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Non c’è spazio per nessuno!

Non c’è spazio per nessuno! Le ragioni della nostra solitudine

Commento al Vangelo di domenica 15 giugno 2025

Santissima Trinità – Anno C

Tutto quello che il Padre possiede, è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16,12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Parola del Signore.

«Perciò in questa questione sulla Trinità e la conoscenza di Dio
dobbiamo principalmente indagare che cosa sia il vero amore,
o meglio, che cosa sia l’amore,
perché non c’è amore degno di tal nome che quello vero»
Sant’Agostino, De Trinitate, VIII,vii,10

Amore e solitudine

Per quanto apparentemente connessi tra noi, la cifra del nostro tempo è la solitudine. Viviamo una solitudine che è soprattutto una questione d’amore. Sì, siamo sempre più soli perché sempre meno disposti ad amare. L’amore infatti è esigente, ci chiede di scomodarci, di uscire da noi. L’amore ci chiede di riconoscere che non siamo i soli, c’è anche un altro con le sue esigenze e le sue domande. L’amore ci chiede di non pensare sempre a partire da noi stessi. 

Ci sentiamo soli o lasciamo gli altri da soli. Siamo convinti di bastare a noi stessi: faccio da me! Ci penso io! Intanto penso a me!

E così la tentazione dell’autosalvezza, di pensare prima di tutto a noi stessi, ha gioco facile nella nostra vita. Non ci può essere relazione o amore vero quando il mio interesse è sempre al centro e diventa il criterio per ogni scelta. L’amore al contrario è una comunione che ci espropria, perché il mio io deve imparare a fare spazio a un tu.

La pazienza dell’amore

L’amore è stato riversato nei nostri cuori (cf Rm 5,5), dice san Paolo, ma forse non ce ne siamo accorti o preferiamo metterlo a tacere. Forse perché l’amore ha a che fare anche con la tribolazione, con la sofferenza, la fatica. Ma è proprio quella fatica, ricorda ancora san Paolo che produce la pazienza (cf Rm 5,3). Sì, perché l’amore non si vede solo nei grandi sacrifici eroici, che non sempre la vita ci concede di fare, ma soprattutto nella pazienza del quotidiano, nella sopportazione del peso dell’ordinario. È questa pazienza ordinaria, questo amore feriale, che ci fa crescere nella virtù, ci fa diventare santi e ci permette di non perdere la speranza, cioè di non smarrire il senso della nostra esistenza, che a volte ci sembra così banale. Se stiamo amando, certamente la vita non ci apparirà inutile.

I tempi dell’amore

In una relazione, in cui ci si vuole veramente bene, non sempre ci si può dire tutto e subito. L’amore chiede rispetto, ci sono dei tempi. Non sempre l’altro ha la capacità di portare il peso di quello che vogliamo condividere. Gesù riconosce che i discepoli hanno bisogno di fare un cammino (Gv 16,12). In questa relazione hanno ancora cose da imparare e da capire, ma hanno bisogno di tempo. La storia deve fare il suo cammino.

La fonte dell’Amore

Celebrare la Trinità, dunque, è contemplare l’amore per essere sempre più immagine dell’Amore. La comunione tra il Padre e il Figlio, cioè l’amore, abita nei nostri cuori. È la fonte della nostra capacità di amore. Non saremmo capaci di amare, se l’Amore non abitasse in noi. Non l’amore in generale, ma quello tra il Padre e il Figlio, un amore concreto, fatto di comunione: tutto quello che è mio è suo (cf Gv 16,15). Un amore nel quale non c’è competizione, rivalsa o invidia. L’amore che è lo Spirito che abita in noi. 

L’amore eccede

È chiaro, dunque, che Dio amore non poteva essere una persona isolata, non poteva essere l’atto puro di Aristotele, perché l’amore sta dentro una relazione. Dio Amore non poteva essere solitudine. Non poteva essere neppure solo la relazione tra il Padre e il Figlio, perché l’amore, se è tale, si dona, è eccedenza, non è reciprocità sterile. L’amore tra il Padre e il Figlio si dona nello Spirito a ogni creatura: ne siamo resi partecipi.

