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La rana dalla bocca larga

Leggiamo ed ascoltiamo la fiaba della rana dalla bocca larga

Curiosando

Le rane sono affascinanti creature anfibie che popolano il nostro pianeta da oltre 300 milioni di anni. Con oltre 4.000 specie diverse, si adattano a una varietà di habitat, da foreste pluviali tropicali a zone desertiche aride.

Ecco alcune caratteristiche interessanti sulle rane:

Aspetto e fisiologia:

  • Le rane hanno la pelle liscia e umida, che aiuta a respirare e a regolare la temperatura corporea.
  • Hanno occhi sporgenti che permettono loro di vedere in tutte le direzioni.
  • Le zampe posteriori sono lunghe e forti, perfette per saltare e nuotare.
  • La maggior parte delle rane depone le uova in acqua, dove si schiudono in girini. I girini hanno branchie e una coda che usano per nuotare, mentre gradualmente si trasformano in rane adulte.

Comportamento e alimentazione:

  • Le rane sono carnivori e si nutrono di insetti, vermi, lumache e altri piccoli animali.
  • Cacciano usando la loro lingua lunga e appiccicosa per catturare le prede.
  • Alcune rane sono abili saltatori, mentre altre sono nuotatrici eccellenti.
  • La comunicazione avviene attraverso una varietà di vocalizzi, come gracidii e trilli.

Ecologia e conservazione:

  • Le rane svolgono un ruolo importante nell'ecosistema predando insetti e servendo da preda per altri animali.
  • Sono anche indicatori della salute ambientale, poiché la loro presenza o assenza può riflettere la qualità dell'acqua e dell'habitat.
  • Purtroppo, le rane sono minacciate da una serie di fattori, tra cui la perdita dell'habitat, l'inquinamento, le malattie e il cambiamento climatico.

Fatti curiosi:

  • Alcune rane sono velenose, come la rana freccia velenosa del Sud America, la cui pelle contiene un potente veleno usato dai popoli indigeni per avvelenare le frecce.
  • Altre rane hanno abilità insolite, come la rana volante dell'Asia sud-orientale che ha i piedi palmati che le permettono di planare tra gli alberi.
  • La rana più grande del mondo è la rana golia africana, che può raggiungere i 30 centimetri di lunghezza e pesare fino a 3,6 chilogrammi.

Le rane sono creature affascinanti e importanti che meritano la nostra attenzione e il nostro impegno per la loro conservazione. Imparando di più su di loro, possiamo apprezzare meglio la loro diversità e il loro ruolo vitale nel nostro mondo.

Leggiamo insieme

C'era una volta, in uno stagno immerso nel cuore di una palude, una rana dalla bocca straordinariamente larga. A differenza dei suoi simili che si accontentavano di insetti e piccole creature, la rana sognava di inghiottire qualcosa di più grande, qualcosa che la facesse davvero distinguere.

Un giorno, annoiata dalla monotonia della sua vita nello stagno, decise di partire all'avventura e di esplorare il mondo oltre le sue rive. Saltando di foglia in foglia, incontrò una varietà di animali: una formica diligente che portava il triplo del suo peso, una libellula dai colori sgargianti che svolazzava tra i fiori, e persino un serpente viscido che si nascondeva tra le rocce.

Ogni incontro era un'occasione per la rana di spalancare la sua bocca e fantasticare su come sarebbe stato inghiottire la creatura in un sol boccone. Ma ogni volta, la prudenza la tratteneva: sapeva che non sarebbe riuscita a digerire prede così grandi e rischiava solo di farsi male.

Continuando il suo viaggio, la rana giunse ad un fiume largo e profondo. In mezzo alle acque, scorse una libellula ancora più bella di quella che aveva incontrato prima. Ammirata dalla sua bellezza, la rana aprì la bocca il più possibile, sognando di catturarla. Ma, nel suo entusiasmo, non si accorse di un ramo sporgente proprio sopra di sé.

Con un tonfo sordo, la rana cadde nel fiume, venendo trascinata dalla corrente. Mentre lottava per risalire in superficie, si rese conto della sua follia. Aveva rischiato la vita per una vana impresa, spinta dalla sua ingordigia e dalla sua vanità.

Imparò così una preziosa lezione: che la vera felicità non si trova nel possedere cose grandi, ma nell'apprezzare ciò che si ha e nel vivere in armonia con il mondo che ci circonda.

