Nessuno mi chiama! Solo nella relazione diventiamo qualcuno
Commento al Vangelo del 13 ottobre 2024
Ventottesima domenica del T.O. anno B
Dio non sta a badare a quel che può avere,
ma a ciò che desidera:
ad essere giudicata è la volontà
che è invisibilmente sotto lo sguardo scrutatore
di colui che è invisibile.Sant’Agostino, Discorso 301/A, 4
Carichi e zavorre
Ci trasciniamo dietro molti carichi, come un cammello, costretto a trasportare anche i pesi che gli altri gli hanno messo addosso. Portiamo il peso delle attese che gli altri hanno su di noi e quelle che noi stessi alimentiamo, portiamo il peso dei doveri e degli standard che abbiamo imposto a noi stessi, senza che nessuno ce l’abbia mai chiesto veramente, portiamo il peso delle delusioni per le cose passate e le ansie per un futuro che non c’è ancora. Quanti pesi inutili!
Decidersi
E intanto la vita passa. Solo quando mi metto a contare i miei giorni (cf Sal 90,12), mi rendo conto che forse sarebbe il caso di prendere in mano questa mia vita e decidere cosa ne voglio fare. Oggi è il tempo di decidermi, di tagliare, recidere quel carico di pesi che mi sto portando appresso. Se non taglio con le zavorre e le apparenti ricchezze o sicurezze, che nel tempo ho raccolto come un accumulatore seriale, non potrò mai intraprendere spedito e leggero il cammino della mia vita. Decidersi vuol dire fondamentalmente scegliere chi voglio essere, significa diventare l’autore della propria vita, senza pseudonimi.
Pronomi indefiniti
Non a caso il protagonista del testo del Vangelo di Marco non ha un nome, viene indicato semplicemente con un pronome indefinito: è un tale. Come dirà lui stesso a Gesù, ha vissuto di traguardi: ha fatto tutto quello che si doveva fare, ha ascoltato le richieste degli altri, ha portato a termine i compiti che gli erano stati assegnati. Sono certamente tutte cose buone, ma scopre drammaticamente che tutto questo non lo ha reso felice.
L’idolo del dovere
L’unico linguaggio che ha imparato nella sua vita è quello del merito e del dovere: per lui la vita eterna è un diritto, un’eredità, qualcosa che mi spetta o che posso conquistare. Si rivolge a Gesù chiamandolo maestro: Gesù è l’ennesimo consigliere che dovrebbe assegnargli un nuovo compito da portare a termine. Gesù infatti lo invita a riflettere sul perché lo chiami buono se buono è solo Dio: il problema è che per quest’uomo il dovere ha preso il posto di Dio. Non riesce a capire che quello che salva è la relazione, non il merito.
Amati a prescindere
Davanti a tutta questa ostentazione dell’esteriorità e a questa esaltazione del fare e del dovere, Gesù semplicemente lo guarda dentro (emblepsas), quindi esattamente nella direzione opposta a quella indicata da quest’uomo. E dentro quest’uomo, Gesù vede probabilmente tanta fragilità, ma anche tanta bellezza, di cui forse lui stesso non si è accorto. Gesù lo ama a prescindere, lo ama prima che quest’uomo abbia accettato o meno la proposta di Gesù. Questa successione degli eventi è fondamentale: Gesù mi ama perché vede quello che c’è dentro di me, vede la verità di me stesso. L’amore che Gesù ha per me non è il premio per quello che ho fatto. Quello che sarò stato capace di vivere è al più un’espressione di questo amore che mi lega a lui.
Mancanti d’amore
Dentro quest’uomo, Gesù vede quello che realmente gli manca: quest’uomo desidera essere amato. E allora Gesù gli propone di cambiare modo di pensare: non si tratta di comprare una nuova ricetta, ma di vendere anche quelle che finora mi hanno distrutto la vita, non si tratta di avere un nuovo traguardo da raggiungere, ma di dare via anche quelli che finora mi hanno fatto vivere nell’ansia e nella frustrazione, non si tratta di pensare a cosa devo fare io, ma di seguire un altro, cioè di costruire una relazione, uscendo dal ripiegamento sul mio io.
Una vita triste
Non è facile. E infatti quest’uomo preferisce non decidere, preferisce tornare nell’anonimato, rimane un tale. Perché solo in una relazione facciamo l’esperienza di essere chiamati per nome, di essere riconosciuti. Fino a quando resteremo da soli, non sentiremo mai pronunciare il nostro nome! Se ne va triste, perché una vita anonima, in cui non si decide mai, è una vita triste.
Trascinarsi
Anche i discepoli però sono sconcertati per quello che Gesù sta proponendo come via verso la felicità. È come se le parole di Gesù avessero improvvisamente fatto luce nella loro vita. Anche loro, che hanno seguito Gesù fino a quel momento, si rendono conto che in realtà non hanno mai lasciato le loro ricchezze. È proprio così: possiamo anche aver seguito il Signore, ma non aver tagliato con i nostri pesi. E infatti la sequela diventa faticosa. A un certo punto ti rendi conto che così non puoi andare avanti.
Lasciare
Per questo Gesù propone anche ai discepoli di lasciare, perché questa è l’unica via che ci fa rendere conto di quanto solo Dio possa essere il fondamento della nostra vita. Solo se tagliamo le nostre inutili zavorre, possiamo prendere il volo. Solo liberandoci dalle ansie di prestazione, possiamo cominciare fin d’ora a essere felici!
Leggersi dentro
- Quali sono i pesi che fai più fatica a lasciare per poter seguire Gesù?
- Cosa senti se ti lasci guardare dentro da Gesù?
Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ
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