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Siamo qui, noi 4 compresa nonna Antonietta, a pregare per te, a pregare per noi, per noi tutti.
Abbiamo ancora un viaggio da continuare, un pellegrinaggio da compiere.
E poi insieme, per l'eternità.
Stessa lunghezza d’onda
commento al Vangelo di oggi di Lc 7,11-17, a cura di Andrea Piccolo SJ
Dunque c’è la luce e ogni foglia è attaccata al ramo con esatto amore e ogni foglia in orario lascia il ramo con audace resa e ogni uscire dalla soglia del corpo è ricevuto con unanime benvenuto da quella scienza della gioia che proprio ora proprio qui riempie il foglio di ghirigori per dirti che dunque la luce c’è.
Chandra Livia Candiani, Per mia sorella C.
Entro nel testo (Lc 7,11-17)
In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi”, e: “Dio ha visitato il suo popolo”. Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Mi lascio ispirare
La scena dell’arrivo di Gesù a Nain è dominata da un ragazzo morto e dal corteo funebre che lo porta fuori dalla città: Gesù – la vita – entra; la morte esce, porta fuori dalle relazioni, rende estranei.
L’evangelista sottolinea che l’attenzione di Gesù non è attratta dalla centralità del feretro e del corteo, ma che il suo sguardo si posa sulla mamma che piange il suo figlio unico: una donna completamente privata delle relazioni affettive più importanti e significative, quella con il marito e ora quella con il figlio. Si trova stretta in un vicolo cieco: la morte sembra averle preso tutto, compresa la speranza di poter ricominciare, di vivere un futuro di amore, di pienezza, di felicità… La donna piange il “non amore” in cui si sente prigioniera.
Quando Gesù prova compassione (“patisce assieme”) fa vibrare sulla stessa lunghezza d’onda i nostri dolori, le sofferenze, le disperazioni, le prigionie, le nostre fatiche e la vita eterna di cui è portatore e signore: avvicina e trasmette la vita del Creatore, dell’Albero della vita dell’Eden alla nostra umanità ferita, tramortita, colpita a morte. «Alzati!»: il verbo della risurrezione, della vita ridonata, della relazione resa ancora possibile, dell’affetto scongelato, del perdono rigenerante, della generatività, dell’autodonazione.
Il ragazzo morto è restituito alla madre (non alla città): è rimesso in relazione di amore e di cura, cioè ricostituito e rifondato come persona umana. Assieme al figlio rivive anche la madre, di nuovo generativa, amante-amata. Sì, quando questo avviene, Dio rivisita veramente il suo popolo.
Chiunque, ogni uomo e ogni donna, è destinatario dell’invito di Dio a partecipare alla sua grazia che trasforma e salva. Bisogna solo dire “sì” a questo dono divino gratuito, accogliendolo e lasciandosi trasformare da esso.
Ricordiamo oggi gli 800 anni in cui san Francesco ricevette le stimmate sul Monte de La Verna: il 17 settembre 1224.
Il santo di Assisi stava vivendo un periodo di crisi spirituale intensa e desiderava essere confermato nel suo desiderio di immedesimarsi totalmente a Cristo crocifisso per amore degli uomini.
Francesco e Antonio santi innamorati di Dio e degli uomini!
La sensazione di ansia potrebbe essere una delle esperienze umane più comuni. Ogni persona, ad un certo punto, si è sentita ansiosa o preoccupata. Sebbene sia una comune esperienza umana, questo non significa essere l'esperienza umana ideale che Dio vuole per noi.
L'ansia può spesso verificarsi in momenti in cui ci sentiamo come se stessimo perdendo il controllo di una situazione, o forse anche quando ci sentiamo impotenti. Possiamo sentirci ansiosi quando siamo a disagio o nervosi.
In ognuno di questi scenari, Dio vuole fornire una risposta e un aiuto per quando siamo in difficoltà. Nella sua lettera ai Filippesi, Paolo incoraggia la comunità dei credenti a portare tutte le loro preoccupazioni e ansie a Dio, attraverso la preghiera.
