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Lege et audi orationem cantici Magnificat.

Italian

Magnificat anima mea Dominum
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

quia servi sui humilitatem respexit.
Ex hoc nunc beatam me dicent omnes generationes.

Quia fecit mihi omnipotens
et Santo nomen eius;

in generationem et generationem misericordia eius
Dedit autem eos qui timent eum.

Virtutem brachii sui explanavit;
dispersit superbos mentes cordis sui;

de sede potentes destruxit,
exaltavit humiles;

esurientes implevit bonis;
divites dimisit inanes.

Suscepit Israel puerum suum.
recordatus misericordiae suae;

sicut patribus nostris pollicitus est
Abraham et semini eius in saecula.

Gloria al Padre e al Figlio
et spiritui sancto.

sicut erat in principio et nunc et semper
aeternus et umquam.

Amen.

Latinus

Magnificat 
Anima mea Dominum,
et exsultávit spíritus meus


in Deo salvatore meo.
quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ.


Ecce enim ex hoc beátam me dicent
omnes generationes


quia fecit mihi magna, qui potens est;
et sanctum nomen eius;


et misericórdia eius in progénies et progénies
timentibus eum.

Fecit potentiam in suo ramo;
dispersit superbos mente cordis sui;


depósuit poténtes de sede
et exaltavit humiles;


esurientes implevit bonis
et dívites dimísit inánes.

Suscépit Israel puerum suum;
recordátus misericórdiæ;


sicut locus est ad patres nostros,
Abraham et sémini eius in sæcula.

Glória Patri, et Fílio .
et Spiritu Sancto.


Sicut erat in principio, et nunc et semper,
et in scula sæculórum.

Amen.

magnificat
Maria visitat Elisabeth

Commentarius in Magnificat

In questa meditazione saliamo con Maria “verso la montagna” ed entriamo nella casa di Elisabetta.

La Madre di Dio ci parlerà in prima persona con il suo cantico di lode che è il Magnificat.

Oggi tutta la Chiesa si stringe intorno al successore di Pietro che celebra il suo 50° di sacerdozio e il cantico della Vergine è la preghiera che più spontaneamente sale dal cuore in circostanze come questa. Una meditazione su di esso è un nostro piccolo modo di partecipare anche in questo momento a tale ricorrenza.
Per comprendere il posto e lo scopo che il cantico della Vergine ha nel vangelo di Luca, è necessario premettere qualche cenno sui cantici evangelici in genere.

Hymni in Evangeliis infantiae dispersi - Benedictus, Magnificat, Nunc dimittis - munus habent poetice explicantes spiritualem rerum gestarum significationem - Annuntiationis, Visitationis, Nativitatis -, confessionem fidei et laudis eis praebentes.


Quales, sunt pars integralis narrationis historicae.

Non sunt interludia nec distrahenda loca, quia omnis eventus historicus ex duobus consistit: facti et rei significatio.

I cantici inseriscono già la liturgia nella storia. “La liturgia cristiana – è stato scritto – ha i suoi inizi negli inni della storia dell’infanzia”.

In his canticis embryonem liturgiae Nativitatis habemus, aliis verbis.

Percipiunt elementum essentiale liturgiae quod sit festiva et credenda celebratio eventus salutis.
Molti problemi rimangono insoluti circa questi cantici, secondo gli studiosi: gli autori reali, le fonti, la struttura interna…

Noi possiamo prescindere, fortunatamente, da tutti questi problemi critici e lasciare che essi continuino a essere studiati con frutto da quelli che si occupano di questo genere di problemi.

Non dobbiamo attendere che siano risolti tutti questi punti oscuri, per poterci già edificare con questi cantici.

Non perché tali problemi non siano importanti, ma perché esiste una certezza che relativizza tutte quelle incertezze: Luca ha accolto questi cantici nel suo vangelo e la Chiesa ha accolto il Vangelo di Luca nel suo canone.
Questi cantici sono “parola di Dio”, ispirata dallo Spirito Santo.