Tornata al suo stagno, la rana dalla bocca larga smise di sognare prede impossibili e si accontentò di ciò che la natura le offriva. Con il tempo, divenne una rana saggia e rispettata da tutti gli abitanti della palude, conosciuta per la sua gentilezza e il suo buon senso.

E così, la rana dalla bocca larga visse felicemente per sempre, dimostrando che l'avidità e la superbia non portano da nessuna parte, mentre l'umiltà e la saggezza sono le vere chiavi per una vita appagante.

Ascoltiamo insieme

Le favole della buonanotte
Le favole della buonanotte
La rana dalla bocca larga
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Scegliere la gioia

Meditazione di oggi 19 aprile 2024: scegliere la gioia

1 Tessalonicesi 5:16-18 è una frase completa, ma è piena di comandi potenti:

Siate sempre gioiosi; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Oggi, diamo un'occhiata solo alle prime tre parole: Siate sempre gioiosi.

Considera il significato dell'esortazione dell'autore, Paolo, in merito al "siate sempre gioiosi". Questo non era un comando casuale, ma una testimonianza della gioia duratura trovata in Cristo, una gioia che va oltre le circostanze imprevedibili della vita.

Scegliere di essere gioiosi non significa negare le vere sofferenze e il dolore. Scegliere di rallegrarsi è una decisione deliberata di ancorare la nostra gioia al carattere e alle promesse del nostro Padre Celeste e non alle circostanze della vita. Essere sempre gioiosi è una dichiarazione di fiducia.

Oggi, quando affronti le tue stesse prove e incertezze, grandi e piccole, trai forza dalle parole di Paolo: "Siate sempre gioiosi". Dio è all'opera, mentre modella e perfeziona il tuo cammino con un proposito. Anche quando il proposito non è immediatamente evidente, fidati che Egli farà cooperare ogni momento per il tuo bene ultimo.

Io resto!

Io resto! La scelta dell’amore

Commento al Vangelo del 21 aprile 2024

Quarta domenica di Pasqua – anno B

Chi è il mercenario, che vede venire il lupo e fugge?
Chi cerca i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo

Sant’AgostinoOmelia 46,5

Dare la vita

Ci sono modi diversi di stare in una relazione: ci si può giocare fino in fondo, con il rischio di perdere, oppure ci si può stare cercando solo di guadagnarci, pensando esclusivamente al proprio interesse. Molte relazioni si spezzano e finiscono perché non c’è mai stato un noi. Se metto al centro della relazione il mio io, prima o poi me ne vado, perché mi rendo conto che ogni relazione chiede sempre di perdere un po’ qualcosa di me.

L’amore è sempre una perdita, ma una perdita che paradossalmente mi realizza, perché mi fa toccare con mano ciò che è proprio di Dio. Spendersi con gratuità in una relazione è infatti proprio di Dio.

Nel momento in cui riesco a dare la vita per amore, mi accorgo che sto portando a compimento quello a cui nel profondo mi sento chiamato. Se ne accorge una mamma che sacrifica la sua vita per il figlio, se ne accorge chi rimane accanto alla malattia di un’altra persona e se ne prende cura, se ne accorge chi perdona per andare avanti.

Pastore o mercenario

Il buon pastore è l’immagine di chi dona la vita per amore. Non per obbligo, ma per scelta: «nessuno me la toglie» (Gv 10,18). Il pastore è buono, realizza cioè pienamente la sua identità di pastore, proprio quando è capace di dare la vita. Ma in una relazione ci si può stare anche da mercenari: il mercenario è chiamato per svolgere un compito per il quale è pagato. Sta con le pecore solo per un suo interesse. Le pecore non gli appartengono, non c’è un legame di vita. Le pecore sono solo l’oggetto del suo commercio.

Il mercenario è interessato solo a guadagnarci dalla relazione con le pecore. Proprio per questo, quando arrivano le difficoltà, il mercenario fugge, perché gli importa solo di salvare la propria vita. Il mercenario non è disposto al sacrificio. Il testo di Giovanni usa per il mercenario la stessa espressione attribuita a Giuda: come al mercenario non importa delle pecore, così a Giuda non importa dei poveri.

I lupi

Nella vita ci sono sempre dei lupi che arrivano. I lupi sono le difficoltà da affrontare, i problemi da risolvere, gli imprevisti da gestire. Ed è lì, quando arrivano i lupi, che si vede se colui che hai accanto è un pastore o un mercenario.