Mentre a volte pensiamo di poter risolvere i nostri problemi, in realtà siamo inadeguati a farlo. Dio è l'unico che sa esattamente di cosa abbiamo bisogno.
Nella Scrittura, Dio è chiamato Colui che provvede, il nostro Guaritore e il nostro Sostenitore. Egli è pronto e disposto ad aiutarci quando abbiamo bisogno. Per questo motivo, abbiamo tanto di cui essere grati, proprio come dice Paolo.
Indipendentemente dal fatto che tu sia preoccupato o ansioso in questo momento, dovremmo tutti avere l'abitudine di correre a Dio con i nostri desideri e preoccupazioni. La nostra prima risposta dovrebbe essere la preghiera. Prima di essere sopraffatti dall'ansia, alleniamoci a rispondere ad essa, rivolgendoci a Dio.
Prenditi un momento oggi per fermarti e pregare Dio. Come dice Paolo, presenta le tue preghiere e richieste a Dio. DiGli quello di cui hai bisogno e quello con cui potresti avere problemi. E ringraziaLo per essere sempre presente e disposto ad aiutare.
San Roberto Bellarmino, Cardinale, Vescovo e Dottore della Chiesa
Il padre lo voleva politico, il figlio entra fra i Gesuiti. Umanista, insigne teologo della Chiesa post-tridentina – alcune opere sono dei classici – S. Roberto Bellarmino diventa cardinale nel 1599. È un uomo dotto ma dà tutto ai poveri. Pio XI lo proclama Beato, Santo e Dottore della Chiesa.
Roberto Bellarmino
Nato il 4 ottobre 1542 a Montepulciano, frequentò la locale scuola da poco aperta dai Gesuiti e così – vincendo le resistenze del padre – il 21 settembre 1560 entrò nella Compagnia di Gesù. Studiò al Collegio Romano, dove fu studente, professore e predicatore! Insegnò filosofia a Firenze e a Mondovì, per poi trasferirsi a Padova dove iniziò gli studi di teologia per completarli a Lovanio. Fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1570.
Docente a Roma
Dopo sette anni di docenza a Lovanio, dove si era fatto notare per le sue competenze e capacità oratoria, fu trasferito a Roma nel 1576. Nel 1586 pubblicò il suo primo libro Le Controversie: partendo dalle verità negate dai protestanti e ne presentò tutti i fondamenti biblici e patristici, riuscendo in questo modo a creare una sorta di nuova Summa Teologica. In trent’anni l’opera fu ristampata venti volte e tradotta nelle principali lingue.
Padre spirituale e Rettore
Nel 1588, a causa del grande lavoro, la salute ne risentì e si dedicò perciò solo allo studio e alla direzione spirituale degli studenti, tra i quali san Luigi Gonzaga. Nel 1592 venne nominato Rettore del Collegio Romano collaborando anche alla stesura della Ratio Studiorium.
Cardinale
Nel 1597, papa Clemente VIII, lo volle con sé a Roma e lo nominò consultore del Santo Uffizio, ma p. Roberto rispose alle tante richieste che giungevano dalle varie Congregazioni, tanto da essere chiamato “il facchino della curia” o il “factotum della Santa Sede”. Il 3 marzo 1599 fu creato Cardinale, chiedendo al Papa di non ricevere nessun beneficio da questo titolo.
Divenne arcivescovo di Capua il 21 aprile 1602 e si consacrò al servizio pastorale con tutto il suo impegno e passione. Si dedicò alla formazione del clero, all’attenzione ai poveri e al culto: “Fu amato dal popolo, che egli anche tanto amò”.
