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Il paese dei balocchi: magari!

Magari!

Io la definisco sempre così l’Italia: il paese dei balocchi.

Tutti vanno di fretta, disoccupazione alle stelle; tutti piangono miseria, ma poi vedi ristoranti pieni e file di ragazzi a comprare l’ultimo smartphone di grido da 1000 euro; tutti a lamentarsi continuamente del governo, poi alle votazioni scelgono sempre la propria panza!

Vi racconto l’avventura di questa mattina, che condividerò con il mondo intero, con tutti i social possibili immaginabili, russi, afgani e cinesi, così lo sputtanamento sarà globale e ci saranno meno fannulloni alle scrivanie.

Per chi non l’avesse ancora letto e/o capito, mio figlio Eugenio, 13 anni compiuti il 29 agosto 2019, dal 13 settembre 2019 sta combattendo contro il cancro.

Grazie a uomini e donne dalle menti eccelse e dallo sprezzo per la fatica, qualche battaglia l’abbiamo già vinta, ma la guerra ancora non lo è.

Ecco lo screenshot dello smartphone di mia moglie Giuseppina, dove l’INPS (il mittente dell’SMS è inequivocabile) attesta l’appuntamento.

L’inizio

Tutto inizia quando, agli inizi di ottobre, dei cari amici, che stanno affrontando un percorso analogo al nostro, ci suggeriscono di fare la domanda per il riconoscimento dell’invalidità civile ad Eugenio. Ciò ci permetterebbe delle agevolazioni sanitarie e anche una ricompensa economica mensile che ci aiuterebbe ad affrontare più serenamente spostamenti e vita quotidiana.

Avviamo la pratica, grazie alla pronta disponibilità del nostro medico di base, e al supporto di un ufficio di patronato/CAF ove la titolare prende molto a cuore la nostra vicenda. Veniamo convocati a visita per uno dei giorni in cui siamo a Roma per la radioterapia. Provvediamo quindi a giustificare l’assenza a tale appuntamento con i certificati emessi sia dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù che dal policlinico Gemelli e l’INPS, recepita la nostra indisponibilità per impegni più importanti e gravosi quali la radioterapia in atto, riceviamo questa nuova convocazione, via SMS. Dalla ricezione del SMS capiamo che la tecnologia e l’innovazione ha pervaso anche la pubblica amministrazione e anche la burocrazia.

La signora del CAF ci consiglia di evitare di chiedere la visita domiciliare. “Si allungherebbero ancora di più i tempi di attesa“.

Questo è da capire, visto che chi richiede la pensione o l’invalidità civile certo non è un politico seduto comodamente alla poltrona, oppure un agile ginnasta in piena attività che volendo racimolare qualche altro soldino organizza una gita turistica all’INPS.

Dovrebbe essere più razionale che i medici stipendiati dal popolo, vadano da esso per verificare la propria invalidità o condizione di salute precaria. E, verificata la giusta causa, procedere immediatamente all’aiuto economico spettato. Questo dovrebbe essere normale per un Paese civile ed evoluto, utopia in Italia.

Bene, arriviamo quindi a questa mattina… Sveglia alle 7.00 per tutti, colazione, pulizie,

Per Eugenio è già il primo trauma!

Partenza alle 8.17 da casa, viaggio tranquillo, con Spotify che ci rilassa con una playlist di pianoforte. Alle 9.05 siamo alla sede dell’INPS di Caserta dove, grazie ad un cartello ben evidente, raggiungiamo subito il parcheggio. Lì un uomo dall’aspetto burbero, ma dai modi gentili ed educati, ci informa che questa mattina la sede dell’INPS è chiusa per festa patronale. Quattro persone con aria sbigottita dall’auto rivolgono all’uomo uno sguardo perplesso. Lui conferma: “tutti a spasso, a fare shopping, a fare bagordi, a mangiare nucelle e nucelline. E chest’è!

Penso tra me e me medesimo (cit. Totò): “viva l’Italia, paese dei balocchi!”

Se Totò fosse vivo io lo voterei per la presidenza della Repubblica, premier, gli darei tutti i ministeri e anche la Telecom. No, l’INPS no, gli farei questa grazia!

Eugenio piange: nella sua fragilità di parte lesa, si sente quasi colpevole dell’accaduto, come se la disorganizzazione, il malcostume, la negligenza, l’egoismo, fossero tutti colpa sua o del cancro che miete giovani vittime.

Solo poche parole per esprimermi la sua rabbia, il suo dolore:” papà, mi dispiace”

Solo l’amore, smisurato, verso mio figlio, i miei figli, mi trattengono da un urlo disumano.

Nel frattempo Giuseppina cerca in lungo e in largo un possibile soluzione, un varco, una speranza di trovare un lavoratore indefesso.

No: i fessi siamo noi!

Ingrano la marcia e torniamo a casa, dribblando come sono abile a fare, la butto sullo sullo scherzo, sulla battuta simpatica, sulla musica, parlo di tutto tranne l’appena vissuto spiacevole episodio.

Alle 10 circa siamo di ritorno a casa.

E ritorniamo al lavoro, allo studio, alle faccende domestiche: in attività insomma.

Eh si: perché il cittadino, l’operaio, la casalinga, il malato (quello vero) deve essere pronto negli appuntamenti, anche quelli dati a casaccio, deve andarci con le sue gambe (anche se le gambe sono malate o tumefatte) veloce nei pagamenti (altrimenti quella bella mora è sempre dietro l’angolo); poi c’è il nuovo spauracchio del CRIF, poi ti contano i risparmi in banca… ci manca solo che ti contano i peli in…

Dall’altra parte però c’è…. mhhh non mi viene niente in mente! Ah si: il vuoto!

E adesso??? Aspettiamo. Aspettiamo che la cara signora del CAF ci faccia sapere come si evolverà questa ulteriore inefficienza del “sistema Italia”, a quanto ancora Eugenio dovrà aspettare per vedere riconosciuti i suoi diritti di ammalato.

Scommettiamo qualcosa che arriveremo al fatidico appuntamento del 1 febbraio con il Bambino Gesù (lì si che lo sanno bene cosa ha Eugenio, lì si che combattono davvero per la sua vita) e ancora non sapremo se un qualsiasi dottore avrà visitato (?) Eugenio e capito che sta lottando contro il cancro? Ma in questi casi non basterebbe la cartella clinica? No, deve visitarlo (magari gli proverà la pressione…), deve guardarlo in faccia (vedrà le ferite…) perchè così si certifica la malattia!

Vabbè, lassamo perde!


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