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commento di Lc 6,1-5, a cura di Diego Mattei SJ

Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.

Franz Kafka

Mi preparo

Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore

Entro nel testo (Lc 6,1-5)

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Mi lascio ispirare

Il gesto compiuto dai discepoli appare scandaloso agli occhi dei farisei, cogliere e mangiare delle spighe. Come è possibile? Si tratta in fondo solo di sfregare del frumento, per mangiarne i chicchi. In realtà, quell’azione fugace e succinta simbolicamente contraddice il grande comando di non lavorare nel giorno di sabato. E il sabato è sacro, è il giorno del riposo, per fare memoria della creazione e della liberazione dalla schiavitù in Egitto. Il precetto contenuto nella tavola delle Dieci parole esprime l’esigenza profondamente umana di ritagliare un tempo unico, nello scorrere dei giorni, al quale attingere senso e appartenenza.

Questo desiderio, intimo e serio, al tempo di Gesù, e a ogni generazione, corre il rischio di sbriciolarsi e rinsecchirsi in un sistema di regole minuziose e soffocanti che coprono, anziché rivelare, l’intuizione iniziale.
La rete di prescrizioni che è sorta come nobile recinto per proteggere il tempo della gratitudine e della lode, un’oasi nel cammino della vita, si è trasformata nelle sbarre di una prigione, nell’appello di un giudizio inesorabile. Su questo punto Gesù in tante occasioni mostra un atteggiamento diverso, che appare provocatorio, sino ad arrivare all’affermazione più indecente, “il Figlio dell’uomo è Signore del Sabato”.

Egli si presenta, in modo obliquo, come più grande del Sabato. Ben altre ragioni di memoria e di gratitudine si stanno preparando: le sue parole, i suoi insegnamenti, i gesti, i segni, la sua persona. E il richiamo all’episodio di Davide e dei suoi compagni in un momento di difficoltà attesta e indica che si tratta di ciò che è capitale e decisivo, come lo è la fame.

Quel che può apparire ai nostri occhi come una questione rituale antica, è in realtà un richiamo attualissimo. Come viviamo il tempo domenicale? Oltre al riposo fisico, c’è anche occasione di festa, memoria, ringraziamento? Oggi il “sabato” della domenica è il tempo nel tempo che ci è dato, per contemplare la persona che ha parole di vita, una vita qualitativamente differente da quella che la quotidianità, bella, brutta, efficiente, annoiata, distratta, serena o affannata che sia, può offrirci. Con il Signore si può abitare il tempo con il gusto dell’eternità, perché Lui è Signore del sabato.

Diego Mattei SJ

Immagino

Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.

Rifletto sulle domande

Come vivi la domenica?

Oltre che nel riposo fisico, dove trovi l’occasione di far festa, memoria, ringraziamento?

Quale “fame” soddisfi il giorno della domenica?

Ringrazio

Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi…
Recito un “Padre nostro” per congedarmi e uscire dalla preghiera.

(fonte © GET UP AND WALK)


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