Il lupo infatti rapisce e disperde: quando le relazioni vanno in frantumi e non si riesce più a stare insieme vuol dire che l’amore che credevamo di vivere è in realtà un amore mercenario, cercavamo noi stessi, non il bene dell’altro. Vuol dire che non ci siamo mai conosciuti veramente, perché si può amare solo quello che si conosce e ci si conosce veramente solo provando a volersi bene. Il pastore e le pecore si conoscono proprio perché si amano.

Il gregge

Queste dinamiche fanno parte della vita, perché tutti noi siamo pecore, non nel senso in cui lo intendeva Nietzsche, affermando che noi cristiani cerchiamo qualcuno che ci dica cosa fare e perché non siamo capaci di scelte autonome. Siamo gregge perché abbiamo bisogno di stare insieme.

Non siamo fatti per stare da soli. La vita di fede non è un cammino solitario. Siamo un gregge, che deve imparare a riconoscere il pastore disposto a dare la vita, in modo da non fare troppo affidamento sui mercenari.

Siamo gregge perché abbiamo comunque bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi. A volte siamo anche chiamati a essere pecore, che si lasciano condurre al macello senza fare resistenza.

Gesù infatti è certamente il pastore buono, ma è anche l’agnello immolato che ci insegna cosa sia l’amore.

Leggersi dentro

  • Nelle relazioni significative della tua vita ti sembra di essere capace di essere pastore o ti senti più mercenario?
  • In che modo il Signore si sta prendendo cura di te in questo momento della vita?

Ascoltiamo insieme

Il Vangelo del giorno
Il Vangelo del giorno
Io resto!
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La Parola del 19 aprile 2024

Leggi e ascolta il Vangelo e La Parola del 19 aprile 2024

Venerdì della III settimana di Pasqua

Prima Lettura

Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni.

Dagli Atti degli Apostoli
At 9,1-20

In quei giorni, Sàulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damàsco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via.

E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damàsco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».

Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

C'era a Damàsco un discepolo di nome Ananìa. Il Signore in una visione gli disse: «Ananìa!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va' nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Sàulo, di Tarso; ecco, sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista».

Rispose Ananìa: «Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va', perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome».

Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Sàulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo».

E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damàsco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 116 (117)

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. R.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. R.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue
rimane in me e io in lui, dice il Signore. (Gv 6,56)

Alleluia.

Il Vangelo del 19 aprile 2024

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,52-59

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 

Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

Parola del Signore.

San Cirillo di Gerusalemme (313-350)

vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa

4a Catechesi mistagogica, 1,4-6.9 (trad. cb© evangelizo)

La fede ti rassicuri, ricevi un pane celeste e un calice di salvezza!

Diceva Cristo: "Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita" (Gv 6,53). Ma non ascoltarono spiritualmente quelle parole e se ne andarono scandalizzati, pensando che il Signore li invitasse ad un semplice pasto.

Già nell'Antico Testamento c'erano i pani di presentazione. Ma non è più il caso ora di offrire i pani dell'Antica Alleanza. Nella Nuova Alleanza c'è un pane celeste ed un calice di salvezza (cfr. Sal 116,13) che santificano l'anima e il corpo.

Come infatti il pane è per il corpo, così il Verbo è per l'anima. Non fermarti dunque al pane e al vino come se si trattasse di loro soltanto, poiché secondo l'affermazione del Maestro si tratta di corpo e sangue. A parte ciò che ti suggerisce la percezione dei sensi, la fede ti rassicuri.

Non giudicare la realtà dal gusto, ma secondo la fede. (...) Ciò che apprendi ti dia questa certezza: ciò che appare pane non è pane, pur se ne ha il gusto, ma è il corpo di Cristo; e ciò che appare vino non è vino, anche se sembra al gusto, ma è il sangue di Cristo.

PAROLE DEL SANTO PADRE

Sapendo che dovrà morire in croce per noi, Gesù si identifica con quel pane spezzato e condiviso, ed esso diventa per Lui il “segno” del Sacrificio che lo attende.

Questo processo ha il suo culmine nell’Ultima Cena, dove il pane e il vino diventano realmente il suo Corpo e il suo Sangue. E’ l’Eucaristia, che Gesù ci lascia con uno scopo preciso: che noi possiamo diventare una cosa sola con Lui.

[…] La comunione è assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro “sì”, la nostra adesione di fede. (Angelus, 16 agosto 2015)

Ascoltiamo insieme

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