Magnificat Mariae causa est, quia Spiritus Sanctus eam « attribuit » sibi et hoc magis eam « suam » reddit quam si manu propria eam scripsisset!

Infatti a noi non interessa tanto sapere se il Magnificat l’ha composto Maria, quanto sapere se l’ha composto per ispirazione dello Spirito Santo.

Etiamsi essemus certissimum quod immediate a Maria compositum esset, non hoc nobis interesset, sed quia in ea loquitur Spiritus Sanctus.


Il cantico di Maria contiene uno sguardo nuovo su Dio e sul mondo; nella prima parte, che abbraccia i versetti 46-50, lo sguardo di Maria si porta su Dio; nella seconda parte, che abbraccia i restanti versetti, il suo sguardo si porta sul mondo e la storia.


Novum aspectum Dei


Il primo movimento del Magnificat è verso Dio; Dio ha il primato assoluto su tutto.

Maria non si attarda a rispondere al saluto di Elisabetta; non entra in dialogo con gli uomini, ma con Dio. Ella raccoglie la sua anima e la inabissa nell’infinito che è Dio.

Nel Magnificat è stata “fissata” per sempre un’esperienza di Dio senza precedenti e senza paragoni nella storia. È l’esempio più sublime del linguaggio cosiddetto numinoso.

È stato osservato che l’affacciarsi della realtà divina all’orizzonte di una creatura produce, di solito, due sentimenti contrapposti: uno di timore e uno di amore. Dio si presenta come “il mistero tremendo e affascinante”, tremendo per la sua maestà, affascinante per la sua bontà.

Quando la luce di Dio, per la prima volta, brillò nell’anima di Agostino, egli confessa che “tremò di amore e di terrore” e che anche in seguito il contatto con Dio lo faceva “rabbrividire e ardere” insieme.
Simile quiddam in cantico Mariae invenimus biblico modo per titulos expressum.

Dio è visto come “Adonai” (che dice molto di più del nostro “Signore” con cui viene tradotto), come “Dio”, come “Potente” e soprattutto come Qadosh, “Santo”: Santo è il suo nome!

Nello stesso tempo, però, questo Dio santo e potente, è visto, con infinita fiducia, come “mio Salvatore”, come realtà benevola, amabile, come “proprio” Dio, come un Dio per la creatura.

Ma è soprattutto l’insistenza di Maria sulla misericordia che mette in luce questo aspetto benevolo e “affascinante” della realtà divina.

“La sua misericordia si stende di generazione in generazione”: queste parole suggeriscono l’idea di un fiume maestoso che sgorga dal cuore di Dio e attraversa tutta la storia umana.

Iam hoc flumen ad "cincinnum" pervenit et ad altiorem gradum sileo.

« Recordatus est misericordiae suae »: Abrahae promissio et Patribus facta est.
La conoscenza di Dio provoca, per reazione e contrasto, una nuova percezione o conoscenza di sé e del proprio essere, che è quella vera.

L’io non si coglie che di fronte a Dio, “coram Deo. In presenza di Dio, la creatura, dunque, conosce finalmente se stessa nella verità.

E così vediamo che avviene anche nel Magnificat.

Maria si sente “guardata” da Dio, entra ella stessa in quello sguardo, si vede come la vede Dio.

Et quomodo se in hac luce divina videt? Sicut "parvus" ("humilitas" hic significat realem parvitatem ac turpitudinem, non virtutem humilitatis!) et ut "servum".

Si percepisce come un piccolo nulla che Dio si è degnato di guardare. Maria non attribuisce l’elezione divina alla sua virtù dell’umiltà, ma al favore divino, alla grazia.