Alla morte di Clemente VIII, nel 1605, rischiò di essere eletto Papa, come riporta lui stesso: „Nel secondo conclave poco mancò che fosse eletto Papa. E allorché un cardinale di grande autorevolezza e serietà gli prometteva la propria influenza [per farlo eleggere], lo esortò a desistere senza ringraziarlo. Dichiarò che, da parte sua, non avrebbe raccolto da terra neppure una pagliuzza per farsi eleggere Papa. Non serbò alcun rancore contro quelli che si opponevano alla sua elezione, anzi non ne fu affatto turbato. Diceva, infatti, che il Papato potrebbe essere qualificato come un «lavoro pericolosissimo» o un «pericolo faticosissimo“.
Fu eletto Paolo V, che lo volle accanto a sé; lasciò perciò la guida della diocesi di Capua e tornò nella Curia romana, dedicandosi al servizio delle varie Congregazioni.
Galileo
Tra i casi che dovette affrontare ci fu anche quello di Galileo Galilei: ne risultò una incomprensione scientifica, dettata da una interpretazione troppo rigida e letterale della Scrittura.
Morte
Ormai stanco si ritirò il 25 agosto 1621: tre giorni dopo s’ammalò e nell’arco di un mese – il 17 settembre - morì, dopo essere stato visitato dal papa. Non si fece trovare impreparato alla morte, dato che già nel 1620 pubblica “L’arte di morire bene” dove scrive: ““Per poter vivere bene, è innanzitutto necessario morire al mondo prima di morire nel corpo. Tutti coloro che vivono per il mondo sono morti per Dio. Non possiamo in alcun modo iniziare a vivere in Dio senza prima morire al mondo”.
È nato il giorno di san Francesco ed è morto il giorno delle stimmate del santo di Assisi, verso il quale ha sempre coltivato particolare venerazione, seppur avesse fatto la scelta della Compagnia di Gesù, dai quali prese tutta l’impostazione intellettuale e spirituale.
Già nel 1622 si aprì la causa di canonizzazione ma si dovrà aspettare il 15 aprile 1923 per vederlo beato e il 29 giugno 1930 per vederlo santo; il 17 settembre 1931 venne insignito del titolo di Dottore della Chiesa.
Museum Plantin-Moretus, CC0, via Wikimedia Commons
Roberto Francesco Romolo Bellarmino nasce a Montepulciano il 4 ottobre 1542 in una nobile famiglia toscana. Suo padre era Vincenzo Bellarmino, mentre sua madre, Cinzia Cervini, era la sorella del cardinale Marcello Cervini, futuro Pp Marcello II.
Egli dimostrò precocemente le sue ottime qualità e, ispirandosi agli autori latini come Virgilio, compose diversi piccoli poemi sia in lingua volgare che in latino. Fu educato nel collegio gesuita, di recente fondazione, della sua città natia ed entrò nella Società di Gesù il 20 settembre 1560. Trascorse i tre anni successivi studiando filosofia nel collegio romano, dopo di che iniziò ad insegnare materie letterarie dapprima a Firenze, poi a Mondovì. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia a Padova, e nel 1569 fu inviato a completare questi studi a Lovanio (Belgio), dove poté acquisire una più completa conoscenza delle eresie più importanti del suo tempo.
Dopo l'ordinazione sacerdotale avvenuta il 25 marzo del 1570, guadagnò rapidamente notorietà sia come insegnante sia come predicatore; in quest’ultima veste era capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti, persino da altre aree geografiche. Gli fu conferito l'insegnamento della teologia a Lovanio e qui rimase per sei anni, fino al 1576. Distintosi in questi anni per la sua dotta eloquenza e sorprendente capacità di controbattere efficacemente le tesi calviniste, che si diffondevano ampiamente nei Paesi Bassi spagnoli, fu richiamato a Roma da Pp Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572-1585) che gli affidò la cattedra di “Controversie”, cioè di Apologetica, da poco istituita nel Collegio Romano, attività che svolse fino al 1587.
