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Ti distruggo! Relazioni perverse

Commento al Vangelo del 6 ottobre 2024

Ventisettesima domenica del T.O. anno B

Cerca in alto l’orizzonte della ragione, fa’ valere gli occhi dell’uomo che sei, guarda il cielo e la terra, gli splendori del firmamento, la fertilità della terra, il volare degli uccelli, il nuotare dei pesci, la vitalità dei semi, il succedersi regolare delle stagioni. Volgi l’attenzione al creato e pensa al Creatore. Ammira le cose che vedi e tendi a ciò che non vedi.

Sant’Agostino, Discorso 126,2.3

Il volto dell’altro

Il volto dell’altro ci sta davanti e ci interpella. A volte ci infastidisce, ci mette in crisi, ci ricorda il nostro fallimento. E allora siamo tentati di possederlo, di manipolarlo o di controllarlo. E quando non ci riusciamo, mettiamo in atto meccanismi per distruggerlo. I nostri conflitti nascono generalmente da uno strenuo tentativo di mettere le mani sull’altro: la perversione della relazione consiste nel tentativo di fare dell’altro quello che voglio, di usarlo, di disporre della sua vita. È una perversione perché la natura dell’essere umano è inevitabilmente relazionale: siamo fatti per costruire relazioni, non per distruggerle.

L’altro indispensabile

Per aiutarci a comprendere questa dimensione relazionale dell’essere umano, il libro della Genesi, che ci mette sempre davanti alle questioni fondamentali, assume come modello la differenza e la relazione tra l’uomo e la donna.

Il testo del libro della Genesi che ci viene proposto afferma per la prima volta che qualcosa non è buono. Fino a questo punto tutto ciò che Dio aveva creato era buono. L’essere umano era stato definito persino molto buono. C’è qualcosa però che appare subito come problema: si tratta della solitudine dell’uomo («non è bene che l’uomo sia solo», Gen 2,18). Nella solitudine infatti non c’è vita. L’uomo per vivere ha bisogno della relazione. Ha bisogno di un aiuto. Questo termine indica un aiuto fondamentale, necessario, un aiuto senza il quale si muore.

Nemmeno il potere può risolvere il dramma della solitudine dell’uomo: per quanto egli si illuda di mettere le mani sulle cose, continua a essere infelice. Dio infatti aveva dato all’uomo la possibilità di dare un nome agli animali (Gen 2,19): si tratta di una cessione di potere da parte di Dio. Dare il nome vuole dire infatti nella cultura ebraica possedere, comandare, fare dell’altro una mia proprietà. L’uomo anche se padrone è infelice! Per citare la frase finale del celebre film Into the wild (2007): «la felicità è reale solo se condivisa!».

Un altro che risponda

L’essere umano si realizza solo se ha qualcuno davanti a sé: un aiuto che gli corrispondesse (Gen 2,20). L’essere umano ha bisogno di uno che gli risponda. È questo per la Genesi il senso della duplicità insita nell’umanità: maschio (iš) e femmina (išša). Quando ci isoliamo, quando non ascoltiamo più nessuno, quando ci chiudiamo nel nostro mondo, quando l’altro è sempre e solo un nemico, tradiamo la nostra dimensione umana!

L’altro non può essere posseduto perché non è nostro, non è un mio oggetto, non è in mio potere: nel racconto della Genesi, infatti, nessuno dei due esseri viventi conosce l’origine dell’altro, non sa da dove viene: l’uomo è addormentato quando Dio crea la donna e la donna non era presente quando l’uomo veniva creato. L’altro non è mai in mio possesso perché non lo conosco mai fino in fondo e non posso farne ciò che voglio.

Un’origine comune

Al contrario, la Genesi ci rimanda a un’origine comune: la donna, l’alterità per eccellenza, è tratta dal fianco, come se fosse l’altro lato della stessa umanità. Siamo un’unica carne: fare male all'altro è fare male a me stesso.

La Lettera agli Ebrei, nel passo che leggiamo questa domenica, rimanda proprio a questa origine comune, rendendola ancora più radicale: «colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine» (Eb 2,11). Siamo salvati per mezzo di Gesù proprio perché egli ha assunto questa nostra umanità.

Il salmo 127, a sua volta, canta la complessità della vita, dove la fatica e la felicità stanno insieme dentro le dinamiche relazionali: «Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e vivrai di ogni bene» (Sal 127,2).

Il più debole nella relazione

La difficoltà di riconoscere e vivere la relazione con l’altro senza sottometterlo e senza approfittarne attraversa ogni epoca, la nostra come quella di Gesù. Nel Vangelo di questa domenica infatti, Gesù rimanda al testo della Genesi, che abbiamo commentato, proprio per affrontare il problema della violenza sul più debole. Siamo sempre davanti alla necessità di difendere chi per tanti motivi si trova in una posizione svantaggiata: dopo aver affrontato il tema del ripudio della donna, Gesù infatti difende i bambini, chiamandoli a sé e sottraendoli al rimprovero degli adulti. Le donne e i bambini sono il simbolo di tutti coloro che in diversi contesti sono i deboli, coloro su cui ricade la violenza del potere, l’abuso della forza, molte volte nascosto anche dietro intenzioni di giustizialismo.