Aliter sentire (ut quidam praeclari auctores fecerunt) est statim humilitatem Mariae destruere. Humilitas valde specialem statum habet: est enim qui non credunt habere; qui putant se habere non habent.
Da questo riconoscimento di Dio, di sé e della verità, si sprigiona la gioia e l’esultanza: “Il mio spirito esulta…”.

Gioia prorompente della verità, gioia per l’agire divino, gioia della lode pura e gratuita.

Maria magnifica Dio per se stesso, anche se lo magnifica per ciò che ha fatto in lei, cioè a partire dalla propria esperienza, come fanno tutti i grandi oranti della Bibbia. Il giubilo di Maria è il giubilo escatologico per l’agire definitivo di Dio ed è il giubilo creaturale di sentirsi creatura amata dal Creatore, al servizio del Santo, dell’amore, della bellezza, dell’eternità.

È la pienezza della gioia.

San Bonaventura, che aveva esperienza diretta degli effetti trasformanti della visita di Dio all’anima, parla della venuta dello Spirito Santo in Maria, al momento dell’Annunciazione, come di un fuoco che la infiamma tutta.
Sopravvenne in lei – scrive – lo Spirito Santo come fuoco divino che infiammò la sua mente e santificò la sua carne conferendole una perfettissima purità […].

Oh, se tu fossi capace di sentire, in qualche misura, quale e quanto grande fu l’incendio disceso dal cielo, quale refrigerio recato […].

Si iubilantem Virginis canticum audire posses!
Anche l’esegesi scientifica più esigente e rigorosa si rende conto che qui ci troviamo davanti a parole che non si possono capire con i normali mezzi di analisi filologica e confessa: “Chi legge queste righe è chiamato a condividere il giubilo; solo la comunità concelebrante dei credenti in Cristo e dei suoi fedeli è all’altezza di questi testi” .

Loquitur « in Spiritu » quod non nisi in Spiritu intellegi potest.


Novus vultus in mundo


Magnificat duabus partibus constat.

Quello che cambia, nel passaggio dalla prima alla seconda parte, non è né il mezzo espressivo né il tono; da questo punto di vista, il cantico è un flusso continuo che non presenta cesure; continua la serie dei verbi al passato che narrano ciò che Dio ha fatto, o meglio ha “cominciato a fare”.

Quello che cambia è solo l’ambito dell’agire di Dio: dalle cose che ha fatto “in lei”, si passa a osservare le cose che ha fatto nel mondo e nella storia.

Si considerano gli effetti del definitivo manifestarsi di Dio, i suoi riflessi sull’umanità e sulla storia.

Qui osserviamo una seconda caratteristica della sapienza evangelica che consiste nell’unire all’ebbrezza del contatto con Dio la sobrietà nel guardare il mondo, nel conciliare tra loro il più grande trasporto e abbandono nei confronti di Dio al più grande realismo critico nei confronti della storia e degli uomini.


Con una serie di potenti verbi all’aoristo, Maria descrive, a partire dal versetto 51, un rovesciamento e un radicale mutamento delle parti tra gli uomini: “Ha rovesciato – ha innalzato; ha ricolmato – ha rimandato a mani vuote”.

Una svolta improvvisa e irreversibile, perché opera di Dio che non cambia e non torna indietro, come invece fanno gli uomini nelle loro cose.

In hac mutatione duo genera hominum emergunt: una ex parte praedicamentum superborum potentum et divitum, ex altera genus humilium esurientium.
È importante che noi comprendiamo in che consiste un tale rovesciamento e dove si produce, perché diversamente c’è il rischio di fraintendere tutto il cantico e con esso le beatitudini evangeliche che sono qui anticipate quasi con le stesse parole.

Guardiamo alla storia: che cosa è accaduto, di fatto, quando ha preso a realizzarsi l’avvenimento cantato da Maria? C’è forse stata una rivoluzione sociale ed esterna, per cui i ricchi sono, di colpo, impoveriti e gli affamati sono stati saziati di cibo? C’è stata forse una più giusta distribuzione dei beni tra le classi? No.

