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San Tommaso d’Aquino: sacerdote, Dottore della Chiesa

Festeggiato il 28 Gennaio

Tommaso nasce a Roccasecca nel 1225, nel feudo dei conti d’Aquino (Frosinone), da Landolfo, nobile di origine longobarda, e Teodora.

A soli cinque anni fu messo, come oblato, nella vicina Abbazia di Montecassino per ricevere l’educazione religiosa. Era commovente la serietà con cui questo bambino, fissando quei venerandi monaci, con gli occhi ansiosi chiedeva: “Chi è Dio?”.

A dieci anni era già all’Università di Napoli, presso il convento di S. Domenico Maggiore, per compiervi gli studi, e qui, all’insaputa dei suoi, innamoratosi dell’ideale Gusmano, a quattordici anni vestì il bianco abito. I suoi superiori, avendone intuito il precoce talento, e per consentirgli il completamento degli studi, lo inviarono a Parigi, ma il giovane, prima che potesse giungervi, fu catturato dai suoi familiari e ricondotto al castello paterno di Monte S. Giovanni Campano. 

Il periodo di prigionia, che durò un anno, fu caratterizzato dalle pressioni della famiglia che voleva fargli rinunciare all’abito domenicano, e si concluse, per intercessione di Pp Innocenzo IV, con la liberazione (o, secondo alcuni biografi, con la fuga) di Tommaso.

Dopo brevi soggiorni, prima a Napoli e poi a Roma, nel 1248 giunse a Colonia per seguire le lezioni di Alberto Magno, filosofo e teologo tedesco che cercò di conciliare il Cristianesimo con l’Aristotelismo; in seguito, Tommaso volle essere l’esecutore del progetto del suo maestro.

Dal 1252 insegnò all’Università di Parigi, iniziando come “baccalarius biblis”, e dopo 4 anni poté tenere la sua prima lezione in cattedra. Nel frattempo, Tommaso combatté contro gli averroisti (seguaci del filosofo arabo Averroè, secondo cui l’anima umana, singolarmente presa, è mortale), che ritenevano la fede inconciliabile con la ragione:  “La fede è per le anime semplici, la filosofia per le persone colte”. Tommaso si batté anche contro gli agostiniani, filosoficamente platonici o neoplatonici, che ritenevano inconciliabile l’Aristotelismo con la fede.

Per Tommaso l’anima è creata “a immagine e somiglianza di Dio”(come dice la Genesi), unica, immateriale (priva di volume, peso ed estensione) non localizzata in un punto particolare del corpo, trascendente come Dio e come Lui in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo in cui sono il corpo e gli altri enti. L’anima è “tota in toto corpore”, contenuta interamente in ogni parte del corpo, ed in questo senso legata ad esso indissolubilmente.

Secondo il pensiero di Tommaso: « Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa ». La fede consolida, integra e illumina il patrimonio di verità che la ragione umana acquisisce; tuttavia, mentre Anselmo d’Aosta procedeva a priori nella sua prova ontologica dell’esistenza di Dio, Tommaso procede sia a priori che a posteriori. Egli riteneva la conoscenza acquisibile solo attraverso la sensibilità e rifiuta la visione della conoscenza di Agostino, che pensava che questa avvenisse tramite l’illuminazione divina.

La conoscenza degli universali, però, appartiene solo alle intelligenze angeliche; noi, invece, conosciamo gli universali post-rem, ossia li ricaviamo dalla realtà sensibile. Soltanto Dio conosce ante rem. La conoscenza è, quindi, un processo di adeguamento dell’anima o dell’intelletto e della cosa, secondo una formula che dà ragione del sofisticato platonismo di Tommaso: « Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei. » Verità: Adeguamento dell’intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all’intelletto. Adeguamento dell’intelletto e della cosa. »).

Nel 1259 tornò in Italia: strinse amicizia con Guglielmo di Moerbeke (grande traduttore di Aristotele) e collaborò ad alcuni scritti con Pp Urbano IV (Jacques Pantaleon, 1261-1264), presso il convento di Orvieto, dove il pontefice si era temporaneamente stabilito.

Su incarico del Papa, compose l’ufficio e gl’inni per la festa del Corpus Domini appena istituita (8 sett. 1264), tra cui spicca il “Pange Lingua” (Canta, o mia lingua) con le celeberrime ultime due strofe del “Tantum Ergo” (Adoriamo, dunque, prostrati) che la liturgia cattolica ancor oggi eleva durante la benedizione col SS.Sacramento.

Successivamente, si recò a Roma, per organizzare i corsi dello Studio di S. Sabina e, nel 1267, il Pp Clemente IV (Guy Foulques, 1265-1268) lo chiamò con se a Viterbo, dove predicò spesso dal pulpito della chiesa di Santa Maria Nuova.

È proprio durante gli anni trascorsi in Italia che compose numerose opere come la “Summa contra gentiles”, il “De regimine principium”, il “De unitate intellectus contra Averroistas” e buona parte del suo capolavoro, la “Summa Theologiae”, fonte d’ispirazione della teologia cattolica fino ai nostri giorni.

Nel 1269 fu richiamato a Parigi dai suoi superiori ed iniziò, attraverso una strenua difesa teologica degli Ordini mendicanti, la sua opera di confutazione del Neoplatonismo agostiniano (in contrapposizione al suo Aristotelismo) ed agli errori dottrinari avveroisti.

Nel 1272, chiamato da Carlo I d’Angiò, fu nuovamente a Napoli e si occupò della riorganizzazione degli studi teologici presso il convento di S. Domenico.