Leggersi dentro

  • Cosa ti impedisce di crescere nell’amore?
  • In che modo cerchi di fare spazio all’amore di Dio nella tua vita?

Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ

Il Vangelo del giorno
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Non c’è spazio per nessuno!
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La Parola del 14 giugno 2025

Leggi e ascolta il Vangelo e la Parola del 14 giugno 2025

Sabato della X settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Prima Lettura

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
2Cor 5,14-21

Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 102 (103)

R. Misericordioso e pietoso è il Signore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore. 
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno. R. 

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l'oriente dall'occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe. R.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Piega il mio cuore, o Dio, verso i tuoi insegnamenti;
donami la grazia della tua legge. (Sal 118 (119),36.29b)

Alleluia.
 

Il Vangelo di oggi 14 giugno 2025

Io vi dico: non giurate affatto.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».

Parola del Signore.

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La Parola del 14 giugno 2025
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San Nerses Snorhali (1102-1173)

patriarca armeno

Seconda parte, § 390-402; SC 203 (trad. cb©evangelizo)

Dammi sempre di parlare col tuo verbo!

Giorno dopo giorno sento il tuo comando con l'orecchio del corpo di non giurare assolutamente né per le cose della terra, né per il cielo. Quanto a me, chiudendo le orecchie dell'anima, non vi lascio entrare la Parola; e mi comporto in modo opposto, disobbedisco al Comandamento. (…) Ma Tu che hai dato come strumento della parola il pensiero e la lingua, soffio etereo, aprimi la bocca col tuo Spirito, riempila della benedizione spirituale, affinché io parli della Legge divina, della Buona Novella del Nuovo Testamento, della sapienza della teoria e del mistero della pratica. Allontana da me la parola che divide, il blasfemo imperdonabile, e il lamento con la calunnia, il mormorio con la maldicenza. L'inganno al fratello, il tradimento del perfido, il giuramento dello spergiuro, la menzogna propria del Maligno; (…) la loquacità diabolica, e l'arroganza del presuntuoso; in generale tutte quelle parole che, una volta pronunciate, sono rimpiante. E dammi il verbo, Tu, Verbo incarnato, per parlare sempre col tuo verbo, per darlo come grazia a chi mi ascolta, per l'edificazione dell'anima distrutta.

Le Parole dei Papi

Essere liberi – secondo il programma di Cristo e del suo Regno – non vuol dire godimento ma fatica: la fatica della libertà. A prezzo di questa fatica l’uomo “non disperde”, ma insieme con Cristo “raccoglie”. A prezzo di questa fatica l’uomo ottiene anche in se stesso quell’unità, che è propria del Regno di Dio. […] Miei cari amici! Questa unità è il vostro compito particolare, se non volete cedere, se non volete arrendervi all’unità di quell’altro programma, quello che cerca di realizzare nel mondo, nell’umanità, nella nostra generazione e in ognuno di noi, colui che la Sacra Scrittura chiama anche “padre della menzogna” (Gv 8,44). […] Imparate a pensare, a parlare, ad agire secondo i principi della semplicità e della chiarezza evangelica: “Si, si, no, no”. Imparate a chiamare bianco il bianco, e nero il nero – male il male, e bene il bene. Imparate a chiamare peccato il peccato, e non chiamatelo liberazione o progresso, anche se tutta la moda e la propaganda ne fossero contrarie. Mediante tale semplicità e tale chiarezza si costruisce l’unità del Regno di Dio. Questa unità è nello stesso tempo una matura unità interiore di ogni uomo, è il fondamento dell’unità dei coniugi e delle famiglie, è la forza delle società che forse già sentono, e sentono sempre meglio, come si cerca di distruggerle e di scomporle dal di dentro, chiamando male il bene, e peccato la manifestazione del progresso e della liberazione. (San Giovanni Paolo II – Omelia per gli studenti universitari in preparazione della Pasqua, 26 marzo 1981)