Gesù condanna il ripudio della donna perché era diventato uno strumento che lasciava la donna senza diritti, esponendola ulteriormente a essere sfruttata. Oggi possiamo purtroppo assistere a tante altre situazioni in cui il più debole è lasciato senza diritti. Il più debole non è tutelato. La gestione della giustizia ha molti spazi di arbitrio e generalmente chi è più potente usa il diritto in suo favore.

Attraverso le letture di questa domenica, la Chiesa dovrebbe alzare la sua voce e, anche al suo interno, tornare a difendere chi è veramente il più debole, chi è senza diritti, affinché le nostre relazioni possano essere autentiche, senza diventare luogo di abuso e di distruzione dell’altro.

Leggersi dentro

  • Sei uno che si prende cura di chi è più debole o uno che approfitta delle debolezze degli altri?
  • Sei disposto a rischiare e a comprometterti per difendere chi è più debole?

Ascoltiamo insieme

Il Vangelo del giorno
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La Parola del 4 ottobre 2024

Leggi e ascolta il Vangelo e la Parola del 4 ottobre 2024

San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia, festa 

Prima Lettura

Il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Gal 6,14-18
 
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
 Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 15 (16)

R. Tu sei, Signore, mia parte di eredità.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. R.
 
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.
 
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. R.
 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Cf. Mt 11,25)

Alleluia.

Il Vangelo del 4 ottobre 2024

Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,25-30
 

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Parola del Signore.

Il Vangelo del giorno
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La Parola del 4 ottobre 2024
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San Giovanni Paolo II (1920-2005)

papa

Lettera enciclica « Redemptoris missio », § 38-39 (© Libreria Editrice Vaticana)

« Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me »

Il nostro tempo è drammatico e insieme affascinante. Mentre da un lato gli uomini sembrano rincorrere la prosperità materiale e immergersi sempre più nel materialismo consumistico, dall'altro si manifestano l angosciosa ricerca di significato, il bisogno di interiorità, il desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di preghiera. Non solo nelle culture impregnate di religiosità. ma anche nelle società secolarizzate è ricercata la dimensione spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione. (...) La chiesa ha un immenso patrimonio spirituale da offrire all'umanità in Cristo che si proclama «la via, la verità e la vita». (Gv 14,6) (...) La Chiesa deve essere fedele a Cristo, di cui è il corpo e continua la missione. È necessario che essa «segua la stessa strada seguita da Cristo, la strada della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di sé fino alla morte, da cui poi risorgendo uscì vincitore» (Vaticano II, AG 5). La Chiesa, quindi, ha il dovere di fare di tutto per svolgere la sua missione nel mondo e raggiungere tutti i popoli; e ne ha anche il diritto, che le e stato dato da Dio per l'attuazione del suo piano. La libertà religiosa, talvolta ancora limitata o coartata, è la premessa e la garanzia di tutte le libertà che assicurano il bene comune delle persone e dei popoli. È da auspicare che l'autentica libertà religiosa sia concessa a tutti in ogni luogo... Si tratta di un diritto inalienabile di ogni persona umana. D'altra parte, la Chiesa si rivolge all'uomo nel pieno rispetto della sua libertà: la missione non coarta la libertà, ma piuttosto la favorisce. La Chiesa propone, non impone nulla: rispetta le persone e le culture, e si ferma davanti al sacrario della coscienza. A coloro che si oppongono con i più vari pretesti all'attività missionaria la chiesa ripete: Aprite le porte a Cristo!

PAROLE DEL SANTO PADRE

Dio si rivela liberando e risanando l’uomo -, e lo fa con un amore gratuito, un amore che salva. Per questo Gesù loda il Padre, perché la sua grandezza consiste nell’amore e non agisce mai al di fuori dell’amore. Ma questa grandezza nell’amore non è compresa da chi presume di essere grande e si fabbrica un dio a propria immagine: un dio potente, inflessibile, vendicativo. […]
I piccoli, invece, le sanno accogliere e Gesù loda il Padre per loro: “Ti benedico” – dice – perché hai rivelato il Regno dei Cieli ai piccoli. Lo loda per i semplici, che hanno il cuore libero dalla presunzione e dall’amor proprio. I piccoli sono quelli che, come i bambini, si sentono bisognosi e non autosufficienti, sono aperti a Dio e si lasciano stupire dalle sue opere. Loro sanno leggere i suoi segni, meravigliarsi per i miracoli del suo amore! […] La nostra vita, se ci pensiamo, è piena di miracoli: è piena di gesti d’amore, segni della bontà di Dio. Di fronte ad essi, però, anche il nostro cuore può restare indifferente e diventare abitudinario, curioso, incapace di stupirsi, di lasciarsi “impressionare”. […] Impressionare è un bel verbo che fa venire in mente la pellicola di un fotografo. L'"impressione". Ecco l’atteggiamento giusto davanti alle opere di Dio: fotografare nella mente le sue opere, perché si imprimano nel cuore, per poi svilupparle nella vita, attraverso tanti gesti di bene, così che la “fotografia” di Dio-amore diventi sempre più luminosa in noi e attraverso di noi. E ora chiediamoci, ognuno di noi: nella marea di notizie che ci sommerge, io, come ci mostra Gesù oggi, so fermarmi sulle grandi cose di Dio, quelle che Dio compie? Mi lascio meravigliare come un bambino dal bene, che silenziosamente cambia il mondo, oppure ho perso la capacità di meravigliarmi? E benedico il Padre ogni giorno per le sue opere? (Angelus, 9 luglio 2023)