Da poco tempo si era concluso il Concilio di Trento e la Chiesa Cattolica, attaccata dalla Riforma protestante, aveva necessità di rinsaldare e confermare la propria identità culturale e spirituale. L'attività e le opere di Roberto B. si inserirono proprio in questo contesto storico della Controriforma. Egli si dimostrò adeguato alle difficoltà del compito. Gli studi che intraprese per applicarsi nell'insegnamento e nelle lezioni, confluirono successivamente nella sua grande e più famosa opera di più volumi: Le Controversie, cioè “Disputationes de controversiis christianae fidei adversus hujus temporis haereticos”.
Questa monumentale opera teologica rappresenta il primo tentativo di sistematizzare le varie controversie teologiche dell’epoca, ed ebbe un’enorme risonanza in tutta Europa; senza sviluppare nessuna aggressione polemica nei confronti della Riforma ma solo usando gli argomenti della ragione e della tradizione, Roberto B. espose in modo chiaro ed efficace le posizioni della Chiesa Cattolica.
A tutt'oggi non esiste un’opera di tale completezza come questa nel campo apologetico; la sua instancabile azione a difesa della fede cattolica, gli valsero l'appellativo di “martello degli eretici”.
Nel 1588 Roberto B. fu nominato “Padre Spirituale” del Collegio Romano (oggi Università Gregoriana).
Nel 1590 si recò assieme al cardinale Enrico Caetani come teologo facente parte della legazione che Sisto V (Felice Peretti, 1585-1590) stava inviando in Francia per proteggere gli interessi della chiesa coinvolta nelle difficoltà delle guerre civili. Quando la missione era oramai al termine, Roberto B. riprese nuovamente il suo lavoro come padre spirituale ed ebbe la consolazione di guidare, negli ultimi anni della sua vita, Luigi Gonzaga, che morì al Collegio romano nel 1591 e di cui negli anni successivi Bellarmino promosse la beatificazione.
Nello stesso periodo egli fece parte della commissione finale per la revisione del testo della “Vulgata”.
Nel 1592 fu fatto rettore del collegio romano e nel 1595 superiore della Provincia di Napoli.
Nel 1597 Pp Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605) lo richiamò a Roma e lo nominò suo consultore teologo come pure Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant'Uffizio.
Proclamato Cardinale presbitero di Santa Maria in Via Lata e arcivescovo di Capua il 18 marzo 1599, probabilmente per tenerlo lontano da Roma nel momento culminante della controversia sulla grazia, alla morte di Clemente VIII, nel 1605, poté tornare nella città di Pietro dove esercitò un grande influsso come teologo ufficiale della Chiesa, con la sua dottrina e con l'esempio della sua carità e semplicità di vita, che la gente ammirava.
A Clemente VIII succedette prima Leone XI (Alessandro de' Medici), che regnò per soli ventisette giorni, e poi Paolo V (Camillo Borghese, 1605-1621). Nel primo e nel secondo conclave, ma soprattutto in quest'ultimo, il nome di Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori ma il fatto che fosse un gesuita costituì un impedimento secondo il giudizio di molti cardinali.
Ebbe diversi incarichi presso l'Inquisizione durante gli importanti processi ereticali come quelli contro Giordano Bruno, cominciato il 1593 e conclusosi con il verdetto di condanna al rogo su ordine del Pp Clemente VIII il 20 gennaio 1600, e contro Galileo Galilei. Il cardinale Bellarmino fece parte della commissione vaticana che ammonì Galileo dal continuare a proporre la teoria eliocentrica, nel 1616, e fu proprio lui a comunicargli l'ammonizione con una lettera rimasta famosa. In precedenza Roberto B. aveva sempre mostrato interesse nelle scoperte dello scienziato e si era trattenuto in amichevole corrispondenza con lui. Aveva pure assunto, come testimoniato dalle sue lettere all'amico di Galileo, Foscarini, un atteggiamento aperto verso le teorie scientifiche, ammonendolo, tuttavia, di non cercare una dimostrazione della loro esattezza ma limitandosi a porle come ipotesi.
