Le attuali conoscenze sulla sua diffusione nel bacino del Mediterraneo però sono state messe in discussione dalle recenti scoperte archeologiche fatte in Sardegna dove semi di melone riferibili all’età del Bronzo (tra il 1310-1120 a.C., in piena epoca nuragica),

quindi in epoca ben antecedente, sono stati rinvenuti nel sito archeologico di Sa Osa a Cabras, in provincia di Oristano, poco distante dal luogo nel quale sono state trovate le statue dei Giganti di Monte Prama.[3]

Durante l’Impero Romano il melone si diffuse rapidamente (utilizzato però come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell’imperatore Diocleziano, venne emesso un apposito editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero il peso di 200 grammi.

Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala; egli apprezzava i meloni conosciuti in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione,

e fece richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere (circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l’anno, cosa che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che venne istituita la confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.

Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine).

Secondo Angelo De Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell’estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice, incontrollata, opposta alla ragione dell’intelligenza.

Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche il naturalista romano Castore Durante (15291590) nel suo Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché

«sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l’uso a diabeticidispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell’apparato digerente, promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassa.

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Celestino Mingherlino e l'albero dei meloni - ultima parte
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