Forse che i potenti sono stati rovesciati materialmente dai troni e gli umili innalzati? No;

Herodes « Magnus » vocari pergebat et Maria et Ioseph in Aegyptum confugerant propter se.
Se dunque quello che ci si aspettava era un cambiamento sociale e visibile, c’è stata una smentita totale da parte della storia.

Ita ubi illa conversio fit? (Quod factum est!).

È accaduto nella fede! Si è manifestato il regno di Dio e questa cosa ha provocato una silenziosa, ma radicale rivoluzione.

Come se si fosse scoperto un bene che, di colpo, ha svalutato la moneta corrente.

Dives homo similis est qui magnam pecuniam servavit, sed in nocte facta est centum cento deminutio, et mane surrexit miser pauper.

I poveri e gli affamati, al contrario, sono avvantaggiati, perché sono più pronti ad accogliere la nuova realtà, non temono il cambiamento; hanno il cuore pronto.

Il rovesciamento cantato da Maria è dello stesso tipo – dicevo – di quello proclamato da Gesù con le beatitudini e con la parabola del ricco epulone.
Maria parla di ricchezza e povertà a partire da Dio; ancora una volta, parla “coram Deo”, prende come misura Dio, non l’uomo. Stabilisce il criterio “definitivo”, escatologico.

Dire dunque che si tratta di un rovesciamento avvenuto “nella fede”, non significa dire che esso è meno reale e radicale, meno serio, ma che lo è infinitamente di più.

Non est ista extractio facta ab unda super arenam maris, quam delet sequens unda.

Agitur de divitiis eternis et de eadem paupertate.


Magnificat in ore Ecclesiae


Sant’Ireneo, commentando l’Annunciazione, dice che “Maria, piena di esultanza, gridò profeticamente in nome della Chiesa: “L’anima mia magnifica il Signore” .

Maria è come la voce solista che intona per prima un’aria che deve essere poi ripetuta dal coro. È questa una pacifica convinzione della Tradizione. Anche Origene la fa sua: “È per costoro (cioè per quelli che credono) che Maria magnifica il Signore”15.

Loquitur etiam de "prophetia Mariae" quod attinet ad Magnificat16.

Questo vuol dire l’espressione “Maria figura della Chiesa” (typus Ecclesiae), usata dai Padri e accolta dal concilio Vaticano II (cf LG 63).

Dire che Maria è “figura della Chiesa” significa dire che ne è la personificazione, la rappresentazione in forma sensibile di una realtà spirituale; significa dire che è modello della Chiesa.

Ella è figura della Chiesa anche nel senso che nella sua persona si realizza, fin dall’inizio e in maniera perfetta, l’idea di Chiesa; che ella ne costituisce, sotto il capo che è Cristo, il membro principale, e la primizia.
Ma cosa vuol dire qui “Chiesa” e al posto di quale Chiesa Ireneo dice che Maria intona il Magnificat? Non al posto della Chiesa nominale, ma della Chiesa reale, cioè non della Chiesa in astratto, ma della Chiesa concreta, delle persone e delle anime che compongono la Chiesa.

Magnificat non solum recitanda, sed vivenda, ut nostra fiat ab unoquoque nostrum; canticum « nostrum » est. Cum dicitur, Magnificat anima mea Dominum, hoc accipiendum est in recto sensu, non relatum.
Sia in ciascuno – scrive sant’Ambrogio – l’anima di Maria per magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio […].

Se infatti secondo la carne una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo; ognuna infatti accoglie in sé il Verbo di Dio .
Alla luce di questi princìpi, proviamo ora ad applicare a noi – alla Chiesa e all’anima – il cantico di Maria, e vedere cosa dobbiamo fare per “somigliare” a Maria non solo nelle parole, ma anche nei fatti.

magnificat
Magnificat 4

Evangelica conversio schola


Là dove Maria proclama il rovesciamento dei potenti e dei superbi, il Magnificat ricorda alla Chiesa qual è l’annuncio essenziale che deve proclamare al mondo. Le insegna a essere anch’essa “profetica”.