Roberto B. muore a Roma il 17 settembre 1621 e il processo di beatificazione, iniziato di lì a poco, si protrasse per ben tre secoli.
Il 22 dicembre 1920 Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922) riassumendo l'iter per la sua beatificazione, promulgò il decreto della eroicità delle sue virtù; poi il 13 maggio 1923, durante il pontificato di Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939), fu celebrata la sua beatificazione e dopo sette anni, il 29 giugno 1930, fu canonizzato. Più breve è stato quindi il processo di canonizzazione e ancora più rapida la nomina a Dottore della Chiesa, conferitagli il 17 settembre 1931 sempre da parte di Pio XI.
Dal 21 giugno 1923 il suo corpo è venerato dai fedeli nella terza cappella di destra della Chiesa di S. Ignazio di Loyola a Roma che conserva le reliquie di altri santi gesuiti tra cui S. Luigi Gonzaga.
Significato del nome Roberto : "splendente di gloria, illustre per fama" (tedesco).
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 99 (100)
R. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. R.
Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. R.
Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome. R.
Perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi, Dio ha visitato il suo popolo. (Lc 7,16)
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
A causa della morte della carne resteremo fino alla fine del mondo nella polvere, ma lui [nostro redentore], è risorto il terzo giorno, libero dalla morte, nella verde freschezza, per mostrare la potenza della sua divinità rinnovando la sua stessa carne. (...) Se è vero che il corpo del Signore è ora vivo dopo la morte, per il nostro corpo è posticipata fino alla fine del mondo la gloria della Risurrezione. Pure Giobbe ha voluto sottolineare questo ritardo dicendo: ""L'ultimo giorno dalla terra risusciterò" (Gb 19,25 Vg). Abbiamo quindi la speranza della nostra risurrezione, poiché siamo in presenza della gloria del nostro Capo. Non si dica, fosse anche nel foro interiore, che se il Signore è risorto da morte è che, Dio e uomo in una sola persona, ha superato con la divinità la morte subita nell'umanità, mentre noi, che siamo solo uomini, non possiamo sottrarci alla condanna a morte. Giustamente all'ora della sua risurrezione, sono risorti i corpi di molti santi. Il Signore voleva mostrarci in se stesso l'esempio della risurrezione e presentarci anche quella di altri esseri simili a noi per natura puramente umana, per renderci certi della risurrezione. Bisognava che, nella disperazione di poter mai ricevere un dono che si era manifestato nell'Uomo Dio, l'uomo osasse credere che poteva prodursi in lui quanto costatava in altri la cui natura era puramente umana senza alcun dubbio.
PAROLE DEL SANTO PADRE
Di fronte al ragazzo tornato in vita e restituito alla madre, «tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi” e “Dio ha visitato il suo popolo”. Quanto Gesù ha fatto non è dunque solo un’azione di salvezza destinata alla vedova e al suo figlio, o un gesto di bontà limitato a quella cittadina. Nel soccorso misericordioso di Gesù, Dio va incontro al suo popolo, in Lui appare e continuerà ad apparire all’umanità tutta la grazia di Dio. La misericordia, sia in Gesù sia in noi, è un cammino che parte dal cuore per arrivare alle mani. Cosa significa, questo? Gesù ti guarda, ti guarisce con la sua misericordia, ti dice: “Alzati!”, e il tuo cuore è nuovo. Cosa significa compiere un cammino dal cuore alle mani? Significa che con il cuore nuovo, con il cuore guarito da Gesù posso compiere le opere di misericordia mediante le mani, cercando di aiutare, di curare tanti che hanno bisogno. La misericordia è un cammino che parte dal cuore e arriva alle mani, cioè alle opere di misericordia. (Udienza generale, 10 agosto 2016)
Catechesi di Papa Francesco nell'Udienza Generale del 10 agosto 2016