Nel gennaio del 1274 il Beato Gregorio X (Tebaldo Visconti, 1271-1276) gli ordinò di presenziare al Concilio di Lione II, per verificare in cosa consistessero le divergenze tra la Chiesa latina e quella greca, e se fosse possibile appianarle.

Tommaso, recandosi, già ammalato, al Concilio di Lione, giunto a Fossanova (LT), il 7 marzo 1274 morì mentre era ospite dei Cistercensi.

Fu canonizzato il 18 luglio 1323 da Pp Giovanni XXII (Jacques Duèse, 1316-1334).

Quando il Papa iscrisse Tommaso d’Aquino nell’Albo dei Santi, a quanti obiettavano che egli non aveva compiuto grandi prodigi, né in vita né dopo morto, rispose con una famosa frase: “Quante preposizioni teologiche scrisse, tanti miracoli fece”. E questo, è il riconoscimento più grande che si potesse dare al grande teologo e Dottore della Chiesa, che con la sua “Summa teologica”, diede sistematicamente un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana.

S. Pio V (Antonio Michele Ghislieri, 1566-1572), nel 1567, lo proclamò Dottore della Chiesa. Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, 1878-1903), nel 1879, lo ha dichiarato Patrono delle scuole cattoliche.

Il 28 gennaio la Chiesa commemora la deposizione delle sue reliquie, avvenuta nel 1369 a Tolosa nella chiesa a lui dedicata. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno nella chiesa di San Domenico.

S. Tommaso d’Aquino rappresenta uno dei principali pilastri teologici della Chiesa Cattolica; egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica che ha i suoi fondamenti e maestri in Aristotele, Platone e Socrate.

S. Tommaso d’Aquino è patrono dei teologi, degli accademici, dei librai e degli studenti.

Per approfondimenti, leggere le Catechesi di Papa Benedetto XVI:
>>> San Tommaso d’Aquino  (1)
[FranceseIngleseItalianoPortogheseSpagnoloTedesco]>>> San Tommaso d’Aquino (2)
[FranceseIngleseItalianoPortogheseSpagnoloTedesco]>>> San Tommaso d’Aquino (3)
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San Tommaso d’Aquino 1

fonte © vangelodelgiorno.org


“Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico che questo bue muggirà così forte che il suo muggito risuonerà in tutto il mondo”. Non si sbagliava Sant’Alberto Magno, suo maestro. Con queste parole, lo difese dai suoi compagni di studi, che a causa del suo carattere taciturno e apparentemente non brillante, gli avevano dato quel soprannome.

Imprigionato dai familiari per essersi fatto frate predicatore

Tommaso ero nato dai conti d’Aquino, nel castello di Roccasecca, Basso Lazio, legati da vincoli di parentela con l’imperatore Federico II. Il padre Landolfo lo voleva abate del Monastero di Montecassino pensando di assecondare insieme l’indole timida e gentile del figlio e i suoi disegni politici, ma Tommaso a Napoli volle farsi frate domenicano, rifiutando ogni ambizione e scegliendo appunto un Ordine mendicante. Una scelta sconvolgente per il suo casato.

Due fratelli lo imprigionarono. Fu tenuto in una cella. Proverbiale per la sua indole pacifica, si inquietò però moltissimo quando fecero entrare nella stanza una prostituta per farlo desistere dalla sua vocazione, tanto che afferrò un tizzone ardente facendola fuggire. Alla fine sembra sia riuscito a scappare calandosi in una grande cesta grazie all’aiuto delle sorelle.

Un intellettuale innamorato di Dio

Fu quindi mandato a Colonia, dove approfondì l’aristotelismo con Sant’Alberto Magno, poi a Parigi dove insegnò all’Università non senza difficoltà con il clero secolare. Tornato in Italia, intensificò lo studio di Aristotele grazie alle traduzioni di un confratello e compose il noto Inno legato alla festa del Corpus Domini, il “Pange lingua”.

Iniziò a scrivere il suo “capolavoro”, la Summa theologiae, con le cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio. Centrale nel suo lavoro la fiducia nella ragione e nei sensi, la filosofia è ancella della teologia ma la fede non annulla la ragione. Amava lo studio e non è difficile immaginare che la sua sterminata produzione filosofico-teologica fece scalpore fra i teologi contemporanei. Ma un giorno, il 6 dicembre del 1273, Tommaso disse al suo confratello Reginaldo di non voler scrivere altro: “Non posso perché tutto quello che ho scritto è come paglia per me in confronto a ciò che mi è stato rivelato”.

Secondo alcuni biografi, a precedere tale decisione, un colloquio mistico con Gesù. Poi si ammalò e nel 1274, nel viaggio per Lione, dove Papa Gregorio X lo aveva voluto per il Concilio, morì presso l’abbazia di Fossanova. Aveva solo 49 anni.

San Tommaso letto da Chesterton: la riconciliazione fede-ragione

A lui il celebre scrittore inglese G. K. Chesterton, con la sua acutezza, ha dedicato un noto saggio.  Tommaso – scrive Chesterton – “ha riconciliato la religione con la ragione, estendendola al campo della scienza sperimentale, che ha affermato che i sensi sono le finestre dell’anima e che l’intelletto aveva il diritto di alimentarsi di fatti concreti”. Per Chesterton, sia San Tommaso sia San Francesco sono stati iniziatori di un grande rinnovamento del cristianesimo dall’interno e centrale per loro è stata l’Incarnazione: “Diventarono più ortodossi nel momento in cui diventarono più razionalisti o più vicini alla natura”.

fonte © Vatican News – Dicasterium pro Communicatione


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