La Chiesa vive e attua il cantico della Vergine quando ripete con Maria: “Ha rovesciato i potenti, ha rimandato i ricchi a mani vuote!”, e lo ripete con fede, distinguendo questo annuncio da tutti gli altri pronunciamenti che pure ha diritto di fare, in materia di giustizia, di pace, di ordine sociale, in quanto interprete qualificata della legge naturale e custode del comandamento di Cristo dell’amore fraterno.
Si duo prospectus sunt distincti, tamen non sunt separati et sine reciproco.

Al contrario, l’annuncio di fede di ciò che Dio ha fatto nella storia della salvezza (che è la prospettiva in cui si colloca il Magnificat) diventa la migliore indicazione di ciò che l’uomo deve fare, a sua volta, nella propria storia umana e, anzi, di ciò che la Chiesa stessa ha il compito di fare, in forza della carità che deve avere anche per il ricco, in vista della sua salvezza.

Più che “un incitamento a rovesciare i potenti dai troni per innalzare gli umili”, il Magnificat è un salutare ammonimento rivolto ai ricchi e ai potenti circa il tremendo pericolo che corrono, esattamente come sarà, nelle intenzioni di Gesù, la parabola del ricco epulone.


Quello del Magnificat non è dunque l’unico modo di affrontare il problema, oggi così sentito, di ricchezza e povertà, fame e sazietà; ce ne sono altri anch’essi legittimi che partono dalla storia, e non dalla fede, e ai quali giustamente i cristiani danno il loro appoggio e la Chiesa il suo discernimento.

Haec autem via evangelica est quam Ecclesia semper debet omnibus nuntiare ut suum mandatum specificum et quo communi labore omnium bonae voluntatis sustinere debet.

Esso è universalmente valido e sempre attuale.

Se per ipotesi (ahimè, remota!) ci fossero un tempo e un luogo in cui non ci fossero più ingiustizie e disuguaglianze sociali tra gli uomini, ma tutti fossero ricchi e sazi, non per questo la Chiesa dovrebbe cessare di proclamare lì, con Maria, che Dio rimanda i ricchi a mani vuote.

Anzi, lì dovrebbe proclamarlo con ancora maggiore forza.

Il Magnificat è attuale nei paesi ricchi, non meno che nei paesi del terzo mondo.
Ci sono piani e aspetti della realtà che non si colgono a occhio nudo, ma solo con l’ausilio di una luce speciale: o con i raggi infrarossi, o con i raggi ultravioletti.

L’immagine ottenuta con questa luce speciale è molto diversa e sorprendente per chi è abituato a vedere quello stesso panorama alla luce naturale.

La Chiesa possiede, grazie alla parola di Dio, un’immagine diversa della realtà del mondo, l’unica definitiva, perché ottenuta con la luce di Dio e perché è quella stessa che ha Dio.

Essa non può occultare tale immagine.

Deve anzi diffonderla, senza mai stancarsi, renderla nota agli uomini, perché ne va del loro destino eterno.

È l’immagine che alla fine resterà quando sarà passato “lo schema di questo mondo”.

Renderla nota, a volte, con parole semplici, dirette e profetiche, come quelle di Maria, come si dicono le cose di cui si è intimamente e tranquillamente persuasi.

E questo anche a costo di sembrare ingenua e fuori dal mondo, di fronte all’opinione dominante e allo spirito del tempo.
Exemplum praebet nobis Apocalypsis huius linguae propheticae, directae et fortitudinis, in qua divina veritas opponitur humanae opinioni: « Dicis [et hoc « te » esse una persona potest, sicut tota societas potest esse. Dives sum, dives sum; Nihil opus est!”, sed nescis te esse miserum, miserum, pauperem, caecum et nudum (Ap 3, 17).


In una celebre favola di Andersen, si parla di un re a cui è stato fatto credere, da lestofanti, che esiste una stoffa meravigliosa che ha la prerogativa di essere invisibile agli sciocchi e inetti e visibile solo ai savi.

Videlicet ipse prior non videt, sed timet dicere, ne transeat pro uno stultorum, et omnes ministri ejus et omnis populus.

Rex per plateas nihil supra ostentat, sed omnes, ne se dedant, pulchram vestem admirari simulat, donec parva vox pueri in turba clamantis auditur: "Rex autem nudus est!" incantatio frangens, et tandem omnes audet confiteri illum habitum insignem non esse.


La Chiesa deve essere come la vocina di quel bambino, la quale, a un certo mondo tutto infatuato delle proprie ricchezze e che induce a ritenere pazzo e sciocco chi mostra di non credere in esse, ripete, con le parole dell’Apocalisse: “Tu non sai di essere nudo!”.

Qui si vede come davvero Maria, nel Magnificat, “parla profeticamente per la Chiesa”: ella, per prima, partendo da Dio, ha messo a nudo la grande povertà della ricchezza di questo mondo.

Il Magnificat, da solo, giustifica il titolo di “Stella dell’evangelizzazione” che san Paolo VI ha attribuito a Maria nella sua “Evangelii nuntiandi”.


Magnificat, vocate ad conversionem


Sarebbe fraintendere completamente questa parte del Magnificat che parla dei superbi e degli umili, dei ricchi e degli affamati, se la confinassimo solo nell’ambito delle cose che la Chiesa e il credente devono predicare al mondo.

Qui non si tratta di qualcosa che si deve solo predicare, ma di qualcosa che si deve anzitutto praticare. Maria può proclamare la beatitudine degli umili e dei poveri perché è lei stessa tra gli umili e i poveri.

Il rovesciamento da lei prospettato deve avvenire anzitutto nell’intimo di chi ripete il Magnificat e prega con esso. Dio – dice Maria – ha rovesciato i superbi “nei pensieri del loro cuore”.
Di colpo, il discorso è portato da fuori a dentro, dalle discussioni teologiche, in cui tutti hanno ragione, ai pensieri del cuore, in cui tutti abbiamo torto.

L’uomo che vive “per se stesso”, il cui Dio non è il Signore, ma il proprio “io”, è un uomo che si è costruito un trono e vi siede sopra dettando legge agli altri.

Ora Dio – dice Maria – rovescia questi tali dal loro trono; mette a nudo la loro non-verità e ingiustizia.

Est mundus interior, qui cogitationes, voluntates, cupiditates et passiones constituit, unde - inquit S. Iacobus - bella et iurgia, iniquitates et abusus, qui sunt in medio nostri (cf. Iac 4, 1) et usque ad nullum. incipit sanando hanc radicem, nihil vere mutatur in mundo et si aliquid mutat ad eandem condicionem ac paulo post repetendam.


Come ci raggiunge da vicino il cantico di Maria, come ci scruta a fondo e come mette davvero “la scure alla radice”!

Che stoltezza e incoerenza sarebbe mai la mia, se ogni giorno, ai Vespri, ripetessi, con Maria, che Dio “ha rovesciato i potenti dai troni” e intanto continuassi a bramare il potere, un posto più alto, una promozione umana, un avanzamento di carriera e perdessi la pace se esso tarda ad arrivare; se ogni giorno proclamassi, con Maria, che Dio “ha rimandato i ricchi a mani vuote” e intanto bramassi senza posa di arricchire e di possedere sempre più cose e cose sempre più raffinate; se preferissi essere a mani vuote davanti a Dio, anziché a mani vuote davanti al mondo, vuote dei beni di Dio, piuttosto che vuote dei beni di questo mondo.

Che stoltezza sarebbe la mia se continuassi a ripetere, con Maria, che Dio “guarda verso gli umili”, che si accosta a loro, mentre tiene a distanza i superbi e i ricchi di tutto, e poi fossi di quelli che fanno esattamente il contrario.


Tutti i giorni – ha scritto Lutero commentando il Magnificat – dobbiamo constatare che ognuno si sforza di elevarsi al di sopra di sé, a una posizione d’onore, di potenza, di ricchezza, di dominio, a una vita agiata e a tutto ciò che è grande e superbo.

E ognuno vuole stare con tali persone, corre loro dietro, le serve volentieri, ognuno vuol partecipare alla loro grandezza […].

Nessuno vuole guardare in basso, dove c’è povertà, vituperio, bisogno, afflizione e angoscia, anzi tutti distolgono lo sguardo da una tale condizione.

Omnis homines ita probatos fugit, eos vitat, eos solos relinquit, nemo eos adiuvandos cogitat, adiuvandos eosque ut aliquid efficiendos putat: humiles esse debent et contemni.


Dio – ci ricorda Maria – fa l’opposto di questo: tiene a distanza i superbi e innalza fino a sé gli umili e i piccoli; sta più volentieri con i bisognosi e gli affamati che lo tempestano di suppliche e di richieste, che non con i ricchi e i sazi che non hanno bisogno di lui e non gli chiedono nulla.

Così facendo, Maria ci esorta, con dolcezza materna, a imitare Dio, a far nostra la sua scelta.

Ci insegna le vie di Dio. Il Magnificat è davvero una meravigliosa scuola di sapienza evangelica.

Schola continuae conversionis.
Come tutta la Scrittura, esso è uno specchio (cf Gc 1, 23) e sappiamo che dello specchio si possono fare due usi molto diversi.

Lo si può usare rivolto verso l’esterno, verso gli altri, come specchio ustorio, proiettando la luce del sole verso un punto lontano fino a incendiarlo, come fece Archimede con le navi romane, oppure lo si può usare tenendolo rivolto verso di sé, per vedere in esso il proprio volto e correggerne i difetti e le brutture.

S. Iacobus nos hortatur ut hoc secundo modo potissimum utamur, ut nos "in focus" prae aliis poneremus.
“La Scrittura – diceva san Gregorio Magno – cresce a forza di essere letta” . Lo stesso avviene del Magnificat, le sue parole sono arricchite, non consunte, dall’uso.

Prima di noi schiere di santi o di semplici credenti hanno pregato con queste parole, ne hanno assaporato la verità, messo in pratica il contenuto.

Ad communionem Sanctorum in corpore mystico, omne hoc immensum patrimonium nunc ad Magnificat adhaeret. Orare bonum est sic, in choro, cum omnibus orantibus Ecclesiae populo.

Dio lo ascolta così.
Per entrare in questo coro che attraversa i secoli, basta che noi intendiamo ripresentare a Dio i sentimenti e il trasporto di Maria che per prima lo intonò “in nome della Chiesa”, dei dottori che lo commentarono, degli artisti che lo musicarono con fede, dei pii e degli umili di cuore che lo vissero.

Hoc cantico mirifico Maria pergit Dominum in generationibus omnibus magnificare; vox eius, sicut coryphaea, sustinet et portat Ecclesiae.
Orans in Psalterio omnes ad se invitat dicens: "Magnificate Dominum mecum" (Ps 34, 4).

Maria ripete ai suoi figli le stesse parole. Se posso osare interpretare il suo pensiero, il Santo Padre, nel giorno del suo Giubileo sacerdotale, rivolge a tutti noi lo stesso invito: “Magnificate il Signore con me”.

Et nos Sanctitas Tua nos facturos promittimus.

Sermones ad Papalem Familiam di Padre Raniero Cantalamessa


Audi

Eugenio Ruberto
Eugenio Ruberto
Magnificat
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